L’ultima rissa da osteria della politica estiva ha riguardato la sorte dell’assegno unico universale (AUU) dopo i rilievi di Bruxelles. La Commissione ha ritenuto non siano compatibili con il diritto dell’UE due condizioni per l’erogazione della misura di sostegno alla famiglia e alla natalità: la residenza in Italia da due anni e la convivenza dei figli in Italia. Secondo la Commissione questi requisiti costituiscono una discriminazione nei confronti dei lavoratori mobili dell’UE. Uno dei principi fondamentali dell’UE è quello della parità di trattamento delle persone, senza distinzioni basate sulla nazionalità. Secondo questo principio di base, i lavoratori mobili dell’UE che contribuiscono allo stesso modo al sistema di sicurezza sociale e pagano le stesse tasse dei lavoratori locali hanno diritto alle stesse prestazioni di sicurezza sociale. In base al principio della parità di trattamento, i lavoratori mobili dell’UE che lavorano in Italia ma non sono residenti in Italia, quelli che si sono trasferiti solo di recente in Italia o quelli i cui figli risiedono in un altro Stato membro dovrebbero beneficiare delle stesse prestazioni familiari concesse agli altri lavoratori in Italia. Inoltre, il principio dell’esportabilità delle prestazioni previsto nel regolamento relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale vieta qualsiasi requisito di residenza ai fini della percezione di prestazioni di sicurezza sociale quali le prestazioni familiari.
Bruxelles deferisce l’Italia: polemiche sull’Assegno Unico
La Commissione, pertanto, ha inviato una lettera di costituzione in mora all’Italia nel febbraio 2023, cui ha poi fatto seguito un parere motivato nel novembre 2023. Poiché la risposta dell’Italia non ha tenuto sufficientemente conto dei rilievi della Commissione, quest’ultima ha deciso di deferire il caso alla Corte di giustiziadell’Unione europea, concedendo all’Italia due mesi per adempiere.
Evidentemente nell’avviare un primo esame dei contenuti del disegno di legge di bilancio, gli sherpa hanno posto il problema delle modifiche da apportare e delle coperture da garantire in ragione dei maggiori oneri che l’adeguamento alle contestazioni di Bruxelles comporterebbe. Un importante quotidiano ha trovato argomenti per denunciare l’intenzione del governo di voler cancellare l’AUU, sollevando il polverone di giornata e costringendo il governo ad una decisa smentita con l’intervento diretto di Giorgia Meloni. Nella serata i talk show in versione estiva (si va oltre il biennio considerato dall’Inps) si sono gettati a pesce sulla notizia. Gli esponenti dell’opposizione, fiancheggiati dai giornalisti di area, al cospetto di una smentita così netta non avevano argomenti per insistere, salvo menare il can per l’aia su altre questioni e mettere in dubbio la buona fede del governo (‘’staremo a vedere, ma non ci fidiamo’’). Gli esponenti della maggioranza e gli ospiti ‘’amici’’ hanno avuto buon gioco a protestare per la diffusione di una fake news su di un tema che riguarda milioni di persone.
La UE detta le regole: l’Italia deve adeguarsi, piaccia o no
Nella valutazione dell’Upb il costocomplessivo dell’introduzione dell’AUU per il 2023 si attestava a poco più di 18 miliardi, di cui circa 6 di risorse aggiuntive rispetto a quelle in precedenza erogate, in linea con quanto indicato nella Relazione tecnica del provvedimento. La misura secondo l’Upb avrebbe riguardato quasi 7,3 milioni di nuclei familiari e 10,8 milioni di figli e apportato un beneficio medio per nucleo di poco più di 1.000 euro (quasi 700 per figlio). Di fronte a queste platee di interessati è facile immaginare lo sconquasso che può determinare una forzatura giornalistica. Ma i sostenitori del governo hanno messo in mostra un’enorme coda di paglia, attribuendo la responsabilità di un riesame dell’AUU ai rilievi della Commissione europea per il suo zelo pro-migranti e convalidando l’eventuale insostenibilità finanziaria di un allargamento della platea se si dovessero seguire le indicazioni europee. A nessuno è venuto in mente che le prescrizioni per l’AUU sono le stesse che valgono per tutte le prestazioni sociali. Quindi alle indicazioni di Bruxelles occorre adeguarsi. Non è la prima volta che il governo viene preso in castagna o dalla Consulta o Dalla Ue su provvedimenti assunti in chiave di diverso trattamento per i lavoratori stranieri.