Non occorre avere la sfera di cristallo per intuire che nel giro di qualche settimana il settore della gestione ed elaborazione dei dati finanziari, porterà grosse novità. In particolare ad essere interessate saranno le società dei cosiddetti asset alternativi, gli Npl, i servizi immobiliari. E saranno soprattutto due i protagonisti che hanno tutte le intenzioni di muovere i fili: Andrea Pignataro e Fabrizio Palenzona attraverso le società Ion e Prelios. Ma dietro di loro ci sono molti istituti di credito che scommettono sulle prossime mosse.
Ma chi è Andrea Pignataro? Uomo schivo e fuori dai palcoscenici della finanza, ma considerato l’Elon Musk di casa, ha molti debiti, ma anche molte risorse, tanto da risultare il secondo uomo più ricco d’Italia. Tra i suoi clienti ci sono governi, banche centrali e alcune delle più grandi aziende del mondo, come Amazon e Microsoft. In Italia ha investito 5 miliardi in società. E non ha intenzione di vendere.
La Ion di Pignataro compra Prelios per 1,35 miliardi
Proprio di recente la Ion di Pignataro ha acquistato dal fondo americano Davidson Kempner la milanese Prelios, ex Pirelli Real Estate, società specializzata nella gestione di asset alternativi, crediti deteriorati, esposizioni unlikely-to-pay e fondi real estate, con un patrimonio in gestione di oltre 40 miliardi di euro. Nasce così quello che gli osservatori del settore indicano come uno dei maggiori player italiani nel mondo del credito e della finanza, oltre che un polo nella gestione dei crediti deteriorati. Ottenute tutte le autorizzazioni del caso, nonostante lunghe attese, a metà giugno è arrivato il semaforo verde da parte della Banca d’Italia, mentre a marzo si era espressa la commissione per il Golden Power. A presiedere Prelios è Fabrizio Palenzona che è indicato rimanere al vertice della società anche dopo l’operazione, così come Riccardo Serrini resterà ceo.
Il risiko nel settore del credito è solo all’inizio: occhi puntati sui grandi operatori
Il settore dei servizi finanziari a livello globale, Italia compresa, sta cercando un nuovo assetto e una nuova efficienza. All’orizzonte il settore attende il recepimento della Secondary Market Directive, la cosiddetta direttiva Npl, che è destinata a semplificare l’operatività tra i Paesi e a creare un mercato secondario del credito. Secondo gli osservatori, ci sono tre tendenze chiave che stanno modellando il settore dei servizi finanziari a livello globale, Italia compresa: il consolidamento tra i servicer per migliorare l’efficienza operativa, l’analisi avanzata dei dati con la gestione continua dei flussi nel settore finanziario e la convergenza tra dati, software e finanza.
L’unione Ion-Prelios si muove esattamente in questo ambito, ma siamo solo all’inizio del risiko del settore. In giugno doValue ha acquisito Gardant creando un colosso europeo degli NPL, ma gli occhi sono puntati ora su altri grandi operatori: da Banca Ifis a Guber Banca fino ad Amco che, sotto la nuova gestione di Andrea Munari, potrebbe cambiare significativamente rotta rispetto al passato.
Pignataro, il Musk di casa, è il secondo uomo più ricco d’Italia
“Pignataro è un fuoriclasse” è l’assist di Palenzona. “Sono convinto che sarebbe più utile alla nostra premier e al Paese un colloquio con l’umano Andrea piuttosto che con il disumano Elon”.
Andrea Pignataro, considerato il Musk di casa, uomo che maneggia numeri e informazioni, in realtà compare poco sui palcoscenici della finanza. E’ apparso però per esempio, unico italiano, nonché unico europeo, alla conferenza mondiale di Jp Morgan sulla tecnologia con i 100 maggiori leader del settore: accanto a lui Sam Altman di Open Ai e a Satya Nadella di Microsoft. “Avendo quasi 70 anni, di imprenditori di valore ne ho conosciuti tanti, ma Pignataro è un unicum perché combina le caratteristiche di uno scienziato, di un manager esperto anche di questioni finanziarie e del visionario, il tutto combinato con qualità umane fuori dal comune” continua Palenzona.
Forbes ha recentemente proclamato Pignataro il secondo uomo più ricco d’Italia dopo Giovanni Ferrero, con un patrimonio di 27,5 miliardi di dollari. E’ nato a Bologna nel 1970 e ha iniziato a lavorare in Salomon Brothers, storica banca d’affari di Wall Street confluita in Citigroup alla fine degli anni ’90. Ama la vela, si sposta su un jet privato e ha case a Saint Moritz, a Londra, nel quartiere di Belgravia, e a Milano in zona San Siro. Ha investito in immobili a Milano, a Pisa e in Sardegna e ha speso quasi 300 milioni per Canouan Estate, una proprietà di 1.280 acri con ville e hotel di lusso a St. Vincent e Grenadine, nei Caraibi. La cassaforte di famiglia è in Lussemburgo.
La prima pietra di Ion Group Pignataro la posata nel 1999 con l’idea di creare un’azienda basata sugli algoritmi, una ‘algo-azienda’, come ha detto in un’intervista al Sole24ore anni fa. La Ion in effetti fa questo: elabora algoritmi, analizza i tanti dati che raccolgono le sue aziende, calcolando il rischio delle attività e li traduce in servizi finanziari. Tra i suoi clienti ci sono governi, banche centrali e alcune delle più grandi aziende del mondo, come Amazon e Microsoft.
