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Assicurazioni, ecco che cosa cambia con l’arrivo di Solvency II

Dal primo gennaio è entrato in vigore in tutta l’Unione europea, dopo una gestazione di 15 anni, il nuovo regime di vigilanza prudenziale per il settore assicurativo con il compito di armonizzare regole e obblighi informativi, gestire meglio il rischio e accrescere la trasparenza – Ma Solvency II non è un cantiere chiuso e restano da definire molte questioni

Assicurazioni, ecco che cosa cambia con l’arrivo di Solvency II

Il 1° gennaio scorso Solvency II, il nuovo regime di vigilanza prudenziale per il settore assicurativo, è entrato in vigore in tutti i Paesi dell’Unione europea.

Si è trattato di un momento lungamente atteso, a conclusione di un iter normativo che è durato all’incirca 15 anni, vista la complessità della riforma e la necessità di adattare il progetto strada facendo, alla luce delle due gravi crisi finanziarie che si sono verificate nel periodo.

Gli obiettivi di Solvency II sono pienamente condivisibili: l’armonizzazione del quadro normativo, che dovrebbe consentire di eliminare le divergenze nazionali; la necessità per le imprese di identificare, misurare e gestire più efficacemente tutte le tipologie di rischi cui esse sono esposte, che dovrebbe rafforzarne la solidità finanziaria; gli obblighi in materia di governance e risk management, che dovrebbero rendere più efficiente la gestione aziendale; l’armonizzazione degli obblighi informativi, che dovrebbe accrescere la trasparenza e l’informazione a disposizione dei supervisori, dei mercati finanziari e dei consumatori.

Si tratta, ora, di fare in modo che le nuove regole funzionino in modo appropriato e che consentano di raggiungere gli obiettivi prefissati senza alterare le caratteristiche del business model delle imprese di assicurazione, tipicamente orientato su un orizzonte di lungo periodo.

Come si presentano gli assicuratori italiani all’avvio di Solvency II? Gli ultimi due anni hanno visto un notevole intensificarsi delle attività preparatorie e ora si può affermare che l’industria assicurativa è nel complesso pronta all’operatività del nuovo regime. Va sottolineato, tuttavia, che alla complessità di Solvency II si è affiancata l’ulteriore difficoltà rappresentata dal ritardo con cui le regole europee sono state definite, il che si è riflesso a cascata sui tempi di adeguamento dell’ordinamento nazionale.

Buona parte degli standard tecnici e delle Linee Guida EIOPA, infatti, sono stati finalizzati nel corso del 2015 e pubblicati soltanto negli ultimi mesi dell’anno. Da ciò è conseguito che le consultazioni IVASS per il recepimento di alcune disposizioni nell’ordinamento nazionale sono iniziate solo la scorsa estate e che l’iter per alcune necessarie modifiche regolamentari deve ancora essere avviato.

Rimangono ancora da definire, ad esempio, alcuni aspetti essenziali per l’operatività delle imprese, quali la conferma dell’esclusione dei prodotti italiani della nozione di ring-fenced funds, il trattamento delle imposte differite, gli eventuali obblighi di auditing esterno. Occorre, inoltre, una precisa declinazione del principio di proporzionalità in tutti e tre i pilastri del nuovo regime, in modo da non oberare di oneri amministrativi eccessivi quelle imprese e quelle attività che presentano un profilo di rischio contenuto. E’ positivo, in proposito, che IVASS, nella recente consultazione, abbia chiesto agli stakeholders specifici spunti sulle modalità di applicazione del concetto di proporzionalità per le attività da svolgere nell’ambito dell’ORSA (Own Risk and Solvency Assessment).

Saranno necessari, in sostanza, ancora alcuni mesi prima di poter parlare di un regime di Solvency II pienamente definito a livello nazionale. Gli impatti delle nuove regole, comunque, si sono già fatti sentire – e non poteva essere diversamente –  a livello di gestione delle imprese, sia sul fronte organizzativo sia su quello finanziario e commerciale. La governance delle imprese, ad esempio, è stata irrobustita, così come si è rafforzata la cultura del rischio a tutti i livelli decisionali, a partire dai Consigli di Amministrazione. Le decisioni di lancio di nuovi prodotti non possono più non tener conto del relativo assorbimento di capitale e lo stesso avviene per le scelte in materia di investimenti.

Ma non bisogna pensare, comunque, a Solvency II come a un cantiere definitivamente chiuso, tutt’altro.

E’ infatti essenziale che venga al più presto completato il quadro normativo europeo con l’emanazione delle nuove disposizioni che introducono un trattamento più favorevole per gli investimenti in progetti infrastrutturali ed estendano l’applicabilità delle misure transitorie in tema di rischio azionario.

Sarà importante, in ogni caso, monitorare attentamente gli impatti del nuovo regime, soprattutto con riguardo alla calibrazione dei requisiti patrimoniali.

Già nel 2018, infatti, è prevista una prima revisione, da parte della Commissione europea, della formula Standard per il calcolo del Solvency Capital Requirement (SCR); altre revisioni sono già programmate per gli anni successivi.

Nel più lungo termine, occorrerà verificare la tenuta complessiva del nuovo regime. Questo è il tema più delicato e metodologicamente più complesso. Solvency II è stato ideato come un sistema incentrato i) sui valori di mercato, nell’assunzione che tali valori fossero in ogni momento la migliore approssimazione della realtà; ii) sulla valutazione del rischio in un orizzonte annuale. La volatilità sperimentata in specifici periodi di fortissima turbolenza finanziaria ha indotto i regolatori a introdurre aggiustamenti ad hoc, noti come il Solvency II Long Term Guarantee Package. Andrà verificato nel tempo che tali aggiustamenti siano effettivamente in grado di garantire che l’industria assicurativa continui a svolgere il suo ruolo primario di assuntore di rischi e di investitore di lungo periodo, a sostegno dei mercati finanziari e dell’economia reale. Meglio ancora sarebbe far evolvere il modello di Solvency II in coerenza con i risultati più recenti degli studi di finanza che mostrano come la volatilità (ossia il rischio) si riduca su orizzonti temporali più lunghi dell’anno.

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