Persino un visionario e soprattutto ricchissimo principe arabo può avere qualche sassolino nella scarpa di questi tempi. Mohammed bin Salman (Mbs) principe ereditario, nonchè primo ministro dell’Arabia Saudita, inizia a vedere qualche crepa nel suo faraonico progetto Neom e nella creazione di The Line, e ha deciso di ridimensionare i suoi sogni. I motivi sarebbero legati sia a un tema di tempi di esecuzione sia a una maggior prudenza finanziaria. Ma quali potrebbero essere le ripercussioni sulle aziende italiane più coivolte nel progetto ? Il parere degli analisti.
Neom, voluta fortemente da bin Salam per diversificare l’economia dalla dipendenza dal petrolio, è al centro delle riforme economiche indicate nel “Vision 2030”, il piano di ammodernamento in aperta concorrenza con le altre metropoli del Golfo. Come è noto, si tratta di un luogo costruito ex novo nel deserto affacciato sul mar Rosso, dove tutto deve essere ecosostenibile e raggiungibile a piedi in cinque minuti, ma con la possibilità di spostarsi da un estremo all’altro in 20 minuti su un treno ad alta velocità. I piani includono una città industriale, porti e infrastrutture turistiche, oltre a ospitare nel 2029 i Giochi Asiatici invernali in una località montana chiamata Trojena.
I ritardi per la realizzazione di The Line e i primi licenziamenti
Lo sviluppo di The Line, al confine tra Egitto e Giordania, doveva avvenire in più fasi fino a coprire un tratto di costa lungo circa 170 km. La prima fase si doveva concludere nel 2026 e arrivare a contare tra 1,5 e i 2 milioni di abitanti nel 2030, per toccare quota nove milioni nel 2045. Invece, ora si stima che accoglierà meno di 300.000 persone entro lo stesso periodo, con soli 2,4 km del progetto completati rispetto ai 170 km previsti. Ciò ha portato alcuni appaltatori a licenziare una parte dei lavoratori dei cantieri, secondo quanto riportato da Bloomberg.
Pif alla ricerca di altri modi per raccogliere fondi
Nel frattempo il fondo sovrano saudita non ha ancora approvato il bilancio di Neom per il 2024 e i livelli più alti del governo iniziano a essere preoccupati che i trillioni di dollari di investimenti abbiano una effettiva sostenibilità ed efficacia. I funzionari di settore hanno già annunciato che alcuni dei progetti slitteranno oltre il 2030. È necessario un periodo più lungo per “costruire fabbriche e risorse umane sufficienti” aveva detto il ministro delle Finanze Mohammed Al Jadaan qualche settimana fa. “Il ritardo – ha aggiunto – o piuttosto l’estensione temporale di alcuni progetti servirà all’economia”. Il Public Investment Fund (Pif) sta valutando una serie di opzioni per raccogliere liquidità, inclusa l’emissione di bond e un’offerta di azioni delle società in portafoglio, ha riportato Bloomberg News. Le riserve cash del fondo sovrano sono scese a 15 miliardi di dollari al settembre, il livello più basso dal 2020. Nel 2022, il principe ereditario ha dichiarato che la prima fase di Neom dovrebbe costare 1.200 miliardi di riyal (320 miliardi di dollari) entro il 2030. La metà di questa cifra dovrebbe provenire dal Pif, nelle mani del “sovrano di fatto” bin Salman.
Le società italiane più coinvolte nel progetto Saudita
Quali società italiane saranno più coinvolte da un ridimensionamento del progetto? Ecco le principali, individuate dagli analisti. Tecnogym, leader nel settore del fitness e del benessere, è coinvolta in diversi aspetti chiave del progetto Neom, come lo sport, la salute e il turismo, sottolineano gli analisti di Equita sim. Inoltre ha una relazione diretta con Neom Investment Fund, il fondo strategico d’investimento creato per supportare lo sviluppo di Neom, titolare del 6% del capitale (acquistato a fine novembre 2023). “Technogym è già coinvolta nella fase di consulenza e progettazione, e ci aspettiamo che mantenga un ruolo privilegiato anche nella fase esecutiva, con la fornitura dell’attrezzatura”, prevedono gli analisti di Equita, non vedendo impatti dalla notizia dal momento che gli obiettivi iniziali apparivano comunque piuttosto ambiziosi e che il progetto rimane un driver visibile e di medio/lungo periodo a supporto delle crescite di Technogym nell’area del Medio Oriente (il 10% del fatturato totale).
Webuild e Trevi Finanziaria Industriale sono attive in Arabia Saudita nel settore delle costruzioni. Webuild ha 5,5 miliardi di euro di ordini o 10% del backlog (portafoglio ordini). Lo scorso gennaio Webuid ha comunicato l’aggiudicazione di un contratto del valore stimato di 20 miliardi di sar (5 miliardi di dollari) per costruire 3 dighe che creeranno un lago artificiale al centro del progetto Trojena di Neom. “A oggi l’esposizione di Webuild a The Line è limitata con l’ordine principale: vale 4,7 miliardi di dollari che riguarda lo sviluppo di Trojena dove pensiamo si concentreranno gli investimenti nel breve dato che sarà l’area che ospiterà i giochi asiatici invernali 2029”, affermano gli analisti di Equita.
Invece Trevi Finanziaria Industriale è coinvolta nello sviluppo di The Line in quanto principale contractor per la palificazione delle fondamenta. I lavori del gruppo sono i primi a essere realizzati nel progetto complessivo. In più, tra fine 2023 e inizio 2024 la società ha vinto un importante ordine con altri tre lotti in assegnazione nel 2024. Inoltre Leonardo lo scorso febbraio ha annunciato la firma di un Memorandum of Understanding (MoU) con l’Arabia Saudita che contribuirà in modo significativo alla Vision 2030.
Equita ha un rating buy sia su Technogym sia su Webuild con target price, rispettivamente, a 10,80 euro e a 3 euro. A Piazza Affari la prima è a 8,82 euro in calo dello 0,28% e la seconda sale dell’1,42% 2,28 euro. Trevi segna 0,34 euro in rialzo dell’1,03% e Leonardo è a 23,66 euro in rialzo dell’1,68%.