Apple ha evaso tasse per decine di miliardi di dollari guadagnati all’estero. L’accusa arriva dal Senato degli Stati Uniti, che nella sua indagine parla di una “rete complessa” di entità offshore – senza dipendenti o uffici fisici – usata dal gigante di Cupertino per eludere il Fisco. E proprio oggi l’amministratore delegato della società, Tim Cook, è atteso al Congresso per parlare di una proposta volta ad alleggerire il sistema fiscale e per difendere l’operato dell’azienda.
Tra il 2009 e il 2012 – come riporta il Washington Post citando l’indagine – Apple avrebbe nascosto agli occhi del Fisco americano 74 miliardi di dollari in profitti attraverso la creazione di filiali in Irlanda. Mentre tra le altre multinazionali la pratica di usare controllate estere per evitare le tasse negli Stati Uniti è molto comune, il sistema messo in piedi da Apple (sempre secondo il Senato) è senza precedenti per complessità e creatività.
La società ha cercato il “santo Graal” dell’evasione fiscale, ha attaccato il presidente della commissione d’inchiesta Carl Levin. “Apple afferma di essere uno dei maggiori contribuenti americani ma è anche tra i principali evasori”, ha rincarato il senatore John McCain.
Lo scorso anno il fatturato estero della Apple ha rappresentato il 61% del giro d’affari totale del gruppo, che non è accusato di aver violato la legge, ma di aver elaborato una sofisticata e “oltraggiosa” strategia per eludere il Fisco.
Secondo quanto anticipato da Apple, durante l’audizione in Senato – che si preannuncia esplosiva – Cook ribadirà che Cupertino “non ricorre a trucchi fiscali”, che è tra i principali contribuenti statunitensi e che ha creato 600 mila posti di lavoro negli Usa. Apple è inoltre favorevole “a un’obiettiva analisi del sistema di tassazione per le aziende americane – dirà Cook – che non ha tenuto il passo con l’avvento dell’era digitale e con i rapidi cambiamenti dell’economia globale”.
Secondo l’ad, “l’attuale sistema fiscale Usa, che utilizza i principi dell’era industriale in quella digitale, mette a rischio la competitività del Paese”.