La guerra è scoppiata ieri, proprio all’inizio della settimana dei conti che dovrebbe confermare l’ottimo stato di salute dei quattro grandi della tecnologia Usa che valgono il 40% del listino più rappresentativo, lo Standard & Poor’s 500: Alphabet e Microsoft, che annunceranno i conti del trimestre in serata. Più Apple e Facebook, divisi da mesi da una polemica che è sfociata in aperto conflitto.
Ieri, infatti, Apple ha introdotto con l’aggiornamento IOS 14 la “App non to track”, ovvero una serie di limitazioni alla condivisione dei dati dell’utente riducendo la capacità di tracking da parte delle app e delle piattaforme di pubblicità esterne. D’ora in poi, insomma, sarà necessario il permesso del cliente per tracciare i suoi gusti a vantaggio della pubblicità. Ma così facendo la Mela, che rivendica questo progresso in nome della privacy (“vogliamo offrire al pubblico la possibilità di scegliere” ha dichiarato Craig Federighi, vicepresidente per il software) è entrato in collisione con Facebook che sulla vendita di questi dati ha fondato una buona parte del suo successo.
“ È scontato – è la replica in arrivo dalla società di Mark Zuckerberg – che buona parte della gente risponderà no di fronte ad una domanda che, apparentemente semplice, è semplicemente ipocrita e un po’ bugiarda”. “Il minor flusso di pubblicità – secondo Graham Mudd di Facebook – si tradurrà in un vincolo per Internet a tutto danno delle piccole e medie imprese, che faranno sempre più fatica a proporsi al consumatore”.
“Non mi stupisce replica il manager di Apple – che ci sia una forte opposizione all’introduzione del sistema. Ma siamo fiduciosi di aver fatto la cosa giusta”.
Da ieri, insomma, si scontrano due visioni: da una parte la privacy, dall’altra il valore commerciale della società dell’informazione. Da una parte la tutela degli utenti, dall’altra la promozione dei messaggi di impresa, specie per le piccole imprese. Un conflitto condito di pesanti accuse. Zuckerberg ha accusato la Mela di “uccidere il mercato” rilanciando l’affermazione sulle pagine dei quotidiani più importanti. Tim Clark, già ai tempi di Cambridge Analytics, aveva rilevato che mai Apple si sarebbe trovata coinvolta in pratiche così dannose per la privacy. Ma, al di là dei conflitti di prestigio, il duello al solito riguarda il business. Apple difende la sua clientela che, sul piano della spesa pro-capite, vale assai di più (fino a cinque volte) gli altri utenti. La possibilità di tutelare la privacy contro la pubblicità più invasiva è solo una potente arma commerciale in più. Facebook difende i suoi spazi sul web, finora sterminati. E presto arriveranno le contromisure. Wall Street assiste allo scontro consapevole che entrambe le società si accingono a presentare conti d’oro. Ma in questa stagione la Borsa dà per scontati i numeri del passato. La partita è sui profitti futuri, quelli che potrebbero essere condizionati dalla App della discordia.