Atlantia chiude il secondo semestre con i conti in rosso per 772 milioni. E decide di cambiare passo. La società studia due alternative all’accordo con Cdp e governo: vendita diretta dell’88% di Aspi al miglior offerente oppure scissione e Ipo in Borsa. A due anni dal crollo del Ponte di Genova e a poche ore dalla sua riapertura al traffico, emerge in tutta evidenza il quadro di incertezza che circonda la trattativa con il governo dopo gli impegni concordati a metà luglio. La stessa ministra dei Trasporti Paola De Micheli aveva dovuto ammettere, lunedì scorso, che il MoU non sarebbe stato firmato il 3 agosto come previsto.
Atlantia sta rilevando “concrete difficoltà nel proseguimento positivo delle trattative” con Cassa depositi e prestiti sul dossier Aspi così come definito a metà luglio “non solo per concordare la definizione di meccanismi volti alla determinazione di un valore di mercato di Autostrade per l’Italia, ma anche per effetto di richieste avanzate da parte di Cdp su ulteriori impegni al di fuori di quanto rappresentato nella lettera del 14 luglio 2020”. Con l’obiettivo di accelerare la definizione dell’accordo con il Governo il Cda – riunito per approvare i conti al 30 giugno – “ha ritenuto di dover individuare – con spirito di buona fede – anche soluzioni alternative idonee comunque a giungere ad una separazione tra la Società ed Autostrade per l’Italia, che diano certezza al mercato, sia in termini di tempi che di trasparenza, nonché della irrinunciabile tutela dei diritti di tutti gli investitori e stakeholders coinvolti”.
Questo è il testo del comunicato approvato dal consiglio d’amministrazione della holding, controllata dai Benetton, che ha fissato due strade per l’uscita da Autostrade per l’Italia:
– vendita tramite un processo competitivo internazionale – gestito da advisor indipendenti – dell’intera quota dell’88% detenuta in Autostrade per l’Italia, alla quale potrà partecipare Cdp congiuntamente ad altri Investitori Istituzionali di suo gradimento, come già ipotizzato nella lettera
– scissione parziale e proporzionale di una quota fino all’88% di Autostrade per l’Italia mediante creazione di un veicolo beneficiario da quotare in borsa, creando quindi una public company contendibile.
“Le suddette due operazioni – si legge ancora nella nota – potranno essere condotte da Atlantia in parallelo, fino ad un certo punto. E’ già prevista una riunione straordinaria del Consiglio di Amministrazione di Atlantia per il 3 settembre prossimo per esaminare e approvare il progetto di scissione.
La nuova linea decisa dal Cda ha subito ottenuto il plauso del hedge fund Tci che detiene una quota di circa il 6% di Atlantia: “Sosteniamo in pieno le soluzioni di Atlantia, vogliamo una vendita diretta della quota dell’88% di Atlantia in Aspi attraverso un processo trasparente o uno scorporo di Aspi a un prezzo equo di mercato”. Il Fondo chiede anche alla Ue di intervenire ” per proteggere gli azionisti di minoranza di Atlantia e il gruppo”.
Ma la svolta di Atlantia non è affatto piaciuta al Governo e alla Cdp che si preparano a contrattaccare.
Per approfondire: Genova: il ponte c’è, l’accordo su Atlantia no
Tornando alla semestrale, Atlantia – dopo la bufera che ha investito il gruppo e anche in considerazione dei mesi di chiusura al traffico per via del Covid-19 – ha registrato una perdita di pertinenza del gruppo pari a 772 milioni a fronte di un risultato in utile per 594 milioni nello stesso periodo del 2019. I ricavi operativi sono in calo di 1,89 miliardi, -34%, a 3,714 miliardi. Il margine operativo lordo è in calo del 63% a 1,3 miliardi. In calo anche gli investimenti operativi: -22% a 633 milioni.