L’industria metalmeccanica milanese conta 8,8 mila unità locali e 90mila addetti, produce circa 18 miliardi di euro dell’export, pesando circa il 40% del totale manifatturiero milanese e il 20-25% del settore a livello regionale. È quanto emerge dalla prima edizione dell’Osservatorio paritetico territoriale, costituito lo scorso aprile da Assolombarda e dalle segreterie provinciali sindacali (Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil) con l’obiettivo di monitorare le tematiche più rilevanti del settore metalmeccanico milanese.
“I dati raccolti evidenziano la sostanziale tenuta del settore pur nella oggettiva difficoltà degli scenari di riferimento – ha detto Diego Andreis, vicepresidente di Assolombarda con delega a Politiche del lavoro, Sicurezza e Welfare –. L’analisi dimostra che le pratiche di negoziazione incidono in modo significativo sul settore, generando una sintesi equilibrata tra le esigenze di produttività e di efficienza delle imprese e dei bisogni dei lavoratori”.
Per quanto riguarda i premi di risultato – per Marco Giglio, segretario generale Fim-Cisl Milano Metropoli, Roberta Turi, segretaria generale Fiom-Cgil Milano, Vittorio Sarti, segretario generale Uilm-Uil Milano Monza e Brianza – gli indicatori riferiti all’innovazione e all’efficienza, qualificanti per le transizioni in corso, sono poco presenti: occorre un cambio di passo. La contrattazione si conferma un aspetto che caratterizza le aziende più dinamiche di medie e grandi dimensioni più competitive sull’export. Per quanto riguarda la ricerca di personale si evidenzia il fabbisogno di alcune figure specializzate: questo dimostra ancora una volta l’importanza della formazione e delle relazioni industriali su questa materia”.
Meccatronica milanese al centro del sistema manifatturiero lombardo
Nel dettaglio, l’Osservatorio rileva che la metalmeccanica include diverse specializzazioni che presentano sistemi di produzione sempre più interconnessi: dalla metallurgia e la meccanica, che occupano il 36% e il 33% del totale addetti della metalmeccanica, ai comparti delle apparecchiature elettriche (14% degli addetti) e dell’elettronica (11%), fino all’automotive (6%).
Secondo i dati il settore evidenzia un andamento congiunturale favorevole, certificato dal trend positivo delle sue esportazioni, in crescita del +15% annuo nel periodo gennaio-settembre 2022. Tuttavia, se confrontate con il totale dell’economia milanese (+23,1%) e con la metalmeccanica a livello regionale (+16,2%), le esportazioni della metalmeccanica milanese registrano un tasso di crescita inferiore.
Questo trend si spiega dai diversi andamenti che caratterizzano i singoli settori: se da un lato la metallurgia, l’elettronica e le apparecchiature elettriche sono i settori che la sostengono maggiormente, con tassi di crescita dell’export superiori al +20% nel periodo gennaio-settembre 2022, dall’altro lato la meccanica milanese mostra sì una variazione annua positiva, ma in misura inferiore rispetto agli altri settori (+7,4%). L’automotive, invece, registra una decelerazione del -9,6% nei primi 9 mesi del 2022, dimostrandosi il settore che presenta le maggiori difficoltà.
Mercato del lavoro: in calo le richieste di Cig
Sul fronte del mercato del lavoro, a dicembre 2022 rallentano le richieste di cassa integrazione delle aziende metalmeccaniche milanesi, riportandosi sui livelli di luglio. L’inversione del trend, in crescita da agosto, si registra anche negli altri comparti manifatturieri, dove il numero di ore autorizzate torna ai livelli pre-Covid. Infine, dall’analisi degli annunci di lavoro degli ultimi 12 mesi emerge che le figure più ricercate dalle imprese metalmeccaniche milanesi sono quelle di operaio specializzato, in particolare gli installatori-riparatori, e di tecnico, soprattutto i disegnatori industriali.
La contrattazione aziendale delle aziende metalmeccaniche di Milano
L’Osservatorio ha anche analizzato la qualità della contrattazione aziendale integrativa presente nelle aziende metalmeccaniche del territorio milanese. L’analisi per il quinquennio 2018- 2022 evidenzia come l’addensamento della negoziazione sui premi di risultato sia presente nelle imprese tra i 50 e i 250 dipendenti, mentre è molto più bassa nelle imprese sotto i 50 dipendenti.
La ricerca ha focalizzato poi l’attenzione sugli obiettivi e i target condivisi per la definizione del premio di risultato. Gli obiettivi connessi ad incrementi di produttività e redditività permangono prevalenti: negli ultimi anni di analisi gli obiettivi di innovazione ed efficienza hanno cominciato ad essere sempre più presenti a dimostrazione dello sviluppo e della implementazione delle pratiche di negoziazione e della crescita culturale delle parti sul tema.
La presenza di tematiche connesse al welfare è ormai presente in quasi tutti gli accordi aziendali nelle sue differenti forme, ove la convertibilità degli importi permane molto rilevante. In crescita anche il riconoscimento di welfare correlato a obiettivi, mentre il welfare on top risulta poco presente nella contrattazione in quanto spesso frutto di policy aziendali unilaterali dell’impresa.
In conclusione, la ricerca ha approfondito le quantità economiche massime erogabili al raggiungimento dei risultati convenute negli accordi sindacali. Gli importi massimi raggiungibili si attestano per quasi metà della contrattazione analizzata intorno ai 1.500 euro/anno. Come prevedibile, sottolinea la ricerca, nelle imprese di grande dimensione il premio annuo si incrementa superando nel 47% dei casi i 2.000 euro annui.