L’arte in ogni epoca è sempre stata espressione di influenza e di provocazione sia sociale che politica, capace di caratterizzare anche profondamente ogni movimento artistico-sociale che si è presentato in ogni civiltà.
Spesso è stata usata per diffondere una nuova conoscenza come nel tentare di esprimere il proprio potere economico; vedi i grandi artisti al servizio dei potenti del periodo in cui vivevano, dai Papi alle grandi Signorie che detenevano il comando di molte città, fino ai nostri tempi. Un esempio più contemporaneo è la Street-art, diventata la dichiarazione pubblica di un disagio sociale e politico fino e conquistare i collezionisti di ogni parte del mondo. Un collezionismo disposto a pagare grandi cifre per accaparrarsi uno “strappo” di un muro sbiadito dal sole e rovinato dalla pioggia.
Ed è così che l’arte sente sempre più il bisogno di sostenere qualcosa che ci unisce tutti. In primis l’ambiente, al fine di garantire la sopravvivenza di ogni essere vivente presente. Uomo, natura e animali. Da qui la decisione di FIRSTarte di aprire una pagina esclusivamente dedicata all’ambiente dove vengono trattati temi quali ecologia, inquinamento e il degrado ambientale, intersecando il loro significato nell’arte, nella cultura e nella società contemporanea. Eventi culturali e argomenti su temi ambientali e di sviluppo sostenibile. Ma è anche un luogo di opinioni, confronti e dibattiti con l’obiettivo di rispettare le leggi morali, l’ambiente e i diritti dell’uomo.
L’arte ha sempre avuto un ruolo in questo contesto, e a tale proposito, colgo l’occasione per raccontare una bella storia, dove un’artista spagnolo, dal nome César Manrique, con la sua passione di conciliare il progresso con il rispetto dell’ambiente, ha saputo trasmetterci una straordinaria lezione di vita.
César Manrique (Arrecife, 24 aprile 1919 – Teguise, 25 settembre 1992) è stato un artista spagnolo. Parlava con passione della rude e vergine bellezza della sua isola, Lanzarote, fonte dei suoi impulsi artistici e spirituali. L’esempio più significativo del suo stile organico è rappresentato da una architettura, il Mirador del Rio, un luogo destinato a ristorante posto all’estremità settentrionale dell’isola. Un’opera tutta incastonata nella roccia con un unico elemento visibile all’esterno, una vetrata. Si ricorda che al termine dei lavori, gli operai dovettero ricollocare al loro posto ogni roccia, ogni pietra superficiale, perfino i licheni che crescevano sulle stesse furono religiosamente conservati.
Il suo piano di sostenibilità tra arte, architettura e ambiente prevedeva la creazione di speciali centri di osservazione, tagli da consentire ai turisti di penetrare un ambiente primitivo che diversamente li avrebbe respinti. Decise così di iniziare da Los Jameos del Agua, una grotta sotterranea a nord di Arrecife.
Sotto la sua direzione vennero ripuliti dai detriti sia l’accesso alla grotta che allo specchio d’acqua, mentre gli operai sistemarono al soffitto della grotta vasi pensili riempiti di piante, piantarono cactus e costruirono una grande e solida scala. Le nere pareti non vennero toccate, l’unica nota di colore proveniva dai cuscini arancione posti nell’ambiente. Mentre i granchi continuavano a proliferare.
Quando Los Jameos venne inaugurato nel 1966 tutti gli isolani erano entusiasti e consapevoli che l’ingegno di Manrique avrebbe portato fortuna a tutti loro. In seguito, l’artista si dedico a ripristinare la bellezza di ben 50 città e villaggi dell’isola.
L’architettura popolare però, originata dai coloni spagnoli stava scomparendo, soffocata da un guazzabuglio di stili moderni di cattivo gusto, dove i colori preferiti erano violenti rossi, blu e verdi. Con frequenti visite in tutta l’isola, egli convinse gli abitanti dei villaggi che il loro stile di costruzione era un valore da preservare. Ed è così che non solo gli abitanti ma anche gli imprenditori furono incoraggiati a rispettare ambiente e tradizione.
Di qui, l’effetto “Lanzarote”: muri spessi e senza finestre che racchiudevano patios interni per proteggerli dai venti, tetti bassi a terrazza per raccogliere l’acqua piovana, ancora volta ritornò ancora una volta il colore in tutte le case.
Con la stessa cura e attenzione per l’ambiente, egli progettò – in sintonia coi colori della lava che traversavamo la nota zona di Montanas del Fuego, dove 33 crateri avevano eruttato dal 1730 al 1736 – una strada per offrire ai turisti di visitare i luoghi dove la forza della natura aveva contribuito a fermare il tempo per sempre.
Infine uno dei suoi ultimi contributi alla valorizzazione dell’isola fu la creazione del Museo internazionale d’arte moderna e contemporanea, aperto nel 1976 nel Castello di San José, una fortezza del XVIII secolo nei pressi del porto di Arrecife. E infine, con la sua abilità creativa ha appeso dipinti moderni alle nude pareti di lava.
Nel 1978, l’artista ricevette il Premio ecologia e turismo che gli scrittori di viaggi della Germania Occidentale assegnavano ogni anno alla personalità che più si è distinta nella protezione del proprio ambiente.
Ecco come la sostenibilità verso l’ambiente ha trasformato l’isola di Lanzarote in un’opera di due maestri “Dio e Manrique”.
L’arte può essere una benedizione per ogni luogo della terra. Questo consiglio, se ascoltato, potrà salvare molte delle più belle creature di Dio, da una futura è sempre più imminente distruzione.