L’Orangerie di Monza ospita un’antologica dal titolo “Antonio Ligabue. L’uomo, l’artista”, curata da Sandro Parmiggiani, prodotta e organizzata da ViDi in collaborazione con il Comune di Monza e il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza.
Sono esposti alcuni dei dipinti tra i suoi capolavori, come Leopardo con serpente (1955-56), Testa di tigre (1957-58), Volpe con rapace (nibbio) 1959-60, Crocifissione (primi anni ’60) grossa (1929), Circo (1941-42 ca.), Tigre reale, opera realizzata nel 1941 durante il secondo ricovero dell’artista nell’Ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia. Inoltre, Autoritratto con cavalletto (1954-55), Autoritratto con mosche (1956-57), Autoritratto con spaventapasseri (1957-58), il dolente Autoritratto (1957).
L’esposizione ci racconta di Ligabue attraverso gli animali, selvaggi e domestici, gli autoritratti, le scene di vita agreste o i paesaggi padani, e raffigurazioni dei castelli, delle chiese, delle guglie e delle case con le bandiere al vento sui tetti ripidi della natia Svizzera, dov’era nato e dove aveva vissuto fino all’espulsione nel 1919.
Ecco che gli animali di Ligabue, tigri, leoni, leopardi, gorilla, volpi, aquile sono raffigurati nel momento in cui stanno per piombare sulla preda, con un’esasperazione di carattere espressionista.
Mentre i suoi ritratti di sé esprimono una condizione umana di angoscia, di desolazione e di smarrimento. Il suo volto esprime dolore, male di vivere com e la vita fosse una tragedia, quasi che l’autoritratto chieda di essere guardato per l’ultima volta.
La rassegna riserva particolare attenzione alla sua produzione plastica, con un nucleo di oltre venti sculture in bronzo, soprattutto di animali.
L’esposizione costituisce un ulteriore capitolo per riportare il lavoro di Ligabue a una corretta valutazione critica e storica: un’occasione per riaffermare, al di là delle fuorvianti definizioni di naïf o di artista segnato dalla follia e che fonde esasperazione visionaria e gusto decorativo.
Per tutta la durata della rassegna, è in programma una serie di attività didattiche, incontri e visite guidate gratuite per bambini e adulti.
Note biografiche
La triste odissea di Antonio Ligabue ha inizio il 18 dicembre 1899 a Zurigo e si conclude il 27 maggio 1965 a Gualtieri, dove era approdato il 9 agosto 1919, espulso dalla Svizzera, dopo un’infanzia e un’adolescenza segnate dall’emarginazione (a soli nove mesi di età fu affidato dalla madre a un’altra famiglia) e dall’insofferenza verso il mondo che lo circondava – a scuola, tuttavia, già si erano rivelati la sua passione e il suo talento per il disegno. A Gualtieri la sua vita resta durissima, soprattutto nei primi anni, in cui, per riuscire a vivere, fa lo scariolante sulle rive del Po. Inizia a dipingere alla fine degli anni venti, apprezzato da rari estimatori, tra i quali Marino Mazzacurati. Nel 1955 tiene la prima mostra personale a Gonzaga, in occasione della Fiera millenaria; nel 1961 un’esposizione a Roma, alla Galleria La Barcaccia, ne segna la consacrazione nazionale (“il caso Ligabue”), dopo un’intensa attività artistica, spesso incompresa e addirittura derisa, che nel tempo susciterà tuttavia l’ammirazione e l’interesse di collezionisti, critici e storici dell’arte. Tra le antologiche più recenti, si ricordano quella, con quasi duecento opere, tenuta nel 2005 a Palazzo Magnani di Reggio Emilia e a Palazzo Bentivoglio di Gualtieri, in occasione del quarantesimo anniversario della sua scomparsa, e la successiva mostra, sempre a Gualtieri, nel 2015, a cinquant’anni dalla morte.