La mela sfugge ancora al morso del Fisco. Nel 2013 Apple ha pagato le tasse in Italia come se non fosse una delle più gigantesche multinazionali del pianeta, ma una un’impresa come tante: secondo i numeri dei bilanci consultati dall’Ansa, le due controllate di Cupertino nel nostro Paese, Apple Italia e Apple retail Italia, hanno versato all’Agenzia delle Entrate poco meno di 8 milioni.
Qualcosa non torna, visto che nello stesso periodo il gruppo ha realizzato utili per 37 miliardi nel mondo e vendite per quasi 38 miliardi in Europa, mentre il fatturato prodotto dai 14 App Store in Italia ha raggiunto i 300 milioni di euro, il 20% in più rispetto ai 249 milioni dell’esercizio precedente.
Qual è il segreto di tanto risparmio? Semplice: da diversi anni Apple ha messo in piedi una struttura societaria che le consente di concentrare i profitti in Irlanda, dove ha concordato un’aliquota inferiore al 2%. Nonostante l’impennata dei ricavi, infatti, l’utile dei negozi italiani si è fermato a poco meno di 2,5 milioni di euro, principalmente a causa de i 220,7 milioni di costi pagati in Irlanda ad Apple Distribution International, fornitore dei prodotti Apple che riempiono gli scaffali dei negozi.
La Procura di Milano ha già aperto un’inchiesta per dichiarazione fraudolenta ai danni del colosso americano. In particolare, nel mirino della magistratura sono finiti due manager, accusati di dichiarazione fraudolenta. Secondo le accuse, solo nel 2010 e nel 2011 le strategie fiscali del gruppo avrebbero ridotto l’imponibile in Italia di oltre un miliardo di euro.
“La società ribadisce la piena fiducia nell’operato dei suoi dipendenti e amministratori e nella liceità della condotta”, si legge nel bilancio.