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Astrid, la forza del “locale” nell’evoluzione digitale

Un recente rapporto di Astrid a cura di Paola M. Manacorda e Giovanna De Minico analizza i modelli strategici d’intervento locale, con riferimento al digital divide e alle Ngns, e il peso dei Corecom (Comitati Regionali per le Comunicazioni) nella realizzazione e nello sviluppo delle nuove reti di comunicazione per l’alta velocità.

Astrid, la forza del “locale” nell’evoluzione digitale

Ngns, digital divide, Corecom, banda ultralarga, Agcom, Berec. Sono solo alcuni dei temi toccati da un recente rapporto di Astrid – Fondazione per l’Analisi, gli Studi e le Ricerche sulla Riforma delle Istituzioni Democratiche e sulla innovazione nelle amministrazioni pubbliche – a cura di Paola M. Manacorda e Giovanna De Minico.

La ricerca ha per oggetto lo sviluppo delle reti di comunicazione di nuova generazione in Italia (Ngns), anche e soprattutto in considerazione degli obiettivi espressi in sede europea, nell’ambito dell’Agenda 2020. Si sostiene il ruolo fondamentale dei poteri locali nell’avvio di un processo strategico e “irreversibile” per la crescita sostenibile, la modernizzazione e la competitività del sistema Paese.

Il rapporto si articola in quattro parti: dopo una preliminare prospettiva sul quadro evolutivo dell’ordinamento delle comunicazioni, il campo d’analisi si restringe ai modelli strategici d’intervento locale, con riferimento al digital divide e alle Ngns, e sul peso dei Corecom – Comitati Regionali per le Comunicazioni – nella realizzazione e nello sviluppo delle nuove reti di comunicazione per l’alta velocità.

Questi ultimi, filo conduttore per l’intera analisi, sono enti misti, caratterizzati da una natura duale: hanno struttura e funzionamento propri degli organi regionali, ma agiscono anche in qualità di organi funzionali dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom). I due rapporti che intrattengono, strutturalmente con le Regioni e funzionalmente con l’Autorità, permettono loro di vantare competenze atte a soddisfare esigenze e interessi delle comunità locali – come un qualsiasi organo politico rappresentativo – ma anche competenze prettamente tecniche, proprie delle Autorità.

“Ma sono le Regioni e i Corecom i soggetti più idonei a regolare e governare questa materia? – si interroga il costituzionalista Ernesto Cheli nella presentazione dell’opera – Il dubbio può nascere ove si rifletta sul fatto che i processi tecnologici che investono oggi il mondo della comunicazione spingono verso l’interoperabilità delle reti e […] comportano la necessità di una centralizzazione delle decisioni da adottare, […] ma non si va ad attenuare l’importanza del ruolo che può essere riconosciuto alle Regioni e ai Corecom ai fini della preparazione e dell’orientamento delle soluzioni da adottare sul terreno del digital divide connesso alle diversità territoriali”.

E’ proprio quest’ultimo punto che ha spinto gli autori, nei primi due capitoli della seconda parte della ricerca, a indagare su alcuni modelli di gestione locale in Italia, oggi parzialmente eletti a “best practices”, quali le aree metropolitane di Roma e Milano o il progetto della banda larga in alcune zone rurali della Toscana.

La parte centrale del lavoro è dedicata all’illustrazione, in chiave comparata con lo scenario italiano, dell’esperienza spagnola e di quella tedesca, con particolare attenzione alla regolamentazione e gli organismi coinvolti nella governance del settore delle comunicazioni. L’analisi dei due modelli europei ha evidenziato similitudini con i Corecom in riferimento alla creazione di organismi competenti a raggio d’azione territorialmente ridotto. Tuttavia, ogni schema regolatorio mantiene delle proprie peculiarità, le quali permettono di cogliere i punti di forza e di far emergere al contempo i limiti.

In Spagna, le Comunità autonome hanno delineato un “sistema reticolare di Autorità indipendenti”, che da un lato esonerano dall’influenza politica dell’esecutivo locale mantenendo intatto il carattere di neutralità, ma allo stesso tempo, a causa della mancanza di una visione unitaria nazionale, espone le stesse articolazioni territoriali al rischio di eccessiva frammentazione della funzione regolatoria.

Il caso tedesco, d’altra parte, si caratterizza per la completa divisione tra competenza sui servizi di rete – esclusiva federale per mezzo dell’Autorità nazionale di regolazione (Nra) – e competenza sui contenuti, attribuita ai Lma, Autorità locali dei Länder paragonabili ai Corecom nostrani. Nonostante questa articolazione, il modello tedesco “appare non privo di criticità strutturali riferite in particolare all’effettiva indipendenza dell’Anr, che suscitano non poche perplessità in ordine alla compatibilità col quadro normativo europeo e globale”.

La quarta e ultima parte della ricerca è dedicata infine ai possibili ruoli dei Corecom in relazione alle Ngns: vengono così analizzate le diverse opzioni regolatorie che potrebbero essere adottate in ragione del modello di sviluppo della rete di nuova generazione – quella in fibra ottica per intenderci – e che potrebbero declinarsi nella costituzione di una “società della rete” (FiberCo) a totale partecipazione pubblica, a gestione attribuita interamente a soggetti privati o a capitale misto, come ipotizzato in un memorandum of understanding del luglio 2011 dal ministero dello Sviluppo economico e dai sette principali players del settore.

Il rapporto affronta un tema complesso, facendo luce su aspetti scarsamente esplorati, come la forza del “locale” nella gestione dell’evoluzione digitale. La complessità sta proprio nell’individuare, di volta in volta, le soluzioni più idonee a supportare un passaggio di schema: una rivoluzione, apparentemente solo strutturale, che produrrà effetti e ripercussioni in ambito economico, sociale e culturale.

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