L’indice regionale asiatico è precipitato ai minimi delle ultime tre settimane, il petrolio è calato e le valute dei Paesi emergenti e quelle legate alle materie prime si sono indebolite su rinnovate preoccupazioni riguardo l’economia cinese. L’oro è avanzato (+0,6%) e il rame è stato trattato ai minimi dal luglio 2010.
L’indice MSCI Asia Pacific calava dell’1,4% alle 10:57 a Tokio, avviandosi verso la peggior chiusura dal 20 febbraio. Lo yen era a 102.90 sul dollaro dopo aver guadagnato terreno rispetto alle maggiori valute internazionali.
La maggior parte dei titoli asiatici si è indebolito dopo che la sospensione dei bond di Baoding Tianwei Baobian Electric, società quotata a Shanghai, – a una settimana dal primo default onshore cinese della Shanghai Chaori Solar Energy Science & Technology – ha alimentato dubbi sul mercato finanziario cinese. Allo stesso tempo dati deludenti sul fronte dell’economia della seconda potenza mondiale ha scatenato sconquassi nel business dei metalli.
“Gli investitori si sono affrettati verso rifugi sicuri in un momento di grande ansia per la stabilità del mercato finanziario cinese” commenta Tony Farnham, analista di Patersons Securities a Perth. La crisi ucraina “continua a ribollire sotto la superficie, come un vulcano”.
L’indice Hang Seng Index è scivolato dell’1,6% e l’Hang Seng China Enterprises si avviava completare la maggior perdita giornaliera dal 4 febbraio scorso a Hong Kong. Lo Shanghai Composite era ai minimi da luglio. Tutti i 33 gruppi industriali del Topix erano in arretramento. Il Nikkei 225 Stock Average perdeva il 2,2 per cento. Il S&P/ASX 200 Index australiano (l’Australia è il maggior partner commercial cinese) scivolava dell1,1%, mentre il Kospi sudcoreano lasciava sul terreno l’1,2 per cento.