ASTA BTP, IL TESORO PUNTA A FARE IL PIENO. IL CALO DEL GREGGIO SCHIACCIA I TITOLI OIL
Le tensioni sul prezzo dell’energia, i segnali non brillanti in arrivo dagli Usa. E ancor di più il nervosismo che riaffiora sul debito sovrano, nonostante l’ottimo esito dell’asta italiana dei Bot a sei mesi, con rendimenti ai minimi dal settembre 2010. Tanti fattori hanno hanno contribuito a frenare la corsa del Toro, mentre si avvicina un week end importante per la Ue, in cui si dovrà decidere l’ammontare delle munizioni finanziarie a difesa dell’euro. In vista del vertice, cresce la tensione: un portavoce del governo della Germania ha spiegato che l’espansione del Fondo salva Stati permanente Esm da 750 miliardi di euro avrà carattere temporaneo (fino all’estate 2013) come del resto lasciavano intuire le anticipazioni da Berlino.
Lo spread Btp/Bund, in questa cornice, è risalito a quota 327 bp. Oggi il Tesoro offrirà da 6 a 8,25 miliardi di euro di Btp a 5 e 10 anni e del nuovo CCTeu.
A Wall Street il Dow Jones scende dello 0,49%, S&P -0,56%, Nasdaq -0,49%. A febbraio gli ordini di beni durevoli sono saliti del 2,2%, meno delle previsioni a conferma di quanto anticipato da Ben Bernanke che nell’intervista a Abc News ha detto che “non abbiamo ancora raggiunto il punto dove possiamo dichiararci del tutto fiduciosi che siamo sul sentiero della piena crescita”.
Le Borse europee hanno chiuso in ribasso, con un’accelerazione negativa nel finale. La Borsa di Londra ha perso l’1%, Parigi e Francoforte sono scese dell’1,1%. E’ andata meglio a Milano, dove l’indice FtseMib ha limitato la perdita a -0,2%.
Stamane listini in ribasso sulle piazze asiatiche. A Tokyo l’indice Nikkei 225 segna -0,67%. Più marcata la discesa dell’Hang Seng di Hong Kong: -1,20%.
Pesano, in Usa come in Europa, le vendite sui titoli petroliferi legate al calo dei prezzi: il greggio Wti è in calo del 2% (105,1 dollari al barile) e il Brent in ribasso dell’1,2% (123,9 dollari) grazie ad un aumento delle scorte Usa ed all’azione dei sauditi.
“Alti prezzi del petrolio sono una cattiva notizia. Cattiva per l’Europa, cattiva per gli Usa, cattiva per i Paesi Emergenti e per quelli più poveri. E lunghi periodi di alti prezzi del greggio sono una pessima notizia anche per i produttori, Arabia Saudita compresa, e per l’industria del settore”. Ali Naimi, potente ministro saudita dell’energia, torna a farsi sentire per tentare di fermare il caro petrolio, che minaccia di spegnere le speranze di ripresa economica.
Lo stesso Naimi, in un articolo di suo pugno pubblicato sul Financial Times, ribadisce con forza che non c’è alcuna ragione logica che spieghi il surriscaldamento dei prezzi. Non solo Riyad è in grado di aumentare la produzione fino a 2,5 milioni di barili al giorno, ma la situazione di mercato non lo richiede. “Tanto per essere chiari – scrive ancora Naimi – I nostri depositi in Arabia sono pieni, così come quelli in giro per il mondo. Sono pieni i nostri depositi di Rotterdam, la nostra base logistica di Sidi Keir. E il nostro impianto di Okinawa è pieno al 100 per cento”. Negli Usa 42 sui 43 titoli del listino “oil” hanno chiuso in ribasso.
A Milano Eni è scesa dello 0,6%, Tenaris -2,2%, Saipem è salita dell’1,4% sostenuta dalla promozione a buy da neutral di Bank of America. Le Borse europee hanno chiuso in ribasso, con un’accelerazione negativa nel finale. La Borsa di Londra ha perso l’1%, Parigi e Francoforte sono scese dell’1,1%. E’ andata meglio a Milano, dove l’indice FtseMib ha limitato la perdita a -0,2%.
Tiene banco in Piazza Affari la battaglia per il polo assicurativo. E’ stata una giornata di forti perdite per tutte le società coinvolte nel maxi-progetto di aggregazione assicurativa, dove adesso si temono i risultati delle indagini della magistratura milanese: le operazioni sospette di questi anni con i soci di maggioranza ammontano a 431 milioni. Premafin, la holding dei Ligresti, ha perso il 5,4%, la controllata Fondiaria –Sai è scesa del 6,3%, Unipol, è caduta in ribasso del 7,5%. Il cda di Premafin ha intanto messo a punto la lista per il prossimo vertice di Fonsai: figura ancora il nome di Jonella Ligresti.
Venti di guerra sempre più vicini in casa Impregilo 0,58%. Dopo mesi di silenzio scende in campo Bruno Binasco, l’eminenza grigia di casa Gavio: la prospettiva di un’Opa, fa sapere, non è da escludere. Analogo atteggiamento bellicoso da parte di Salini che non esclude di presentarsi in assemblea con una quota superire all’attale 25 per cento.
Cali diffusi nel settore bancario. Popolare Milano ha perso il 5,3% dopo i deludenti dati dell’esercizio 2011. Negative Intesa -0,7% e Banco Popolare -2,5%. Riscossa nel pomeriggio, invece, per MontePaschi: partito male ha chiuso con un rilazo del 4,9%. Oggi ci sarà la conference call sui risultati 2011.
Anche in Ubi va di moda il rosso. La banca svaluta 2,19 miliardi di euro di avviamenti e attività immateriali e chiude l’anno con una perdita netta di 1,8 miliardi: al netto dell’impairment il risultato netto è di 349,4 milioni, quasi raddoppiato rispetto ai 177 milioni dell’anno precedente. La cedola di 0,05 euro sarà attinta dalle riserve straordinarie, esce dal consiglio di sorveglianza Giovanni Bazoli, in ossequio alle nuove norme sui doppi incarichi.
In grande evidenza, invece, sia Finmeccanica che Telecom Italia. Il titolo della holding della difesa ha limitato i guadagni nel finale al 3,2% dopo aver viaggiato per buona parte della seduta in rialzo del 7-8%, mentre era in corso a Londra l’incontro con l’ad Giuseppe Orsi. Telecom Italia ha chiuso in rialzo dell’1,6% con l’azione ordinaria e in rialzo del 2,2% con la risparmio. Ennesima giornata negativa, infine per Mediaset -2,9%.