Pignataro ha anche tanti debiti, ma quel che conta per i finanziatori è l’ebitda
E’ soprattutto a debito che si muovono le operazioni di Pignataro, forte della spalla di primari principali istituto di credito, i quali a loro volta contano più che altro sul suo ebitda. Ma la sua filosofia non è quella di tanti fondi equity (compra e poi vendi): Pignataro acquista società con l’intenzione di tenerle in portafoglio e farle crescere.
Per finanziare l’acquisto di Prelios la Ion ha fatto ricorso a un finanziamento da circa 600 milioni arrivato da un pool bancario che da solo dà l’idea delle forze a fianco del finanziere: in testa Unicredit, Intesa Sanpaolo e Bnp Paribas e composto anche da Banco Bpm, Standard Chartered Bank e Mediobanca a fronte di una leva complessiva di gruppo stimata a inizio 2023 cinque volte l’ebitda.
In base ai dati di Bloomberg, su un indebitamento complessivo di circa 11 miliardi, tra il 2028 e il 2030 vanno a scadenza obbligazioni per un ammontare di 6,3 miliardi di controvalore in euro. A sottoscrivere questi bond ci sono praticamente tutti gli investitori istituzionali internazionali, soprattutto statunitensi. Considerando sia i bond che i prestiti, il costo medio ponderato dell’esposizione di Ion si aggira intorno all’8%, che è un “rendimento in linea a quelli espressi dai leveraged buy-out nel settore software” dice un esperto del settore. Ciò perché, è vero che i debiti sono elevati, ma Pignataro può comunque contare su 2,1 miliardi di ebitda (il cash flow è di 2 miliardi) e quindi esprime un multiplo debito/ebitda di 5,2 volte.
La presenza in Italia: acquisti per 4,7 miliardi
L’Italia è da diversi anni uno dei fulcri della strategia di Ion. Lo dimostra il fatto che alle attività nazionali fanno riferimento ebitda e cash flow complessivi di 450 milioni su 2,4 miliardi di debiti. Negli ultimi anni Ion ha investito in Italia circa 5 miliardi di cui 4,7 miliardi per una campagna acquisti che ha messo nel mirino prima Cedacri, servizi di outsourcing per il settore bancario per 1,5 miliardi, poi Cerved, credit information e credit management per 2,6 miliardi, quindi List, software per il settore finanziario per 500 milioni. Senza dimenticare l’ingresso nell’azionariato di Mps nel corso dell’ultimo aumento di capitale da 2,5 miliardi (2%), di Illimity, la banca digitale di Corrado Passera (9,99%), nel Fondo Strategico italiano (9,9%) e nella Cassa di Volterra (32%). Complessivamente Ion ha impegnato in Italia quasi un terzo delle risorse investite dal 2005 a oggi e dà lavoro a circa 6.000 dipendenti, 500 dei quali sono stati assunti sotto la nuova gestione. Oltre 20 mila son i dipendenti nel mondo.
Cerved, Cedacri e List hanno fatturato insieme 1 miliardo nel 2023
Nel 2023 Cerved, Cedacri e List hanno registrato un fatturato complessivo di circa 1,03 miliardi di euro, anche se i gruppi hanno viaggiato a diverse velocità. Sono cresciuti i numeri di Cedacri: la società di servizi di outsourcing per il settore bancario che ha registrato ricavi per 489,2 milioni, in crescita del 5,2% rispetto al 2022 grazie soprattutto al balzo del 9,5% del settore core banking. Anche l’ebitda è aumentato, passando da 152 a 182 milioni (+20%) con la conseguenza che il conto economico si è chiuso con un utile netto di 17,5 milioni rispetto alla perdita da 14,5 milioni dell’esercizio precedente. Sul fronte debitorio, la posizione finanziaria di Cedacri è migliorata da -515 a -510 milioni per la diminuzione delle passività consolidate che, nel corso del 2023, sono scese da 192 a 133 milioni.
Meno brillanti sono stati i risultati di Cerved. Il servicer milanese attivo nel recupero dei crediti deteriorati e nella credit information ha visto scendere del 4,1% ricavi e proventi totali a 483,9 milioni. Il calo, spiega la relazione di bilancio, è attribuibile alla performance dell’area real estate e, in seconda battuta, della business intelligence. La flessione però è stata bilanciata dalla riduzione dei costi operativi (diminuiti da 294 a 274 milioni) e dal progressivo miglioramento dell’efficienza produttiva. L’ebitda è così rimasto stabile a quota 210 milioni, mentre la perdita si è ridotta da 35 a 16 milioni pur a fronte di un aumento degli oneri finanziari che nel periodo in esame sono passati da 129 a 131 milioni. Numeri più contenuti ma stabili ha da ultimo registrato la terza controllata italiana di Ion, List, la società pisana attiva nei software per il settore finanziario. Il 2023 si è chiuso con ricavi stazionari in area 56 milioni e ebitda in crescita da 26,8 a 28,8 milioni. Anche in questo caso il bilancio si chiude in perdita, anche se il rosso è stato ridotto da 23,2 a 19,4 milioni di euro.