La Grande Mela ha stregato i mercati. Ieri il Ceo di Apple, Tim Cook, ha annunciato che, grazie ad una serie di nuovi investimenti e le spese previste con fornitori e gruppi manifatturieri Usa (stimati in 55 miliardi di dollari nel 2018), il colosso dell’iPhone stima di dare un contributo diretto all’economia Usa “superiore ai 350 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni”.
LA MELA RIMPATRIERÀ 38 MILIARDI NEL 2018
Cook ha rivelato che l’azienda di Cupertino (“già oggi il primo contribuente del fisco Usa”) riporterà negli States quest’anno 38 miliardi di dollari a seguito della riforma fiscale voluta da Donald Trump. Il Ceo della Mela, che creerà 20mila nuovi posti di lavoro altamente specializzati (e ben retribuiti) spiega così la decisione, la più importante nella storia del fisco (non solo Usa): “Apple è una storia di successo che non poteva che verificarsi in America… Crediamo fortemente nell’ingegnosità americana e ci stiamo focalizzando nelle aree dove si possono creare più posti di lavoro”.
Anche una delle aziende più ostili alla filosofia del presidente si avvia a collaborare in maniera formidabile ai piani di Trump.
IL GIAPPONE AI MASSIMI DAL 1991
Il vento del rialzo che soffia da Wall Street ha spinto le piazze asiatiche, in attesa della pubblicazione dei dati del Pil cinese del 2017. Il mercato azionario del Giappone, favorito anche dalla risalita del dollaro nei confronti dello yen, è in rialzo: indice Nikkei +0,3%, sui massimi dal 1991.
Salgono le Borse della Cina. Hong Kong +0,2%, indice CSI 300 +0,3%. Si mettono in luce soprattutto le banche, dopo che l’ufficio centrale di statistica di Pechino ha comunicato dati confortanti sul mercato immobiliare: i prezzi delle case sono saliti il mese scorso in 57 su 70 delle maggiori città del Paese.
La Borsa di Taipei è in rialzo dello 0,8%, quella di Seoul dello 0,3%, quella di Mumbai dell’1%.
IL DOW JONES BUCA I 26 MILA PUNTI, BOOM DELL’INDUSTRIA
Nuovi record per i mercati Usa. Ieri l’indice Dow Jones ha “bucato” in chiusura il muro dei 26 mila punti: +1,25%, a 26.115,65. In rialzo anche l’S&P 500 (+0,94%) e il Nasdaq (+1,03%).
Il dollaro rimbalza, apprezzandosi sulle principali controparti dell’Asia e nei confronti dell’euro è poco mosso a 1,220.
È stato migliore del previsto il dato sulla produzione industriale: in dicembre la crescita è stata dello 0,9%, dal -0,1% di novembre. Il Beige Book della Federal Reserve ha segnalato che l’economia cresce tra il “modesto” ed il “moderato”. Nei 12 distretti si è registrato un lieve incremento dei salari, una novità, rispetto alle edizioni del 2017.
VOLANO I RENDIMENTI DEI BOND, BOEING E IBM SUPERSTAR
I segnali di ripartenza dell’inflazione non sono passati inosservati. Il rendimento del Treasury Bill a 10 anni si è spinto a 2,58%, un livello che non si vedeva da marzo. Il biennale è salito a 2,04%, massimi dal 2007.
Numerosi gli spunti sul listino: Boeing +4,7%, spinta anche dalla jv con Adient, leader nella produzione di sedili per gli aerei.
In evidenza Ibm (+2,9%): in attesa dei conti Barclays ha alzato il giudizio a overweight. A guidare il rally anche i semiconduttori: Intel+2,6%, Texas Instruments +2,7%.
DELUDE GOLDMAN SACHS, TONFO DI FORD E GE
Non sono mancate le delusioni: Goldman Sachs -1,9%, anche per gli oneri finanziari iniziali legati alla riforma fiscale chiude in rosso per la prima volta dal 2011. Risultano in forte calo gli introiti per il trading felle obbligazioni. In ribasso per lo stesso motivo anche Bank of America (-0,2%).
