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Assemblea Tim, scoppia la pace tiepida Elliott-Vivendi

Imagoeconomica

“Auspico che si superino le divisioni e che il socio Vivendi riveda la propria posizione”. Apre con queste parole l’assemblea dei soci di Telecom Italia l’amministratore delegato Luigi Gubitosi, e l’invito viene subito raccolto da Caroline Le Masne De Chermont, in rappresentanza del socio francese che detiene il 23,9% della tlc e che aveva fatto fissare all’ordine del giorno la votazione per la revoca di cinque consiglieri delegati: “Vivendi ha investito 4 miliardi in Tim ed è interessato a ristabilire una armonia, nell’interesse di tutti gli azionisti – ha detto De Chermont -. Avevamo solo chiesto un cambio di governance, non siamo qui per cambiare tutto. Vogliamo un board più indipendente e trasparente ma siamo pronti a raccogliere la richiesta dell’Ad Gubitosi”. La revoca dei consiglieri, inserita ai punti 6 e 7 dell’ordine del giorno e sulla quale l’assemblea ha deciso di soprassedere col 95,35% di voti favorevoli, non è stata dunque votata e il segnale distensivo è arrivato ben chiaro ai mercati: il titolo Tim, già subito dopo le dichiarazioni di Gubitosi e Vivendi, è schizzato in Borsa, dove è arrivato a toccare il 4% poco prima di mezzogiorno, oltre gli 0,56 euro per azione, chiudendo poi oltre il 2%.

“Siamo tutti molto soddisfatti, io il consiglio e gli azionisti perchè avete visto che si è deciso con una percentuale elevatissima, tutti i grandi hanno votato a favore di eliminare un tema di contenzioso e quindi oggi è stato un primo passo di una lunga marcia che faremo assieme”, ha commentato al termine dell’assemblea l’Ad Gubitosi, soprassedendo davanti ai giornalisti alla nemmeno tanto velata richiesta – da parte di Vivendi – di un rinnovamento del board in cambio della rinuncia a cambiare cinque consiglieri: “Non sono previsti cambiamenti nel board, che resterà in carica fino alla fine del 2021 come previsto”, ha tagliato corto il manager. La mossa di Vivendi era in realtà nell’aria già alla vigilia, visto che i francesi, pur essendo i principali azionisti di Telecom con quasi il 24%, banalmente non avevano i numeri per portare a casa il risultato auspicato, dopo essere stati messi all’angolo dalla scalata di Cdp, che nel giro di un anno ha raddoppiato la sua quota nel capitale della tlc, passando dal 4,9 all’attuale 9,89%.

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La Cassa Depositi e Prestiti ha così fatto pendere la bilancia a favore del fondo statunitense Elliott, che detiene il 9,5% e in assemblea contava già sull’appoggio dei fondi istituzionali esteri, su suggerimento dei proxy advisor Iss, Frontis e Lewis. Con la fine delle ostilità da parte di Vivendi, è saltata dunque anche la nomina dei cinque nuovi consiglieri, proposti alla vigilia dalla società transalpina e che sarebbero stati Franco Bernabè, Rob van der Valk, Flavia Mazzarella, Gabriele Galateri di Genola e Francesco Vatalaro. “Vivendi – aveva aggiunto l’Ad Gubitosi – ha moltissimo da dare a Telecom, spero si possa lavorare armoniosamente, dividersi ancora sarebbe sbagliato. La coesione migliorerà col passare nel tempo e sono convinto che si ristabilirà un clima di fiducia tra i soci”.

Nel suo intervento, Gubitosi ha accennato alla necessità di “una discontinuità nella gestione di Tim. Il 2019 sarà un anno importante, dobbiamo concentrarci sull’esecuzione del piano industriale. L’azienda deve tornare protagonista dell’innovazione, a incominciare dal 5G: Tim ha la storia e il knowhow per affrontare questa sfida. In questa direzione, della crescita e dell’innovazione, vanno l’accordo con Vodafone ma anche il confronto con Open Fiber per la rete e l’accordo raggiunto con i sindacati. Rimangono tuttavia tanti problemi, a partire dall’incremento dei costi, che dovranno essere tagliati”. Il piano di Gubitosi prevede di tornare alla piena redditività entro la fine del piano, nel 2021: l’Ebitda, nel 2018, è stato di 7,4 miliardi, praticamente dimezzato rispetto ai 13 miliardi del 2006, ultimo anno di gestione industriale italiana. L’indebitamento netto, che nel 2018 è stato ancora superiore ai 25 miliardi, dovrà ridursi tra due anni di almeno tre miliardi. Dopo la tregua incassata nel corso dell’assemblea, Telecom potrà finalmente approfondire il discorso della rete unica, già intavolato con Open Fiber, detenuta a metà da Enel e non casualmente a metà dalla stessa Cdp che ha contribuito a neutralizzare le velleità ostili di Vivendi e che ha nella nuova infrastruttura uno dei suoi obiettivi espliciti.

Articolo aggiornato alle ore 19 di venerdì 29 marzo.

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Categories: Finanza e Mercati