Cina, Volkswagen. Poi le materie prime. Infine, a completare il quadro, il crollo del settore salute, baluardo difensivo per eccellenza. E’ impressionante la catena di disgrazie che affligge i mercati alla vigilia della chiusura del terzo trimestre. E la pioggia di vendite si fa sempre più fitta, come conferma la seduta asiatica.
Stamane Tokyo perde oltre il 3%, cancellando tutti i guadagni del 2015. Altrettanto pesante la perdita di Hong Kong (-3,3%) e di Sidney. Contiene le perdite Shanghai. Da inizio anno la perdita dell’indice Asia Composite è del 16,3%, il dato peggiore dal 2008. Il forte ribasso anche il petrolio: -2,8% il Brent poco sopra i 47 dollari al barile, -2,5% il Wti.
Il tracollo delle piazze orientali segue a ruota una delle peggiori sedute di Wall Street: l’indice Dow Jones arretra dell’1,9%, l’S&P 500 del 2,6%. Peggio di tutti fa il Nasdaq (-3%). Il presidente della Fed di New York, William Dudley, ha confermato ieri che i tassi saliranno nel 2015, forse in occasione del meeting della banca entrale del 27-28 ottobre prossimo”se l’economia continua a migliorare ai ritmi attuali”.
Ma, a differenza di venerdì, il messaggio non ha rincuorato i mercati. La sensazione è che anche la Federal Reserve navighi a vista mentre crescono i fattori di rischio: l’unico segnale che potrebbe porre un argine al pessimismo dilagante potrebbe arrivare giovedì dalla Cina, quando saranno pubblicati i dati sull’industria manifatturiera di Pechino, già grande consumatrice di materie prime.
VA A PEZZI GLENCORE (-29%), COLOSSO DELLE MATERIE PRIME
L’ultimo drammatico colpo da ko l’ha subito Glencore, ovvero il leader mondiale nel commercio di commodities. Il colosso svizzero, che ha appena completato un aumento di capitale da 2,5 miliardi di dollari ed annunciato vendite di assets per 20 miliardi, è stato travolto dalle vendite. A Londra il titolo ha perduto il 29%, toccando nuovi minimi dall’avvio della quotazione nel 2011. Stamane il copione si è ripetuto a Hong Kong e Sidney.
A scatenare le vendite è stato un report curato dalla banca d’affari Investec: se i prezzi delle materie prime continueranno a scendere, di legge, per gli azionisti di Glencore resterà ben poco valore. Dall’inizio di quest’anno le quotazioni sono crollate del 75%, realizzando la peggiore performance fra i 100 titoli che compongono l’indice Ftse100 di Londra.
Gravi i riflessi sui titoli minerari, sia a Londra che a Sidney: AngloAmerica è scesa del 10%, RioTinto -4,7%, Bhp Billiton -6%.
L’AMERICA INSORGE CONTRO I SUPER PROFITTI DEL PHARMA
Da Washington è partito un nuovo siluro, stavolta diretto al settore salute, in risposta all’aumento dei prezzi di vendita dei prodotti pharma che sta facendo indignare l’opinione pubblica americana. I deputati democratici al Congresso hanno scritto una lettera al presidente di Valeant chiedendo spiegazioni dettagliate sulle ragioni del forte aumento di due prodotti per gli ammalati di cuore. Il titolo ha perduto il 16,6%.
A scatenare l’indignazione è stata però la decisione di Turing pharmaceutical di alzare del 5.000% il prezzo di due farmaci salvavita. Hillary Clinton ha messo in cima al suo programma elettorale la riforma del sistema dei prezzi pharma. L’indice biotech, uno dei punti di forza del Nasdaq, è sceso del 6%.
SOLO MADRID LIMITA I DANNI DOPO ILVOTO CATALANO
L’Europa non si è sottratta alla caduta generale scatenata fin dalle prime battute dal calo dei profitti delle aziende industriali cinesi (-8,8% ad agosto). A Piazza Affari l’indice FtseMib ha chiuso in ribasso del 2,7%. La Borsa di Londra ha perso il 2,3%, Parigi -2,7%, Francoforte -2,1%.
La Borsa di Madrid ha invece accusato una perdita contenuta a -1,1%, alla luce del fatto che le due formazioni indipendentiste insieme hanno sì la maggioranza dei seggi, ma non la maggioranza assoluta dei voti: il rischio secessione si allontana. Oggi è in programma l’ultima giornata delle aste del Tesoro di fine mese: saranno offerti Btp a cinque anni (1,5-2 miliardi), a 10 anni (tra i 2 e i 3 miliardi) e Ccteu a 7 anni (2,5-3 miliardi).