In picchiata Ford (-7%) dopo i conti deludenti. Altro scivolone poi per General Electric (-4,7%). Il ceo John Flannery ha parlato della possibilità di fare a pezzi la società, quasi un anatema per chi negli ultimi vent’anni ha predicato il verbo dell’integrazione.
Il petrolio Brent è poco mosso, a ridosso della soglia dei 70 dollari, il greggio del Mare del Nord tratta a 69,5 dollari il barile. A Piazza Affari Saipem (-0,9%), Eni (-0,4%).
NUOVO BAGNO DI SANGUE PER IL BITCOIN
Non si ferma la frana del bitcoin, nel giorno in cui si chiudono i primi contratti future siglati a Chicago. La criptovaluta è scivolata addirittura sotto la soglia dei 10mila dollari per poi risalire a 10.900, con un calo del 48% rispetto ai massimi. I tracolli del genere non sono una novità: nel 2011 in soli cinque mesi il Bitcoin aveva perduto il 93%.
EUROPA, SOLO PIAZZA AFFARI NON È IN ROSSO
Si scalda il dibattito sui tempi e le modalità dell’uscita dell’Eurozona dalla Bce, su cui incombe, per ora, la forza dell’euro. In questa cornice, nonostante il clima politico sempre più caldo, la Borsa italiana chiude, seppur di poco, in terreno positivo.
L’indice Ftse Mib ha terminato la seduta a ridosso della parità a 23.514 (+0.08%). Vendite sulle altre piazze europee: Francoforte -0,47%; Madrid -0,44%; Parigi -0,36%; Londra -0,39%.
L‘incertezza sull‘esito delle prossime elezioni non dovrebbe pesare in maniera sostanziale sull‘economia italiana, che da tempo non attraversava una fase così favorevole; l‘importante è che non si facciano passi indietro rispetto alle recenti riforme strutturali. È questa la visione di S&P a meno di due mesi dal voto politico nel Paese.
S&P: ITALIA AVANTI, MA CI VUOLE CONTINUITÀ
Durante la conferenza stampa di presentazione delle prospettive 2018, il capo economista Emea dell‘agenzia di rating S&P Jean-Michel Six afferma: “Da quando faccio l‘economista ci sono elezioni in Italia, sempre incerte… ma l‘economia italiana ha sempre continuato ad andare avanti, magari più lentamente rispetto ad altri paesi, ma ha continuato”. Sul tema elezioni è intervenuto anche il country manager di S&P Roberto Paciotti, spiegando che “la questione chiave è avere una continuità”.
In deciso rialzo invece lo spread fra decennale italiano e tedesco: +3,25%, in area 150 punti base, con il rendimento del Btp 10 all’1,99%. A scandire la seduta sono stati i toni del dibattito ad una settimana dal direttorio della Bce.
In risposta alle sollecitazioni dei falchi, il numero due della Bce Victor Constancio si è voluto soffermare sulla forza dell’euro che non si accompagna alla ripresa dell’inflazione. È la mancata accelerazione dei prezzi al consumo, ha dichiarato il banchiere centrale, che rende necessario per l’istituto centrale proseguire con la politica monetaria espansiva.
BANCHE, NULLA DI FATTO NEL MEETING CON LA VIGILANZA BCE
Giornata di confronto tra i banchieri italiani e Danièle Nouy, responsabile della Vigilanza della Bce, sul tema delle sofferenze. Il risultato, a prima vista, è stato deludente: ciascuno è rimasto sulle proprie posizioni in vista della formulazione delle linee guida dell’addendum prevista nel prossimo marzo.
