Armi di distruzione di massa, eventi atmosferici estremi, disastri naturali, fallimento delle politiche di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici e crisi idriche sono i rischi che potranno generare più danni nei prossimi 10 anni secondo i risk manager a livello globale.
Gli indicatori economici principali suggeriscono che il mondo sta finalmente tornando in pista dopo la crisi globale scoppiata 10 anni fa, ma questo ottimistico quadro maschera continue preoccupazioni di fondo. Tra le nuove sfide la limitata potenza di fuoco delle policy in caso di nuova crisi, le interruzioni causate dall’intensificazione dei modelli di automazione e digitalizzazione e un accumulo di pressioni mercantiliste e protezionistiche in un contesto di crescente politica nazionalista e populista.
Queste alcune delle evidenze contenute all’interno dell’Executive Opinion Survey, il sondaggio alla base del Global Risks report realizzato ogni anno dal World Economic Forum (in collaborazione con Marsh & McLennan Companies e Zurich Insurance Plc) che ha coinvolto nel 2017 oltre 12.400 executive in 136 Paesi offrendo una prospettiva dei rischi a più alto impatto e più probabili su un arco temporale di 10 anni.
L’anno appena concluso caratterizzato da uragani ad alto impatto e temperature estreme, nonché il primo aumento delle emissioni di CO2 da quattro anni non fa che incrementare la percezione dei rischi ambientali per i risk manager di tutto il mondo. In linea con lo scorso anno, sono i rischi di scenario ambientale a dominare la classifica, con in vetta l’impatto che potrebbe avere l’utilizzo di armi di distruzione di massa.
Se tre anni fa i rischi economici e geopolitici come la disoccupazione, i conflitti internazionali e le crisi di Stato
occupavano i primi posti della classifica, oggi sono del tutto scomparsi lasciando il posto a rischi naturali e tecnologici. Crescono soprattutto i rischi legati alla sicurezza informatica, sia nella loro prevalenza che nel loro potenziale disruptive. Gli attacchi contro le imprese sono quasi raddoppiati in cinque anni e gli incidenti che un tempo sarebbero stati considerati straordinari stanno diventando sempre più comuni.
“I risk manager italiani, come i loro pari in tutta Europa, sono preoccupati per l’aumento apparentemente infinito dell’incertezza su scala globale” dichiara Alessandro De Felice, presidente di Anra. “L’economia italiana è una delle più grandi in Europa e dipende in larga misura dal commercio internazionale, è ovvio quindi che l’annuncio costante di barriere commerciali e misure protezionistiche da parte dei leader dei vari Paesi rendano lo scenario sempre più mutevole e complicato da affrontare. Oltre a questo, davanti a noi troviamo enormi sfide strategiche poste dalla trasformazione dell’economia causata dall’aumento delle nuove tecnologie e dai modi fondamentali di fare impresa che obbligano a ripensare radicalmente la gestione del rischio in azienda ed a espandere il campo delle conoscenze”.
“Se da una parte – dice ancora De Felice – è evidente la correlazione tra alta probabilità ed elevato danno potenziale legato al rischio ambientale, non sorprende che a livello globale vi sia una commistione di pericoli tecnologici ed economici, come geopolitici e sociali. I risk manager oggi si trovano ad affrontare problematiche trasversali ma spesso il mercato assicurativo risponde ancora con offerte piuttosto standard che rappresentano una parte relativamente ristretta delle soluzioni necessarie per finanziare questi enormi rischi. Tutti i player del settore devono tendere nel prossimo futuro a soluzioni di trasferimento del rischio che siano rilevanti, a prezzi adeguati e che possano essere idealmente incluse nella copertura esistente e non trattate come prodotto separato”.
Nella maggior parte delle aree del mondo i dirigenti hanno evidenziato come siano ancora gli eventi atmosferici estremi e le armi di distruzione di massa i rischi maggiori, con una crescita dei rischi legati ai cyber-attacchi e al rischio di frodi online, al terzo e quarto posto nella classifica in cui fino a 12 mesi prima non comparivano nemmeno. Ma i trend differiscono notevolmente tra le varie aree del mondo, in particolare nel Nord America e nell’Unione Europea, dove la crisi ha colpito in modo più severo. Nonostante i rapidi miglioramenti registrati in Europa dal 2013, infatti, la regione rimane particolarmente esposta ai problemi della disoccupazione giovanile: in media, i giovani in Europa rimangono con molto più probabilità di essere disoccupati rispetto alle loro controparti o in Nord America o nei Paesi emergenti e questo, in particolare in Grecia, Spagna e Italia ha portato alla crescita di rischi di tipo socio-economico che non sono rappresentati dalla media globale.