Conto alla rovescia per l’assemblea delle Generali. Domani, 24 aprile, a Trieste si terrà l’assise chiamata a rinnovare i vertici della compagnia. Tre le scelte possibili per gli azionisti: la lista di Mediobanca, primo azionista con il 13,1% del capitale, quella di Caltagirone e quella di Assogestioni. E se secondo le previsioni appare probabile che a vincere questa prima manche sarà proprio Piazzetta Cuccia con la riconferma dell’accoppiata Philippe Donnet-Andrea Sironi alla guida delle Generali, sono ancora molti i nodi da sciogliere, tra cui il futuro della joint venture con Natixis e le possibili mosse – decisive – di Unicredit.
Assemblea Generali: le tre liste in lizza
Sono 12 i nomi contenuti nella lista di maggioranza depositata da Mediobanca, che de facto sostituisce quella del cda uscente. La lista prevede la conferma di 9 su 10 consiglieri in attualmente in carica ed è composta da: Andrea Sironi (candidato presidente), Clemente Rebecchini, Philippe Donnet (candidato amministratore delegato), Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Clara Hedwig Frances Furse, Antonella Mei-Pochtler, Patricia Estany Puig, Umberto Malesci, Alessia Falsarone, Elena Vasco e Giorgio Valerio.
Caltagirone punta invece su una lista di minoranza ma lunga, composta da 6 nomi. Apre Flavio Cattaneo, attuale numero uno dell’Enel, seguito a ruota da Marina Brogi, Fabrizio Palermo (amministratore delegato di Acea ed ex di Cdp), Ines Gandini, Stefano Marsaglia e Tiziana Togna. Per Cattaneo, Brogi e Marsaglia si tratta di una riconferma. In relazione alla nomina del sindaco supplente, sempre all’assemblea di Generali del 24 aprile, VM 2006 del gruppo Caltagirone ha indicato Annalisa Firmani.
Infine c’è la lista dei gestori di Assogestioni messa a punto da Eurizon, Fideuram, Poste, Anima, Mediolanum, che vede come capolista l’economista Roberto Perotti, seguito da Francesca Dominici, Annelise Sacks e Leopoldo Attolico.
Generali: tutti i numeri dell’assemblea
In base ai depositi delle azioni in vista del voto si prevede un’affluenza molto elevata, sopra il 70%, un livello simile a quello visto tre anni fa, quando a scontrarsi furono la lista del Cda e quella di Caltagirone: vinse la prima, mentre la seconda ottenne tre posti in consiglio.
Numeri alla mano, tenendo conto che la lista dell’immobiliarista romano potrà contare sul 6,92% del gruppo Caltagirone e sul 9,93% del gruppo Del Vecchio, per vincere la lista di Mediobanca avrà bisogno di circa il 34% dei voti e in questo contesto occorrerà vedere cosa decideranno di fare i grandi fondi – tra i quali BlackRock, Vanguard e Norges Bank – che hanno attualmente in mano il 32% del capitale del Leone. Secondo le previsioni, potrebbero decidere di seguire le raccomandazioni dei due proxy advisor Iss e Glass Lewis, votando per la lista di Piazzetta Cuccia. Per il momento ad esporsi è stato solo il fondo sovrano norvegese, che detiene una quota intorno all’1,5% del colosso assicurativo, e che ha deciso di scegliere la continuità, votando per la conferma di Donnet, Sironi e degli altri componenti dell’attuale cda.
Crt, Benetton e Unicredit decisivi
Ma a decidere come andrà l’assemblea saranno soprattutto i voti di Fondazione Crt (2% del capitale), Edizione della famiglia Benetton (4,8%) e soprattutto di Unicredit con la sua quota del 5,2% che però potrebbe essere già salita intorno al 10%. Il Ceo Andrea Orcel continua a mantenere il massimo riserbo e svelerà le sue carte solo nel corso dell’assemblea, tenendo conto sia degli ultimi sviluppi relativi all’Ops su Banco Bpm – con il via libera condizionato del Governo all’operazione e le critiche di Piazza Gae Aulenti alle prescrizioni ricevute – sia delle possibili, future intese tra Unicredit e il Leone su bancassurance e asset management.
Il botta e risposta Caltagirone-Donnet e il nodo Natixis
In attesa che si alzi il sipario sull’assemblea, continua il botta e risposta a mezzo stampa tra Francesco Gaetano Caltagirone e Philippe Donnet sulla partnership nell’asset management con i francesi di Natixis. L’accordo tra le Generali e Bpce, infatti, è stato sin da subito criticato dall’immobiliarista romano, suscitando anche perplessità all’interno del Governo.
Pochi giorni fa, in un’intervista al Sole 24 Ore, Caltagirone ha ribadito che “Generali dopo l’affaire Natixis sarà una società diversa e gli effettivi centri decisionali si trasferiranno altrove”. Secondo lui, “sarà impossibile esercitare una effettiva selezione e il controllo sugli investimenti”. “Non capisco perché il management non abbia cercato di fare progetti congiunti con partner italiani”, ha aggiunto l’immobiliarista romano, sottolineando che, in vista dell’assemblea del prossimo 24 aprile, la lista presentata per il rinnovo del Cda, “è di minoranza e non suggerisce nomi per il governo della società ma è sufficientemente lunga per chiedere agli azionisti di bloccare lo sciagurato progetto Natixis”.
Donnet ha risposto sulle pagine del Corriere, difendendo l’operazione e sostenendo che se il governo utilizzasse il golden power sul caso Natixis sarebbe “un peccato, un’occasione persa, ma ovviamente noi rispetteremmo le decisioni”. Secondo l’attuale numero uno del Leone, all’assemblea “si decide il futuro della compagnia, è una scelta tra una visione di Generali come public company e una visione di Generali in mano a soggetti privati con una visione diversa della governance”. “C’è un consiglio di amministrazione che viene proposto con un management che ha portato a termine con successo tre piani industriali, facendo crescere la capitalizzazione del gruppo da 15 a quasi 50 miliardi, e che ha presentato un nuovo piano molto ambizioso, convincendo il mercato. In un contesto normale non ci sarebbe nessuna discussione”, ha concluso Donnet, considerando strumentali i paventati pericoli sulla difesa del risparmio italiano.