Probabilmente fino a poco tempo fa in Italia neanche tutti gli operatori del mercato assicurativo erano pienamente consapevoli dell’ampiezza del fenomeno delle cosiddette polizze dormienti, ossia di quelle polizze che non sono state riscosse dai beneficiari e giacciono presso le imprese con la spada di Damocle della prescrizione e della successiva devoluzione al Fondo Rapporti Dormienti istituito presso la Consap.
Una recente indagine condotta dall’Authority di controllo del mercato assicurativo, l’Ivass, già preannunciata nella sua ultima Relazione Annuale, ha ora acceso un faro di attenzione su questa specifica problematica. Il risultato di questa indagine ha portato, attraverso l’incrocio tra i codici fiscali degli assicurati e i dati sui decessi disponibili presso l’Anagrafe Tributaria dei Residenti, al risveglio di oltre 187mila polizze dormienti per un importo complessivo di 3,5 miliardi di euro.
Scendendo ancor più in dettaglio, va detto che delle oltre 187mila polizze prima ricordate, 116mila erano le polizze di risparmio giunte a scadenza per un importo complessivo di 1,5 miliardi di euro, mentre oltre 71mila erano le polizze relative ad assicurati deceduti per un ammontare di circa 2 miliardi di euro. Di queste seconde, inoltre, poco meno di 31mila per circa 1,7 miliardi di euro erano relative a contratti a vita intera, ossia a polizze che non hanno una scadenza definita e che si concludono con il riscatto, o con la liquidazione della prestazione per il decesso dell’assicurato.
Va anche aggiunto che come effetto collaterale dell’attività di incrocio tra i codici fiscali e i dati dei decessi dell’Anagrafe Tributaria si è potuta formulare una prima stima delle polizze per le quali si potrebbero verificare i presupposti per la devoluzione delle somme al Fondo Polizze Dormienti, quantificando il tutto in circa 6mila polizze per un importo di 54 milioni di euro. Si tratta di polizze per le quali il decesso dell’assicurato è avvenuto tra ottobre 2007 e ottobre 2010 senza che le imprese assicurative ne avessero notizia.
C’è da dire subito che, in realtà, il fenomeno delle polizze dormienti ha sicuramente dimensioni ancor più ragguardevoli. Lo sottolinea Elena Bellizzi dell’Ivass, ricordando che vi sono ancora 4 milioni di polizze potenzialmente dormienti scadute nel quinquennio 2012-2016. Anche se per la maggioranza delle polizze potenzialmente dormienti di tipo temporanee caso morte, 3,3 milioni di contratti pari all’84% del numero complessivo, non si sono verificate le condizioni per il pagamento della prestazione, poiché al momento della scadenza contrattuale è stata accertata l’esistenza in vita dell’assicurato, o si è avuta l’interruzione del pagamento dei premi con la conseguente risoluzione contrattuale.
Infine, per avere un quadro onnicomprensivo del fenomeno ancora due punti. Vi sono ancora 900mila contratti per i quali le imprese assicurative nella scorsa primavera non erano ancora state in grado di accertare lo status. E c’è, poi, l’ambito delle compagnie assicurative estere operanti in Italia (15% della raccolta premi complessiva), finora rimaste escluse dall’indagine e sulle quali l’Ivass ha ora deciso di intervenire, richiedendo una fotografia del portafoglio delle polizze dormienti per il periodo 2001-2018.
Come tentare di porre rimedio a questo fenomeno che, non a caso, lo stesso Riccardo Cesari, Consigliere dell’Ivass, ha definito “un caso tipico di asimmetria informativa, ovvero un fallimento di mercato su cui solo l’operatore pubblico può operare”? O, detto in altre parole da Luigi Di Falco dell’Ania, come ovviare al protrarsi di una situazione in cui il rischio di decadenza dei propri diritti viene interamente scaricato sugli assicurati?
Sottolineato che in altri contesti nazionali,come quello francese,il fenomeno delle polizze dormienti è stato già affrontato e avviato a soluzione, tra le misure che appaiono più facilmente praticabili in Italia si possono qui ricordare: l’istituzione di un registro unico dei contratti assicurativi; la possibilità di accedere ai data base anagrafici, possibilità attualmente non prevista nel nostro ordinamento a differenza di quanto previsto in altri ordinamenti;una sorta di deroga alla prescrizione decennale( fino al 20 ottobre 2010 la prescrizione era limitata addirittura al termine del biennio contrattualmente previsto).
Un suggerimento di buon senso, fornito dallo stesso Ivass, è, poi, l’invito a chi stipula una polizza vita a indicare in modo preciso e non generico il nominativo del beneficiario, fornendo così alle imprese assicurative tutte le informazioni utili a rintracciarli in caso di decesso dell’assicurato.
Quanto alle imprese assicurative, oltre a rafforzare genericamente l’operatività dei propri call center per l’assistenza ai potenziali beneficiari, si dovranno dotare di standard di processi e procedure idonei a scongiurare il formarsi di questo fenomeno. L’Ivass, che si era mossa in tal senso con una lettera di sollecito al mercato nel dicembre del 2017, si è vista ritornare alcuni piani d’azione che sono stati giudicati” non sempre risolutivi”. Fuor di eufemismo, ciò significa che la strada da percorrere è ancora lunga, vista la prudenza delle imprese assicurative nell’introdurre nuovi standard con ulteriori appesantimenti procedurali e aggravi di costo.
In definitiva, quella delle polizze dormienti è una sfida che in Italia può essere vinta con nuove misure normative di sistema, adeguate procedure delle imprese assicurative e una maggiore accortezza della clientela e dei potenziali beneficiari. Una sfida, dunque, che ha anche il sapore di una nuova tappa di civiltà economica.