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Appello per l’IA: oltre 50 aziende avvertono l’Europa sul rischio di perdere la competitività globale. Cosa chiedono e perché

In una lettera aperta, oltre 50 aziende e ricercatori europei, tra cui nomi noti come EssilorLuxottica, Prada e Meta, chiedono all’Unione Europea di rivedere le normative sull’Intelligenza Artificiale. Con l’AI Act in atto, il rischio di perdere competitività rispetto a Stati Uniti, Cina e India è concreto

Appello per l’IA: oltre 50 aziende avvertono l’Europa sul rischio di perdere la competitività globale. Cosa chiedono e perché

L’Intelligenza artificiale è senza dubbio una delle tecnologie più rivoluzionarie del nostro tempo, ma in Europa il dibattito sulla sua regolamentazione continua, soprattutto dopo l’approvazione dell’Ai Act. In questo scenario, oltre 50 aziende e ricercatori europei – tra cui EssilorLuxottica, Prada, Pirelli, Exor Group, Meta e Spotify – hanno inviato una lettera aperta ai legislatori e ai regolatori dell’Unione Europea. La missiva chiede un intervento urgente per rivedere le attuali politiche sull’IA, per evitare che l’Europa resti indietro e perda i “grandi benefici” di una tecnologia in grado di accelerare la crescita economica e il progresso scientifico.

“La competitività e l’innovazione dell’Europa sono già in declino rispetto ad altre regioni, e il rischio di perdere ulteriore terreno nell’era dell’IA è reale a causa di normative incoerenti”, sottolineano i firmatari, che includono anche Publicis, Criteo, Engineering, Ericsson e noti accademici come Nicolò Cesa-Bianchi (Università degli Studi di Milano) ed Eugenio Valdano (Sorbonne/Inserm).

“Siamo un gruppo di aziende, ricercatori e istituzioni che lavorano per fornire servizi a milioni di europei. Vogliamo vedere l’Europa prosperare anche nel campo dell’IA, ma il continente sta diventando meno competitivo rispetto ad altre regioni del mondo e rischia di restare ulteriormente indietro a causa di decisioni normative poco coerenti”, si legge nella lettera.

L’appello chiede “rapide, armonizzate, coerenti e chiare” decisioni che possano consentire l’utilizzo dei dati europei nell’addestramento dei modelli di IA, avvertendo che in mancanza di misure in tal senso, l’innovazione svilupperà altrove. Senza l’adozione di modelli aperti e multimodali, “lo sviluppo dell’IA avverrà altrove, privando gli europei dei progressi tecnologici di cui beneficiano le imprese negli Stati Uniti, in Cina e in India”.

Lettera sull’IA: un grido di allarme per l’Europa

La lettera sottolinea il rischio di marginalizzazione dell’Europa rispetto ad altre potenze tecnologiche come Stati Uniti, Cina e India, le quali stanno avanzando rapidamente nello sviluppo di modelli di IA generativa e multimodale.

Uno dei punti chiave della lettera riguarda, invece, i cosiddetti modelli multimodali, in grado di gestire in maniera simultanea testo, immagini e audio, considerati la prossima frontiera dell’IA. I firmatari affermano che, se l’UE non facilita l’utilizzo dei dati per questi modelli, la loro implementazione avverrà al di fuori dell’Europa, lasciando il continente indietro in una delle tecnologie più promettenti del prossimo decennio.

“Se aziende e istituzioni vorranno investire decine di miliardi di euro per sviluppare una Intelligenza artificiale generativa per i cittadini europei, avranno bisogno di regole chiare, applicate in modo coerente, che consentano l’utilizzo dei dati europei. Ma, negli ultimi tempi, le decisioni normative sono diventate frammentate e imprevedibili, mentre gli interventi delle autorità europee per la protezione dei dati hanno creato una grande incertezza sul tipo di dati che possono essere utilizzati per addestrare i modelli di IA”.

Ai Act: opportunità o ostacolo?

Al centro del dibattito c’è l’AI Act, il regolamento pionieristico approvato dal Parlamento Europeo che mira a disciplinare l’uso dell’intelligenza artificiale all’interno dell’Unione. Pur essendo un passo avanti nel definire standard globali per la gestione dell’IA, l’AI Act ha sollevato preoccupazioni tra le imprese e gli sviluppatori che temono che le restrizioni imposte dalla normativa possano soffocare l’innovazione.

L’AI Act, suddivide i sistemi di IA in base al livello di rischio, da inaccettabile a minimo, imponendo limiti più rigidi per i sistemi ad alto rischio, come quelli generativi. Secondo i firmatari della lettera, però, le regole frammentate e le incertezze sui dati utilizzabili potrebbero disincentivare gli investimenti in IA all’interno dell’Ue.

