Assonime valuta in profondità la Nota di aggiornamento del Def varata dal nuovo Governo Pd- M5S e, pur sottolineando l’importanza della riduzione dello spread, esprime perplessità sulle misure principali contenute all’interno della Manovra 2020. Nel dettaglio, il consiglio direttivo dell’associazione presieduta da Innocenzo Cipolletta “ha notato come la decisione di non aumentare l’IVA abbia ristretto eccessivamente la manovra economica del Governo, che non trova lo spazio per mobilitare le risorse adeguate per la riduzione del debito pubblico”.
La legge di Bilancio che il Governo varerà a metà ottobre sarà dovrebbe essere di circa 30 miliardi, gran parte dei quali (23 miliardi) saranno destinati alla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia che avrebbero portato l’anno prossimo a un aumento dell’Iva. Per promuovere la crescita e ridurre il debito rimangono dunque sul piatto solo 7 miliardi di euro che saranno impiegati per abbassare, di poco, il cuneo fiscale (2,5 miliardi), per la proroga degli incentivi previsti da Industria 4.0, per innalzare le risorse destinate a investimenti pubblici e rifinanziare spese già programmate.
“La scelta del Governo – commenta Assonime – sembra essere stata quella di individuare un obiettivo di indebitamento che includa tutta la flessibilità disponibile e poi, sottratto quanto necessario alla sterilizzazione delle clausole di salvaguarda Iva, allocare le poche risorse rimaste ad alcune istanze ritenute meritevoli”.
“Complessivamente si delinea una strategia di bilancio che somiglia al sentiero stretto della scorsa legislatura: si negozia tutto lo spazio di bilancio disponibile, rinviando la riduzione del debito agli anni successivi. Le risorse così ottenute vengono distribuite senza produrre significativi effetti sulla crescita e dunque alla fine il rapporto debito/Pil continua ad aumentare e l’economia continua a ristagnare”, continua l’associazione.
Proprio per quanto riguarda il debito pubblico infatti, la Nadef prevede che nel 2019 il rapporto debito/PIl salirà al 135,7% per poi scendere di mezzo punto percentuale l’anno prossimo. Nel biennio 2021-22 si dovrebbe invece arrivare al 131,4%. “Questa riduzione dipende: a) dall’andamento del Pil nominale e in particolare del deflatore del Pil che nel biennio 2021-22, nelle stime del Governo, registra una accelerazione raggiungendo l’1,7%; b) dalla riduzione della spesa per interessi” spiega l’associazione sottolineando “l’importanza della riduzione dello spread, grazie alla ripresa di contatti costruttivi con l’Europa”.
Rimanendo sui rapporti con l’Unione Europea però, Assonime evidenzia anche il rischio che le nuove richieste di flessibilità fatte dall’Italia potrebbero far sorgere problemi su altri fronti, come quello – delicatissimo – relativo al completamento dell’Unione Bancaria, che presuppone “la condivisione di rischi che gli altri stati membri potrebbero non accettare. Vi è inoltre il pericolo che in caso di crisi, il ricorso agli strumenti comuni di sostegno finanziario europeo si riveli difficoltoso”, conclude l’associazione.