Inizia l’autunno caldo di Atac. All’indomani del consiglio straordinario durante il quale il sindaco Virginia Raggi ha rivendicato la scelta del concordato preventivo la municipalizzata dei trasporti di Roma, gravata da quasi 1,4 miliardi di debiti, infuria già la polemica: i dipendenti chiedono che lo stipendio non si tocchi, e i sindacati preannunciano assemblee e scioperi.
E poi ci sono i conti, peggiori del previsto nel bilancio del 2016, con un rosso aumentato di 220 milioni, ben 150 milioni in più rispetto ai 70 dell’anno precedente. Questo, cioè proprio 70 milioni circa, doveva essere più o meno il passivo anche dell’ultimo esercizio, secondo quanto previsto inizialmente dalla Giunta pentastellata, secondo la quale per il 2017-2018 c’era persino la possibilità del “pareggio di bilancio”, lanciato dall’assessore Colomban con tanto di definizione “un mezzo miracolo” in allegato. I numeri che circolano da qualche giorno negli Uffici e nelle commissioni, però, raccontano di una voragine che si allarga ormai senza controllo.
Paradossalmente il buco da 220 milioni è pure un elemento che può aiutare la procedura di concordato preventivo, ormai strada maestra imboccata dalla giunta Cinque Stelle per schivare il fallimento nonostante le resistenze interne e lo scoppio del caso Mazzillo. “Per effetto di politiche sciagurate, Atac rischiava il fallimento. Noi la salveremo, mantenendola in mano pubblica – promette la sindaca a 5 Stelle -. Salveremo un patrimonio che appartiene a tutti i romani. Salveremo migliaia di posti di lavoro e gli stipendi dei dipendenti, rilanceremo un servizio pubblico fondamentale”.