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Arriva la stangatina delle addizionali Irpef, in attesa dell’Imu

A partire dal mese di marzo l’aumento dello 0,33% delle addizionali dell’Irpef regionale peserà sulle tasche di dipendenti e pensionati italiani – Alcune amministrazioni hanno già deliberato l’aumento delle addizionali comunali, consentite fino ad un massimo dello 0,8% – Da giugno via anche all’Imu, la nuova imposta sugli immobili che sostituirà l’Ici.

Arriva la stangatina delle addizionali Irpef, in attesa dell’Imu

L’arrivo della primavera, oltre a portare con sé i primi caldi e giornate più lunghe, alleggerirà le tasche di dipendenti e pensionati italiani. Le buste paga che arriveranno, canonicamente, il 27 del mese, oltre a dover far fronte ai continui rincari (soprattutto quelli di benzina e gasolio, il cui prezzo corre inesorabile), saranno anche un po’ più sottili, a partire da oggi.

Scatterà infatti per tutti, a fine marzo, l’aumento del prelievo sulle addizionali dell’Irpef regionale, che crescerà dello 0,33%. Le ulteriori trattenute varieranno, secondo i calcoli del Caf-Cisl nazionale (il Centro assistenza fiscale della Cisl), dai 51 euro all’anno dei dipendenti a reddito basso (1.200 euro lordi al mese) fino ai 137 dei dipendenti con stipendio da 3200 euro, passando, per sommi capi, attraverso i 73 euro annui dei lavoratori con 1.700 euro di stipendio e i 94 per quelli che ne che guadagnano 2.200.

All’aumento dell’Irpef regionale alcuni comuni hanno già aggiunto anche le addizionali comunali, come previsto  dalla manovra dello scorso Ferragosto che riconosceva alle amministrazioni comunali, a partire dai primi mesi del 2012, la possibilità di aumenti sull’Irpef comunali fino ad un livello massimo dello 0,8%.

Al momento sono poche le amministrazioni che hanno già deliberato tali aumenti (i cui effetti, in questi casi, si faranno sentire già nelle buste paga in arrivo), ma non c’è dubbio che, dato il profondo rosso in cui versano i bilanci dei comuni italiani, presto o tardi si adegueranno tutti.

Sempre secondo i calcoli di Caf-Cisl, nei comuni che hanno deliberato per un aumento dello 0,30% delle addizionali, come ad esempio Catanzaro, la trattenuta ulteriore aumenterà dai 47 euro all’anno per i dipendenti con reddito di 1.200 euro al mese (pere un totale, sommato alle addizionali regionali, di 98 euro) fino ai 125 euro per i lavoratori a reddito medio alto (per un totale di 262 euro l’anno).

Nel caso in cui, invece, come a Chieti, l’aumento sarà dello 0,135 per cento il totale annuo varierà dai 73 euro complessivi dei redditi più bassi ai 193 per i lavoratori di fascia medio alta.

I pensionati e i dipendenti dal reddito bassissimo scamperanno invece alla stangatina. Non pagando neppure l’Irepf principale, infatti, saranno esentati dal pagamento delle eventuali addizioni. Nello specifico si tratta di pensionati sino a 75 anni che guadagnano fino a 7.535 euro l’anno e quelli oltre 75 anni che guadagnano sino a 7.785 euro. I lavoratori, invece, saranno esenti sino a 8.030 euro.

Ma il peggio, per le tasche degli italiani, deve ancora arrivare. Il salasso vero e proprio, infatti, è atteso per giugno con il debutto dell’Imu (Imposta municipale unica), la nuova tassa sugli immobili che sostituirà l’Ici e coinvolgerà le prime case (1,5 per mille) e tutti gli altri immobili (3 per mille). Con l’introduzione di questa nuova imposta il governo si ripromette peraltro di affrontare una profonda riforma del catasto, che punti ad aggiornare i vecchi valori fiscali e che prevede il pagamento non più per vani catastali, ma per metri quadrati.

Tale riforma, inoltre, si pone come obiettivo primario, quello di creare una mappattura del territorio che tenga conto delle fluttuazioni del mercato immobiliare avvenute negli ultimi anni, appianando così le sperequazioni nella distribuzione del prelievo. Il risultato di tale mappatura sarà l’aumento del carico fiscale nelle grandi città e nelle località turistiche più rinomate e la sua proporzionale diminuzione in provincia e nelle periferie più degradate delle grandi città.

A tutto questo potrebbe aggiungersi, poi, a partire da ottobre, l‘assai temuto aumento di due punti percentuali dell’Iva, che passerebbe così dal 21 al 23%, ma resiste ancora la possibilità che, grazie sopprattutto alla spending review, il Governo non sia costretto a ricorrervi. Staremo a guardare.

 

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