Patrizio Rossano
Completiamo questa sorta di “trilogia” dei gesti che il coronavirus vorrebbe sottrarci.
Una calorosa stretta di mano da sempre ha suggellato patti e confermato amicizie, stretto relazioni, manifestato affetti e sentimenti al pari e insieme agli abbracci e ai baci, come abbiamo scritto nei precedenti articoli su FirstOnLine e FirstArte. Il Covid vorrebbe privarci anche di questa fondamentale manifestazione di contatto fisico tra gli individui attraverso le mani. La ”distanza sociale” insieme all’uso delle mascherine e dei guanti mira al cuore della geometria della vicinanza, del contatto fisico dove transitano sentimenti e pensieri.
Una sola immagine vale per tutte: le dita che si sfiorano, si avvicinano nella Creazione di Adamo nel Giudizio Universale dipinto da Michelangelo nella Cappella Sistina. Un simbolo, un segno, un’icona della vita che si appresta a sorgere: da quel contatto tra le due mani, tra gli indici, che sta per avvenire e che poi avverrà, discenderà l’umanità intera. Le mani dunque come estensione del senso mistico e sacrale, come strumento essenziale della trasmissione del significato di appartenenza ad una collettività: con l’imposizione delle mani si accede ai Sacramenti e con le mani giunte si prega. Sono dunque gesti e linguaggi di significativa universalità che interessano diverse religioni e culture in ogni parte del mondo.
Le mani nella storia dell’arte occupano una posizione del tutto particolare. È molto probabile che il primo tratto “artistico” sia stato l’impronta di una mano su una roccia lasciata da uno nostro antico antenato, forse del tutto inconsapevole dell’enorme significato simbolico che avrebbe rappresentato. Da allora in poi, le mani costituiscono lo “strumento” fondamentale attraverso il quale prima l’essere umano e poi l’artista fa prendere forma ad una scultura o un dipinto. Lo studio delle mani e delle sue capacità espressive, è divenuta in Occidente e in piena era moderna una scienza, la chirologia, che ha visto nel 1640 la realizzazione del primo trattato sul linguaggio delle mani ad opera di John Bulwer.Eppure non è sufficiente avere “buone mani” per realizzare un’opera d’arte, occorre qualcosa di più. Michelangelo in una sua famosa lettera ha scritto che “si dipigne col ciervello et non con le mani”.
Nella scultura, già i romani sapevano bene quanto le mani potessero veicolare simbolicamente messaggi sociali, culturali e politici fondamentali. Sufficiente ricordare il dito indice levato della statua di Costantino (quello che Svetonio chiamava digitussalutaris ) poi ripreso in epoca moderna dalla statua di Maurizio Cattelan (in questo caso il medio) posta di fronte a Piazza Affari di Milano.
Sarà forse per primo Michelangelo, con le sue mani del David, del Mosè come pure della Pietà a renderle tangibilmente plastiche non tanto e non solo come una semplice estensione del corpo umano quanto più per i diversi sentimenti che attraverso esse si intendevano comunicare. Dopo di lui, nella scultura classica ci limitiamo a citare Bernini del gruppo dei quatto fiumi a Piazza Navona con la sua famosa mano levata verso la facciata della chiesa di S.Agnese che si temesse potesse cadere; Canova che alla postura delle mani dedicava significativa attenzione e, infine, Auguste Rodin che proprio alle mani ha dedicato tante opere importanti.
Altro capitolo importante che interessa le mani nella storia dell’arte si riferisce al disegno e alla pittura. Si può iniziare con Leonardo e i suoi studi di anatomia che lo hanno portato a realizzare alcuni dei suoi capolavori più importanti dove le mani sono al centro della scena: dalla Dama con l’Ermellino al SalvatorMundi. Secoli di capolavori ci portano verso le opere di Albrecht Dürer, forse il più noto e affermato “studioso” delle mani, passando per Van Gogh con il suo “Studio di mani” fino ad Henry Moore con la sua opera “Le mani dell’artista”. Da non dimenticare lo studio delle mani di Moravia realizzato da Renato Guttuso.
Infine, necessario ricordare le mani nella grafica (uno su tutti: Le mani che disegnano di Escher) come pure nella grafica segnaletica e le mani nella fotografia costituiscono paragrafiimportanti dove avviene la sintesi di una parte del corpo umano con il messaggio che trasporta. A proposito di messaggi, una nota finale su “Le mani sulla città” di Francesco Rosi, un film del 1963 dove si evidenzia con la metafora delle mani tutto il perverso intreccio tra politica e morale.