Un doppio problema: frammentazione e incertezza normativa

Uno dei problemi principali evidenziati nella lettera è la crescente frammentazione normativa all’interno dell’Unione Europea, un problema già noto anche in altri ambiti tecnologici. I firmatari affermano che l’attuale quadro normativo ha creato “grande incertezza sul tipo di dati che possono essere utilizzati per addestrare i modelli di IA”, rendendo più difficile per le aziende e le istituzioni investire in nuove tecnologie.

L’IA richiede una vasta quantità di dati per funzionare correttamente, ma le normative attuali dell’UE, tra cui il GDPR, limitano l’accesso a tali dati. Ciò fa si che sia complicato per le aziende europee sviluppare modelli di IA altamente competitivi in campo internazionale.

IA in Europa: c’è il rischio di rimanere indietro

L’Europa si trova a un bivio: mentre altre nazioni e regioni stanno investendo massicciamente nello sviluppo di tecnologie IA, l’Ue rischia di restare indietro. La lettera fa riferimento al modello adottato dagli Stati Uniti, dalla Cina e dall’India, che hanno promosso politiche favorevoli all’innovazione tecnologica, consentendo un più ampio accesso ai dati e offrendo incentivi per lo sviluppo di IA generativa.

Ad esempio, gli Stati Uniti hanno adottato un approccio più permissivo e flessibile, promuovendo lo sviluppo di modelli di IA open-source che sono accessibili gratuitamente e facilmente modificabili, moltiplicando le opportunità di sviluppo e innovazione. La Cina, invece, ha fatto della raccolta e dell’analisi dei dati una priorità nazionale, accelerando lo sviluppo di tecnologie IA avanzate in vari settori, dalla sorveglianza all’industria.

Oltre a perdere competitività, i firmatari temono che l’Europa possa perdere la sua sovranità tecnologica. Il controllo su modelli di IA sviluppati altrove potrebbe mettere a rischio non solo la capacità di innovare, ma anche la sicurezza e l’autonomia dei dati europei.

Il ricorso a modelli di IA sviluppati fuori dall’Europa comporta la possibilità che valori e priorità europei – come il rispetto della privacy, l’inclusività e la protezione dei diritti umani – non vengano pienamente integrati nelle nuove tecnologie. Inoltre, i dati europei potrebbero finire nelle mani di paesi con standard di sicurezza e privacy meno rigidi, mettendo a rischio la riservatezza dei cittadini europei.

Cosa viene chiesto all’Ue: regole chiare e coerenti

Il fulcro della richiesta contenuta nella lettera aperta è la necessità di regole armonizzate e chiare che permettano alle aziende europee di competere a livello globale nello sviluppo di IA. Le aziende e i ricercatori europei chiedono una revisione del quadro normativo, suggerendo che l’UE offra un’interpretazione moderna e flessibile delle disposizioni del GDPR e dell’AI Act, mantenendo al contempo i valori fondamentali europei.

Secondo i firmatari, è essenziale che l’Europa offra una coerenza normativa tra i suoi Stati membri, così da creare un mercato unico per l’IA, in cui le aziende possano operare senza dover affrontare una burocrazia frammentata. Solo in questo modo, sostengono, sarà possibile attrarre investimenti e stimolare la crescita in settori chiave come la sanità, la mobilità e l’industria.

Una visione globale: l’IA come tecnologia di interesse comune

Un altro aspetto evidenziato è la necessità di una cooperazione globale nella gestione dell’IA. Le Nazioni Unite, ad esempio, hanno sottolineato come lo sviluppo dell’IA non possa essere lasciato unicamente ai mercati o a singole nazioni. La tecnologia ha implicazioni transfrontaliere che richiedono un approccio cooperativo e globale, volto a garantire che i benefici dell’IA siano distribuiti equamente e che i rischi siano gestiti in maniera adeguata.

Nel contesto europeo, ciò si traduce nella necessità di includere anche i paesi più piccoli e meno sviluppati nei processi di innovazione, affinché possano beneficiare delle opportunità offerte dall’IA senza esserne esclusi.

Un futuro incerto per l’Europa

La lettera aperta rappresenta un appello chiaro e forte per un cambiamento di rotta nelle politiche europee sull’intelligenza artificiale. L’UE si trova di fronte a una scelta cruciale: può scegliere di favorire l’innovazione, rivedendo le normative esistenti per renderle più flessibili e coerenti, oppure rischia di rimanere indietro rispetto alle altre potenze tecnologiche globali.

Per mantenere la competitività, è fondamentale un impegno collettivo e una visione a lungo termine che promuova la crescita economica e protegga i valori europei. Le decisioni future saranno cruciali per definire il ruolo dell’UE nell’era dell’IA.

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