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Antonioni, i Pink Floyd e la vera storia della colonna sonora di Zabriskie Point

I Pink Floyd avrebbero dovuto comporre l’intera colonna sonora del celebre film di Antonioni. Il regista mise anche una brandina nello studio di registrazione. Alla fine scelse solo tre brani

Antonioni, i Pink Floyd e la vera storia della colonna sonora di Zabriskie Point

Recentemente, David Gilmour, il settantottenne polistrumentista e cantante dei Pink Floyd, si è esibito al Circo Massimo a Roma, durante una serie di concerti legati all’uscita del suo nuovo album solista, “Luck and Strange”.

Non è certo la prima volta di Gilmour a Roma, tuttavia ce n’è stata una veramente speciale. È accaduto quando nel 1969 la Metro Goldwyn Mayer ha chiamato i Pink Floyd per la colonna sonora di “Zabriskie Point”.

Non siamo del tutto sicuri che Gilmour fosse presente a Roma in quell’occasione, ma ha sicuramente contribuito alla creazione dei materiali sonori prodotti dalla band, che sono stati poi raccolti in un album non ufficiale.

Il “valore” dei Pink Floyd

In queste settimane i media sono tornati a parlare dei Pink Floyd non solo per il tour di Gilmour, ma soprattutto per un altro evento significativo: Sony ha acquisito i diritti dell’intero catalogo della band per 400 milioni di dollari.

Nonostante i noti contrasti tra Gilmour e Roger Waters, che perdurano da quattro decenni, Sony è riuscita nell’impresa di riunire i diritti della band. Un precedente tentativo nel 2022 era andato a vuoto.

Dopo aver acquisito, per una cifra analoga, i diritti dei cataloghi di Bob Dylan e Bruce Springsteen, i Pink Floyd rappresentavano l’ultimo anello mancante alla Sony per raggiungere e attraversare le differenti generazioni.

L’attivismo di Roger Waters

Anche Roger Waters, bassista dei Pink Floyd e considerato l’erede dello sperimentalismo di Syd Barrett e dello spirito originario della band, è tornato in queste settimane al centro dell’attenzione proprio in Italia.

Per la partita di calcio della Nazionale con Israele, ha inviato una vibrante protesta per la scelta di giocare l’incontro. Waters è un radicale sostenitore della causa palestinese, al punto che alcuni lo accusano di antisemitismo.

Per il 2024, Waters aveva pianificato un tour mondiale, “Under the Rabble,” una denuncia dello Stato di Israele per Gaza. Sui suoi canali social ha pubblicato un video che lo ritrae mentre registra una demo del brano omonimo.

Tuttavia, l’idea del tour, che prevedeva anche alcune tappe italiane (si parlava di Napoli e Roma), è stata abbandonata perché troppo divisiva alla luce di quanto stava avvenendo nell’opinione pubblica mondiale.

Nel 2023, il governo russo aveva invitato Waters a intervenire all’Assemblea generale dell’ONU per esporre le “vere” ragioni dietro la guerra in Ucraina. Le sue posizioni rispecchiano in parte la propaganda russa.

Ma ciò che ci interessa qui non sono tanto le sue idee geopolitiche, quanto un evento particolare avvenuto a Roma nell’inverno del 1969, che vide proprio Roger Waters, che oggi vive in Svizzera, tra i protagonisti.

L’ossessione di Antonioni per la musica

Come Kubrick, Antonioni era maniacale nella scelta delle musiche dei suoi film, considerandole l’altro verso della narrazione. Era sempre alla ricerca di sonorità sperimentali e di compositori d’avanguardia. 

Un esempio è “La notte”, dove utilizza dodecafonia e suoni ambientali per le scene girate a Milano e il free jazz di Giorgio Gaslini per quelle nel night club e nella villa in Brianza.

Per la colonna sonora di “Zabriskie Point”, Antonioni aveva accarezzato l’idea dei Rolling Stones, ma la MGM non poteva permettersi di coprire i costi di una band simile, essendo già oltre il budget con una cifra considerevole.

Durante le riprese di “Blow-Up” a Londra, il regista aveva avuto modo di sentire i Pink Floyd, assistendo a uno dei loro concerti e conoscendo anche il manager della band, Steve O’Rourke.

O’Rourke ricevette l’invito della MGM, ma chiese un compenso talmente elevato da far sbiancare gli executive della major. Ma la ferrea determinazione di Antonioni nel volere la band inglese riuscì a spuntarla.

Allora, che siano i Pink Floyd

Nella primavera del 1969, i Pink Floyd si trovavano in una fase particolare di transizione creativa, dopo l’uscita di Syd Barrett e l’ingresso di David Gilmour. Stavano cercando una nuova identità musicale.