L’esito del summit, interlocutorio, era scontato e non ha influito sulla seduta: il paniere delle banche italiane ha chiuso a +0,46% meglio dello Stoxx di settore. Fanno eccezione le ex Popolari, le più sensibili al nodo dei non performing loans: Bper lascia sul terreno l’1,95%, Banco Bpm -1,09%, Ubi -0,55%. Salgono invece i Big: Unicredit +0,99%, davanti a Intesa (+0,46%). Su Mediobanca (+0,31%). Morgan Stanley ha ribadito la raccomandazione Overweight ritoccando il target price a 11,50 euro da 11,40 euro.
Prosegue nel gestito la corsa di FinecoBank (+0,42%): Banca Imi ha confermato il giudizio hold, con prezzo obiettivo a 8,3 euro sul titolo dopo l’Italian Equity Roadshow di Borsa Italiana a Londra. Si assesta Azimut (-0,3%).
Tra le assicurazioni si è spento nel pomeriggio in rialzo di Generali (-0,82%) in chiusura. Mediobanca ha confermato il giudizio Neutral spingendo però il target price a 17 euro da 16,0 euro identico a quello fissato da Ubs, che ha un giudizio più ottimistico: Buy. Su Unipol Mediobanca ha invece rafforzato la visione positiva portando il target price a 4,90 euro da 4,88 euro, confermata la raccomandazione Outperform. Da inizio anno il titolo guadagna l’11%.
MONCLER AI MASSIMI, SI RISVEGLIA LEONARDO
Moncler miglior titolo del listino principale con un rialzo del 3,14% a 26,24 euro, a un passo dal recente record storico a 26,58 euro.
Leonardo ha guadagnato l‘1,81% dopo che SocGen ha migliorato il giudizio a “buy” da “hold” con un target a 12 mesi a 14 euro, affermando che lo sconto rispetto ai concorrenti andrà a ridursi man mano che il mercato prenderà fiducia nel nuovo gruppo dirigente. Il gruppo approverà e presenterà il nuovo piano industriale il prossimo il 30 gennaio.
Fiat Chrysler ha chiuso in rialzo dello 0,43%. Secondo l’Acea, l’associazione dei costruttori di auto, per l’Europa il 2017 si è chiuso con immatricolazioni in crescita del 3,3%. Le vendite sono in aumento in tutti i principali mercati, a eccezione del Regno Unito. Il gruppo Fca ha venduto 1.044.714 auto nel 2017 nell’Europa dei 28 più Efta, con un incremento del 5,2% rispetto al 2016. La quota è salita dal 6,6 al 6,7%.
Nel settore utilities in evidenza A2A (+1,35%): Banca Imi ha confermato il rating add e il target price a 1,8 euro.
TELECOM ITALIA, RIPARTE LA JV CON VIVENDI
Telecom Italia (-1,63%). Ieri è ripartito l’iter per la creazione della joint venture con Canal Plus, gruppo Vivendi, applicando la procedura con parti correlate di maggiore rilevanza, in linea quindi con l‘indicazione del collegio sindacale e della Consob.
Recordati ha lasciato sul terreno l‘1,27% dopo che Credit Suisse ha tagliato il rating ad “underperfrom” da “neutral” con un target stabile a 38,6 euro. Pirelli è scesa dell’1,39%.
TRE STELLE IN VOLO: TECHNOGYM, FILA E IMA
Technogym (+3,6%) segna nuovo record storico a 9,60 euro. La società sarà il fornitore ufficiale dei giochi olimpici invernali di PyeongChang. Si tratta della settima esperienza olimpica per il gruppo da Sydney 2000 in poi.
Anche Fila (+2%) chiude ad un nuovo massimo a 20,85 euro. Il titolo è reduce da tre anni consecutivi al rialzo (+45% nel 2017). Exane ha annunciato di aver avviato la copertura del titolo con un giudizio di acquisto Outperform e un target price di 23 euro. Secondo gli analisti francesi, il titolo tratta a sconto rispetto ai concorrenti sul multiplo Ev/Ebit 2018-2019.
Seduta brillante per Ima (+2% a 72,65 euro). Banca Imi ha annunciato di avere avviato la copertura con una raccomandazione Add (accumulare) e un target price di 81 euro che offre sulla carta una rivalutazione del 10% circa.