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Angola: scommettiamo su trasporti e distribuzione di energia

L’Angola, con un PIL stimato pari a 134 miliardi di dollari nel 2013, è la terza economia dell’Africa Sub-Sahariana. Si tratta di un’economia petrolifera: gli idrocarburi contribuiscono direttamente a quasi il 50% del PIL nominale, laddove il contributo al PIL sale all’80% considerando pure le attività sostenute indirettamente dalla domanda proveniente da questo settore e al 35% di quello reale, al 75% delle entrate fiscali e al 98% degli incassi dalle esportazioni. La metà di queste esportazioni vanno verso la Cina, il 10% verso l’India e il 7% ognuno verso USA e Portogallo. Con il Portogallo, in quanto ex colonia, l’Angola conserva importanti legami economici. Le controllate di banche portoghesi detengono oltre il 50% del portafoglio crediti del Paese e il Portogallo è anche il principale Paese di provenienza delle importazioni (15% del totale), seguito da Singapore con il 13% e dalla Cina con il 12%. Nel decennio 2004-2013 l’Angola ha registrato un tasso di crescita medio (10,9% nel periodo) tra i più alti nell’Africa Sub-sahariana. La spinta è venuta sia dall’attività di estrazione (+7,3% medio) che dalla parte non idrocarburi (+13,1%). Gli incassi dalla vendita di gas, petrolio e diamanti e gli aiuti, sotto forma sia di prestiti che di donazioni (concessi, tra gli altri, da Cina, Brasile, e UE) hanno permesso al Paese di finanziare la ricostruzione delle infrastrutture distrutte durante la guerra civile terminata nel 2002. Il reddito medio pro capite è più che raddoppiato negli ultimi dieci anni, raggiungendo i 7620 USD nel 2013, il secondo più alto nell’Africa Sub-sahariana dopo il Sud Africa. Il tasso di povertà è sceso dal 68% nel 2002 a meno del 40% nel 2012. Nonostante questi progressi, diversi indicatori di sviluppo economico e sociale non hanno ancora raggiunto un livello soddisfacente. Il Paese è all’ultimo posto (181°) nella classifica Doing Business della Banca Mondiale. L’Indice di Sviluppo Umano (HDI), che tiene conto dell’aspettativa di vita, del grado di istruzione e del reddito pro capite, colloca l’Angola nel gruppo dei Paesi con un basso sviluppo umano. Secondo l’indicatore del World Economic Forum, che tiene conto della dotazione di infrastrutture, istruzione, mercato del lavoro e finanziario, livello tecnologico e delle istituzioni, nel 2014 l’Angola presenta le peggiori condizioni di competitività tra le prime dieci economie dell’Africa Sub-sahariana.

All’inizio degli anni Settanta, l’Angola presentava un fiorente settore agricolo basato sulla piccola proprietà famigliare, era autosufficiente in quasi tutte le produzioni alimentari ed esportava caffè (quarto esportatore a livello mondiale), granoturco e numerose produzioni tropicali come tabacco, banane, canna da zucchero, cotone e canapa. Dopo la fine della guerra civile, il settore agricolo ha iniziato un graduale recupero e attualmente contribuisce al 7% del PIL, occupando i due terzi della popolazione. Le produzioni di mais, frumento, miglio e tabacco hanno messo a segno un significativo sviluppo, mentre il raccolto del caffè resta ancora modesto. L’Angola, con 1,8 milioni di barili di petrolio al giorno estratti mediamente nel 2013, è il secondo produttore in Africa dopo la Nigeria. Lde riserve conosciute sono tuttavia modeste (12,2 miliardi di barili) e all’attuale tasso di estrazione si esaurirebbero in 20 anni. Il settore petrolifero è controllato dalla compagnia statale Sonangol, con la quale le società straniere presenti nel Paese (tra le alte ENI, la cinese Sinopec, Total) operano attraverso joint-venture. D’altra parte, l’Angola ha una limitata capacità di raffinazione. Nel Paese è attiva una sola raffineria costruita nel 1955, con una capacità potenziale di 39.000 barili al giorno ma una produzione effettiva inferiore. L’85% del combustibile consumato viene importato. Una nuova raffineria, attualmente in costruzione, dovrebbe iniziare a produrre nel 2016. L’Angola è il terzo produttore africano di diamanti. L’idroelettrico fornisce circa il 70% dell’elettricità, nonostante la capacità di generazione sia stimata oltre dieci volte superiore. Il sistema di distribuzione è estremamente carente: attualmente non esiste una rete elettrica nazionale, mentre operano tre reti regionali non connesse tra loro benchè controllate dalla compagnia nazionale ENE. Nel 2012, solo il 38% della popolazione era allacciata alla rete elettrica. Il settore manifatturiero ha un peso contenuto (6,8% del PIL). Le principali industrie riguardano la trasformazione alimentare, la raffinazione, i prodotti chimici per uso domestico (saponi e detersivi) e la produzione di cemento. Il primo impianto di liquefazione del gas (LNG) in località Soyo (con una capacità di 5,2 milioni di tonnellate all’anno), che sfrutta i giacimenti di gas del Paese, è entrato in funzione nel giugno 2013 ma è stato presto chiuso per problemi tecnici: difficilmente la produzione riprenderà prima del 2016.

