E’ stata una vittoria assoluta. Il Governo di Cristina Fernanández de Kirchner ha concluso la tanto criticata mossa di nazionalizzare il 51% della compagnia petrolifera spagnola Repsol-Ypf. Dopo il parere favorevole del Senato della scorsa settimana, ieri anche la Camera dei Deputati argentina ha approvato il decreto. Sono stati 207 i sì, e solo 32 i voti contrari. E’ andata anche meglio di quanto non ci si aspettasse.
Il trionfo del Governo si dava per atteso e di fatto governatori, sindaci, filosofi, artisti e perfino le madri di Plaza de Mayo sono stati invitati sul palco pubblico per celebrare la vittoria dello Stato contro le prepotenze della multinazionale spagnola. Ma il resto del mondo si divide tra chi ritiene che ogni Stato possa legittimamente appropriarsi delle proprie risorse strategiche e chi invece accusa la Kirchner di essersi mossa in modo scorretto.
L’Unione europea per prima si è schierata contro il paese sudamericano, sostenendo la Spagna, e quindi Repsol nella richiesta di un equo risarcimento. Gli Stati Uniti non si sono espressi direttamente, ma hanno dato il loro appoggio all’Ue. Il Perù e la Colombia, che insieme al Cile negli ultimi anni sono i Paesi che in America latina seguono maggiormente una politica economica più liberalista, si sono affrettati a condannare la mossa della Kirchner, sottolineando che gli investitori stranieri non devono temere per le proprie imprese in quei paesi.
Di tutto altro colore le felicitazioni di Chavez, dell’Ecuador e la volontà del Brasile di non imporre sanzioni al suo vicino. Inoltre aumenta sempre più il numero di commentatori sulla stampa internazionale che difende la mossa della “Presidenta”, di cui si biasima il modo volutamente populista e troppo affrettato in cui ha agito, ma non il fatto in sé.