VW – 7,4% NON HA PIU’ FRENI. RIDE SOLO LANDI RENZO
Continua intanto la tempesta sul settore auto che in una sola settimana, dall’inizio dello scandalo dieselgate, ha provocato una caduta del settore di circa 55 miliardi, più o meno l’ammontare dei profitti di un anno. Gli investitori faticano a calcolare quanto potrebbe pesare lo scandalo sulle emissioni e nell’incertezza preferiscono alleggerire. L’indice Stoxx delle società europee dell’automotive è sceso ieri del 3,6%, Fiat Chrysler ha lasciato sul terreno il 4,9%. In calo anche Peugeot (-5,2%), Renault (-4,6%) e Daimler (-3,2%).
A guidare i ribassi è ancora Volkswagen, che a fine giornata accusa una perdita del 7,4% a 99 euro, minimo degli ultimi quattro anni (dal settembre 2011). Dallo scoppio dello scandalo sulle emissioni dei motori diesel euro 5 il titolo è precipitato del 40%. Ieri Audi ha reso noto che 2,1 milioni di suoi veicoli montano il motore diesel incriminato euro 5.
E’ iniziata la maxi campagna di richiamo dei veicoli legati allo scandalo diesel. In Italia le auto coinvolte nel richiamo dovrebbero essere circa un milione, secondo la stampa. Il nuovo Ceo Matthias Mueller intende agire in fretta e con radicalità per riconquistare la fiducia del mercato.
Tesla -3,3% a Wall Street ha inaugurato ieri il primo impianto in Europa a Tilburg, in Olanda, destinato a realizzare la berlina elettrica Model S per i clienti europei. Nell’impianto viene compiuto l’assemblaggio con l’installazione del gruppo batteria, della trasmissione e dell’asse posteriore.
L’impianto è dotato di un proprio circuito di prova interno per le vetture prodotte. Tale circuito, lungo 750 metri, è composto da 400 metri asfaltati e 6.000 punti di simulazione di fondo stradale accidentato. A Tilburg saranno costruite 450 Model S alla settimana.
Tra i titoli automotive fa eccezione Landi Renzo (+9,59%). La multinazionale italiana attiva nel gpl e metano per autotrazione è uno dei pochi vincitori nella bufera del diesel gare.
SOFFRE IL GESTITO. NEL MIRINO ANCHE LE BANCHE
Giornata difficile anche per i titoli finanziari, a partire dal risparmio gestito: Gli investitori prevedono conti deboli nel terzo trimestre per effetto delle turbolenze che hanno colpito i mercati finanziari.
Mediolanum ha chiuso la seduta in ribasso del 5,5%, sui livelli più bassi dallo scorso febbraio. La scorsa settimana l’ad di Banca Mediolanum Massimo Doris ha detto che le turbolenze dei mercati finanziari di agosto si sono tradotte in “zero” commissioni di performance per Mediolanum, ma che il gruppo conferma la previsione di un utile netto e di una raccolta per l’intero 2015 superiori a quelle del 2014. Il titolo riduce il progresso da inizio anno a +19%.
Sotto pressione anche il resto del settore: Anima -5,3%. Il target price è stato abbassato da Citigroup a 9 euro da 7 euro. Azimut -6%. Perdite più contenute per Banca Generali (-2%) e FinecoBank (-2,2%).
Soffrono anche le banche: Unicredit -4,6%, Intesa -2%,MontePaschi -5,2%. La peggiore è stata Ubi -6,1%. A Francoforte DeutscheBank ha perso il 4,8%. Generali arretra del 2,1%.
TELECOM FRENA DOPO LE MANCATE NOZZE DI VODAFONE. DESCALZI. SAIPEM NON SI VENDE
Giornata negativa anche per Telecom Italia, scesa dell’1,9%. Pesa sul settore tlc la notizia che Vodafone e Liberty Global hanno deciso di abbandonare il progetto di fusione. Rallenta anche Inwit (-0,5%), da ieri in vendita. Fra i petroliferi, Eni -3%, Saipem -4,5%. L’ad del cane a sei zampe Claudio Descalzi ha dichiarato che “non abbiamo interesse a rilevare gli asset del gas di Edison. In questo momento non compriamo”. Inoltre, a proposito di Saipem ha aggiunto che, “è un gioiello per l’Italia, una società che copre tutti gli ambiti di azione e noi non abbiamo intenzione di uscire”.
Negativi infine i titoli dell’industria: Finmeccanica -2,6%, StM -4,7%, CNH Industrial -3,6%, Prysmian -3,2%.