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Auto elettrica plug-in, il doppio autogol ambientale dell’Italia

Foto di Goran Horvat da Pixabay

L’Italia raddoppia l’autogol ambientale dell’Europa sulle auto elettriche plug-in. Saranno tassate come redditi da lavoro dipendente le ricariche fatte in casa o alle colonnine pubbliche da chi usufruisce delle auto elettriche e ibride “plug-in” aziendali. Risultato: le auto “miste” con motore sia termico che elettrico, che l’Europa vorrebbe esonerare dallo stop totale ai motori termici al 2035, rischiano di raddoppiare il loro possibile effetto negativo sull’ambiente. Vediamo perché.

L’Europa, come già rivelato da FIRSTonline, aveva già messo in campo una ricetta del tutto contraddittoria con gli impegni ambientali: la possibilità del lavoratore dipendente affidatario di un’automobile plug-in di farsi rimborsare a piè di lista sia il carburante che le ricariche costituisce comunque un incentivo a non effettuare i rifornimenti di elettroni alla spina, che garantiscono un contenimento dei consumi complessivi e delle relative emissioni, ma implicano qualche indubbia scomodità per la ricarica.

La conseguenza? Le ibride plug-in, se non sono ricaricate regolarmente, possono consumare e dunque inquinare di più delle corrispondenti auto con il solo motore termico. L’Europa, evidentemente non ne sta tenendo conto, anche se Bruxelles deve ancora prendere una decisione definitiva. In Italia si rischia intanto di aggravare l’effetto boomerang.

L’Agenzia delle Entrate, interpellata sul nuovo regime fiscale delle diverse tipologie di auto affidate ai lavoratori dipendenti, ha infatti incrociato le normative sulla materia e ha deliberato una disciplina che però avrà conseguenze decisamente indesiderate.

In bilico tra incentivi e penali

Le imprese saranno fortemente incentivate, per massimizzare il rapporto tra i loro costi e i benefici a vantaggio dei dipendenti, a convertire il loro parco auto all’elettrico, che ora prevede un imponibile al 10% del costo chilometrico parametrato a un forfait di 15mila chilometri l’anno per le auto totalmente elettriche mentre per gli ibridi plug-in la percentuale sale al 20%, comunque una frazione rispetto al 50% prevista per i veicoli a benzina e diesel.

Auto elettrica? L’unico modo per farla funzionare e quella di ricaricare. Pagandoci dunque le tasse sul reddito previste, mugugni a parte. Auto ibrida plug-in? I lavoratori dipendenti sceglieranno di corsa questa soluzione. Che permetterà, se la disciplina che si sta costruendo verrà confermata, di giocare davvero sporco. Via con i rifornimenti di benzina o gasolio, che continueranno ad essere rimborsati integralmente dall’azienda quando (come in un gran numero di casi succede) anche il costo del carburante è compreso nel benefit. Ma, come è largamente prevedibile, niente ricariche che qui in Italia sono comunque le più care del Continente (con un aggravio anche sulla parte tassata a carico del dipendente affidatario) ma che consentono comunque alla nostra moderna automobile plug-in di massimizzare il passaggio di staffetta tra il motore termico e il motore elettrico garantendo quei veri benefici sui costi, sui consumi e quindi sull’inquinamento.

Cercasi regole per il nuovo scenario

Un gioco con cui l’automobilista aziendale si salva dagli aggravi a suo carico. L’azienda intanto ci perde, perché alla fine dovrà sostenere i maggiori costi del carburante di un’auto che non sarà usata per garantire le sue virtù di risparmio. Ed ecco intanto il doppio clamoroso autogol per la credibilità ambientale del nostro paese.

Colpa dell’Agenzia delle Entrate? Più di un fiscalista osserva che l’energia elettrica dovrebbe essere trattata come il carburante, già compreso nel calcolo del forfait per la tassazione. Dunque il rimborso del relativo costo non dovrebbe contribuire a formare reddito per i dipendenti. Va detto che l’Agenzia non fa altro che interpretare e applicare le norme generate da Governo e Parlamento. Che confermano ancora una volta “un’evidente inconsapevolezza del legislatore verso un mondo sconosciuto” fa osservare il direttore dell’autorevole rivista di settore Quattroruote, Gian Luca Pellegrini. Urge una correzione di rotta.

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