La dinamica del PIL è prevista rallentare nel 2014, a causa principalmente di un maggior calo dell’attività di estrazione del petrolio. Un sostegno all’attività economica è invece previsto venire dalla spesa pubblica in infrastrutture e nuovi giacimenti, favorendo edilizia, generazione di energia e servizi aggiunti. La parte non-idrocarburi è prevista crescere del 7,4% in termini reali, mentre nei prossimi anni è invece previsto un maggior apporto degli idrocarburi (grazie a nuovi pozzi) e dell’attività di trasformazione, sostenuta soprattutto dagli impianti di liquefazione del gas. Come riportato da Intesa Sanpaolo si prevede una crescita pari al 3,9% nel 2014 e al 5,9% nel 2015.

Nel corso del 2014 è proseguito il processo di rientro delle pressioni inflazionistiche. Il tasso tendenziale, dal picco del 16% toccato a fine 2010, ha rallentato al 7,7% a dicembre 2013 e al 7,2% a settembre 2014. La discesa dell’inflazione verso il limite inferiore della fascia obiettivo (7%-9%) ha permesso alla Banca Centrale di allentare la politica monetaria: il coefficiente di riserva sui depositi in valuta locale è stato ridotto in due riprese, nel giugno 2013 e nel febbraio di quest’anno, passando dal 20% al 12,5%. In questo scenario, dopo l’ampia svalutazione registrata tra il 2009 e il 2010 (20%), negli anni successivi il kwanza ha mostrato una maggiore tenuta, deprezzandosi di circa il 2% ogni anno. A fine ottobre 2014 la quotazione era pari a 98,8 kwanza : 1 USD, con un deprezzamento dell’1,3%.

Nel 2013 il bilancio dello Stato è passato in deficit (2% del PIL) rispetto ad un surplus pari al 6,8% del PIL nel 2012. Si prevede per il deficit una crescita al 4,9% del PIL. La bilancia dei pagamenti dell’Angola registra un ampio surplus corrente (6,2% del PIL nel 2013), grazie al consistente surplus commerciale (pari a 41,9 miliardi, 31,2% del PIL nel 2013). A partire dal 2010 il conto finanziario ha chiuso in deficit a seguito del recupero di investimenti pregressi da parte di società estere determinando un deflusso netto di fondi nel conto IDE. Nel 2013 il surplus della bilancia dei pagamenti si è ridotto a 0,1 mld, da 4,7 mld l’anno precedente. Lo stock di riserve copre 7 mesi di importazioni ed è ampiamente superiore al fabbisogno finanziario estero. La posizione esterna è tuttavia molto vulnerabile all’andamento del mercato degli idrocarburi.

L’economia, controllata dal settore pubblico mentre l’iniziativa privata ha poco spazio, presenta un elevato grado di concentrazione geografica, con circa tre quarti del PIL generato nella zona di Luanda, la capitale del Paese. L’Angola presenta il più elevato grado di concentrazione urbana nell’Africa Sub-sahariana, con il 56% della popolazione che vive nelle grandi aree urbane. Le altre regioni del Paese sono in condizioni di estrema povertà e isolamento a causa di severe carenze nelle infrastrutture, in particolare le reti di trasporto e distribuzione di energia. Inoltre, a causa della guerra civile, un’intera generazione di angolani non ha potuto accedere all’istruzione e alla formazione. Poco più del 50% della popolazione ha una istruzione primaria. Oltre il 70% della popolazione di età compresa tra i 20 ed i 29 anni è priva di una qualunque istruzione professionale (questa percentuale sale all’80% tra le donne). L’attuale stato delle infrastrutture e la scarsa offerta di mano d’opera qualificata costituiscono un forte freno allo sviluppo, soprattutto dei settori non petroliferi.

Lo Stato esercita ancora uno stretto controllo sull’economia e questa condizione, unitamente alle carenze già citate, esercita un forte freno sulla crescita del settore privato e della parte non-oil dell’economia. L’Angola presenta pertanto una elevata dipendenza dal ciclo delle materie prime. In questo scenario le agenzie di rating considerano il debito sovrano dell’Angola un investimento speculativo (BBsecondo S&P e Fitch, Ba3 secondo Moody’s).

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