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Auto: chiave addio, ora si usa lo smartphone

FIRSTonline

La chiave della macchina è un oggetto comune, d’uso quotidiano per milioni di automobilisti nel mondo, ma è anche un oggetto in via d’estinzione. L’ultima frontiera tecnologica prevede infatti che l’auto sia in grado d’interagire in maniera sempre più profonda con lo smartphone. In alcuni casi, attraverso il telefono è possibile non solo accendere il veicolo, ma anche chiudere e aprire le portiere, inserire e disabilitare l’allarme, perfino gestire il riscaldamento interno all’abitacolo.

Come ricostruisce Carlo Cavicchi in un articolo su Repubblica, la storia di questa evoluzione è piuttosto lunga. A ben vedere, la chiave non fu nemmeno il primo strumento utilizzato per far parte le automobili: prima ancora, agli albori della meccanica automobilistica, bisognava utilizzare una manovella, da inserire sulla parte frontale del mezzo. E per ottenere lo scopo, cioè l’accensione del motore, serviva anche una discreta forza.

La prima chiave vera e propria comparve negli anni Venti e per decenni svolse un ruolo insostituibile. Guai a dimenticarla o, peggio ancora, a perderla. Dopo di che, negli anni Sessanta le chiavi da custodire religiosamente divennero due: una per far partire il motore e una per aprire e chiudere le portiere (una alla volta, perché la rivoluzione della chiusura centralizzata era ancora di là da venire).

Bisogna arrivare alla metà degli anni Novanta per trovare la prima chiave multifunzione: un solo oggetto in grado non solo di avviare l’auto, ma anche di aprire e chiudere le portiere (stavolta tutte insieme). Il passo successivo furono le chiavi con il telecomando integrato per la chiusura centralizzata (con tanto di lampeggio dei fari, indispensabile per le ricerche di chi non ricorda dove ha parcheggiato).

All’inizio degli anni Duemila, i telecomandi cominciarono a essere usati anche per attivare i nuovi bottoni d’accensione, che iniziavano a sostituire i blocchetti delle serrature. Ora siamo arrivati alle chiavi virtuali memorizzate sugli smartphone, a loro volta azionati attraverso l’impronta digitale. Ormai ne sappiamo abbastanza per capire che l’evoluzione di questa routine è destinata a continuare.

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