L’offerta della MGM per “Zabriskie Point” era un’opportunità per consolidarla dopo “Ummagumma”, il doppio album del 1969. Lavorare per Antonioni gli avrebbe data la notorietà necessaria a questo scopo.

Il gruppo arrivò a Roma il 16 novembre 1969, ma il tempo a disposizione era pochissimo: l’uscita del film era prevista per il Natale successivo e i Pink Floyd dovevano comporre la colonna sonora in tempi strettissimi.

Il regista aveva chiesto una partitura originale che non sovrastasse le immagini di alcune sequenze: la scena d’apertura, gli incidenti nel campus, il decollo e il sorvolo di Los Angeles, la scena d’amore e l’esplosione finale.

I Pink Floyd si offrirono però di comporre l’intera colonna sonora del film, e Antonioni, fiducioso e ottimista, stranamente acconsentì. Non era mai successo in nessun altro film del regista che la musica avesse un unico autore.

Si fece portare una brandina nello studio di registrazione per non perdersi nemmeno un minuto delle sessioni. La sua presenza costante, attiva e critica, però, non sortì l’effetto sperato e ricercato dal regista.

Troppo inglese

Antonioni, meticoloso e ossessionato dal controllo, iniziò a entrare in uno stato di crescente irritazione e nervosismo. Le prime sessioni della band non produssero nulla di utilizzabile, almeno dal suo punto di vista.

I musicisti suonavano, sì, improvvisando senza una direzione precisa e senza un chiaro legame con le esigenze narrative del film. Questo approccio caotico, distante dalle aspettative di Antonioni, cominciò ad agitarlo.

Poi la musica arrivò come un fiume in piena: i Pink Floyd composero ben quattro ore di materiale. Tuttavia, sin dai primi accordi di progressive rock che Antonioni ascoltò, il regista iniziò a dubitare della sua scelta.

Sentiva che la musica aveva un’impronta troppo “inglese” per il soggetto del film. In particolare, non lo convincevano del tutto le sette versioni composte da Waters per la scena d’amore nel deserto.

La sequenza di 7 minuti dal ritmo lento, in cui corpi nudi si rotolano lungo le dune della Death Valley come in un balletto, rappresentava lo spirito libertario della controcultura californiana e dell’esperienza hippy.

“Love Scene”, il primo brano psichedelico e onirico di Waters, fu infine messo da parte dal regista al quale preferì una composizione meno sperimentale di Jerry, Garcia, chitarrista, cantante e leader dei Grateful Dead.

La musica della band californiana riflette molte delle idee e dei valori della controcultura, tra cui l’amore libero, la contestazione della società consumistica e la ricerca di esperienze trascendenti.

Alla fine

All’inizio di dicembre 1969, i Pink Floyd tornarono a Londra convinti di aver composto la colonna sonora definitiva del film. Continuarono a lavorarci negli studi di Abbey Road per poi inviare otto tracce alla produzione.

Tuttavia, Antonioni non aveva detto sì ai brani composti dai Pink Floyd. Quando non è sì è generalmente no. Infatti nel frattempo il regista ferrarese aveva esplorato altre soluzioni.

Alla fine decise di includere nella colonna sonora finale solo tre brani della band. Molte delle altre composizioni rimasero inedite o furono pubblicate in raccolte successive o utilizzate come basi per altri brani.

Rigettò anche “The Violent Sequence” un brano magnifico scritto e musicato da Richard Wright per il pestaggio della polizia al campus. Il brano poi ricomparve come base melodica di un pezzo famosissimo “Us and Them”.

Per il climax finale con l’esplosione di tutti i simboli della società affluente Antonioni optò per il ri-arrangiamento di un vecchio pezzo del gruppo, “Careful with That Axe, Eugene”, rinominato in “Come in Number 51, Your Time Is Up”.

Gli otto pezzi originali preparati dai Pink Floyd sono noti come “The Zabriskie Point Lost Album”, l’album perduto di Zabriskie Point. Sono inseriti nei 2 CD della raccolta ufficiosa “A Total Zabriskie Point Of View – The Complete Collection”.

Se per Antonioni l’esperienza non raggiunse l’effetto desiderato, per i Pink Floyd rappresentò un momento cruciale di svolta, che li spinse a sperimentare nuovi strumenti e sonorità, come evidenziato nelle loro opere successive.

Tutte le esperienze, anche quelle più complesse e problematiche, portano con sé un arricchimento, anche per noi che soltanto le leggiamo o le vediamo pur a distanza di tanti anni.

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