La cura Milei divide sempre di più l’Argentina. Il presidente, appena insediato, ha subito svalutato il peso, portando ad un’impennata dell’inflazione e ad un cambio col dollaro di giorno in giorno più inaccessibile per i ceti più bassi. Immediate sono partite le proteste, subito però sedate da misure repressive che hanno portato le forze di polizia a presidiare letteralmente le strade del Paese, in un clima alquanto sinistro che a qualcuno ha ricordato i regimi autoritari del passato.
In tutto questo, tramite decreto e dunque senza passare dal Parlamento, dove del resto Milei non ha la maggioranza, il presidente ha lanciato le prime, discussissime riforme: limitazione del diritto allo sciopero, piano di privatizzazioni delle imprese statali e riforma del lavoro. Per far fronte al malcontento e alla oggettiva difficoltà per milioni di argentini di pagare le spese basilari, come cibo, affitto, utenze Milei ha anche varato una formula curiosa, spiegata su X dalla ministra delle Relazioni Esterne Diana Mondino: gli argentini, a partire dalla settimana tra Natale e Capodanno, quando entrerà in vigore il decreto, potranno firmare contratti, compreso ad esempio quello d’affitto, concordando come forma di pagamento qualsiasi tipo di moneta, anche Bitcoin, o persino in cambio di chilogrammi di carne o di litri di latte.
I dettagli del decreto Milei
“Il debitore dovrà consegnare la quantità di alimento corrispondente al valore della valuta prescelta, anche se questa non dovesse essere di uso legale nella Repubblica argentina. Salvo ovviamente accordi contrattuali contrari”, ha chiarito sul social una volta chiamato Twitter la ministra Mondino. Immediate si sono scatenate le polemiche e le ironie dei cittadini sui social network:
“È un ritorno al Medioevo, finiremo per pagare le tasse con le galline”, è il tenore di diversi commenti alla notizia confermata da Mondino, che prima di diventare ministra è stata dirigente di banche e imprese private, quindi secondo la narrazione scelta da Milei ha tutto il background necessario per guidare una “rivoluzione” che il presidente argentino non ha esitato a paragonare, relativamente agli effetti sul proprio Paese, alla caduta del Muro di Berlino. La curiosa iniziativa va infatti nella direzione di una liberalizzazione totale dell’economia: altro che dollarizzazione, si accetta di tutto, dalle criptomonete allo scambio di generi alimentari, passando ovviamente per l’euro, che sta iniziando a diffondersi di più grazie al turismo, e allo yuan, che già da qualche mese viene scelto dalle aziende argentine per farsi pagare i prodotti esportati in Cina.
I problemi sociali della liberalizzazione dell’economia
La liberalizzazione totale però, se da un lato può aiutare l’economia a disincagliarsi, crea indubbi problemi di tutela sociale: ad esempio, lamentano legittimamente le opposizioni e le associazioni di inquilini, la riforma Milei non prevede un termine minimo per il contratto di affitto, a protezione dell’abitante. Questo significa che possono essere firmati contratti di poche settimane o addirittura pochi giorni, rinnovati di volta in volta ma con la possibilità nel frattempo di sfrattare l’inquilino.
Il decreto entra in vigore prima della fine dell’anno, a meno di tre settimane dall’insediamento. Milei non sta perdendo tempo, ma non è ancora chiaro se la sua terapia d’urto in qualche modo scuoterà l’Argentina, o se invece la farà sprofondare ancora di più.