Sarebbe davvero bello, per la prima volta in 170 anni, portare in Italia il trofeo più antico della vela, nonché il più antico in assoluto considerando i trofei per cui ancora si compete. L’America’s Cup, istituita nel 1851 (in occasione dell’Expo di Londra, con la sfida tra il Royal Yacht Squadron britannico e il New York Yacht Club, che vinse e che ha tuttora il record di vittorie, 25), è più antica di Wimbledon, del 5 Nazioni di rugby (poi diventato 6 Nazioni), persino della Boat Race, la storica regata di canottaggio che vede sfidarsi ogni anni Oxford e Cambridge, dal 1856. Mai come in questa edizione, con l’avvento delle velocissime AC75 class, che quasi volano sull’acqua, l’America’s Cup è la Formula 1 del mare, un evento ad altissimo valore tecnologico, industriale, di know how oltre che sportivo.
Proprio per questo, perché in Formula 1 siamo plurivincitori con la Ferrari e perché la vela, per un popolo “santi, poeti e navigatori” (ma anche “di artisti, eroi, pensatori, scienziati e trasmigratori”, per citarla bene), non può essere da meno, sarebbe bella la vittoria di Luna Rossa, che a proposito di valore tecnologico e industriale è sostenuta da due colossi del made in Italy come Prada e Pirelli, che ci mettono soldi e competenze. E da uno squadrone che raduna i migliori marinai, strateghi, tecnici ed esperti di vele da Nord a Sud, dalla Romagna dello skypper Max Sirena, alla Liguria dello stratega Pietro Sibello, dalla Sicilia del timoniere Checcho Bruno alla Trieste del tattico Vasco Vascotto, solo per citarne alcuni. Senza contare che la sede ufficiale della barca è Cagliari e che a dare il tocco internazionale c’è lo skypper australiano James Spithill, uno che ha già vinto la coppa nel 2013 al timone di BMW Oracle. Uno squadrone che si è plasmato nel tempo, attraverso qualche vittoria e molte sconfitte: Luna Rossa ha esordito nell’America’s Cup ormai 21 anni fa, quando conquistò a sorpresa la Louis Vuitton Cup facendo fuori i favoriti americani, salvo poi perdere la finalissima contro i neozelandesi.
Sarà proprio Team New Zealand, di nuovo, l’avversaria della finalissima che inizia ad Auckland mercoledì 10 marzo, più precisamente nella notte tra martedì e mercoledì per chi segue dall’Italia. Ventuno anni dopo, Luna Rossa arriva all’ultimo atto dopo aver riconquistato il trofeo dei challenger (che oggi si chiama Prada Cup), dominando gli inglesi di Ineos, che pur avrebbero dato l’anima per scrollarsi di dosso il complesso di gareggiare per un trofeo inventato ma mai vinto: “Finalmente possiamo dire di essere in Coppa America. Abbiamo affrontato un lungo percorso con alti e bassi, durante questi ultimi mesi, e siamo felici di aver vinto la Prada Cup e di aver smarcato uno dei nostri obiettivi, quello di regatare contro il Defender. È un momento importante per il team e rappresenta il risultato di questi ultimi tre anni di lavoro. Abbiamo dimostrato di non arrenderci mai, anche quando ci davano per spacciati”, dice con orgoglio Max Sirena, skypper e team director della spedizione italiana.
“The big wednesday”, annuncia altisonante il sito dell’America’s Cup per presentare la finalissima. I neozelandesi sono i detentori del titolo e sono velocissimi: i favoriti sono sempre loro. Dopo le due prove in programma mercoledì, è previsto un giorno di pausa e quindi la ripresa delle competizioni nel weekend, a partire da venerdì. Si gareggia al meglio delle 13 regate: alza la coppa chi arriva prima a 7 vittorie. Dall’Italia sarà possibile seguire tutte le regate in tv, su vari canali, intorno alle quattro di notte. A Auckland invece il Covid impedirà che ci sia l’atmosfera degna dell’evento: almeno fino a venerdì nella città neozelandese è stato imposto il livello 2 di allerta Covid, per cui saranno interdetti i campi di regata vicino alla costa per evitare assembramenti. I soli campi disponibili saranno il campo A, verso Takapuna, e il campo E nella zona dell’isola di Waiheke.
Si regata nel mitico Golfo di Hauraki, lo stesso di 21 anni fa: in palio c’è la 36 esima edizione dell’America’s Cup, un trofeo che nessuna imbarcazione italiana ha mai vinto. Prima di Luna Rossa ci provò il Moro di Venezia nel 1992, ma fu sconfitta a San Diego dai padroni di casa di America Cube. I neozelandesi invece hanno vinto questo trofeo tre volte, la prima nel 1995: sconfiggendo Luna Rossa, andrebbero a quattro vittorie superando proprio gli americani del San Diego Yacht Club. In 35 edizioni, solo due volte (con gli svizzeri di Alinghi) l’America’s Cup è finita in Europa, o per meglio dire in un Paese che non fossero gli Usa o la Nuova Zelanda. A suonare la carica c’è Spithill, che i neozelandesi li ha già battuti nella finale del 2013, completando la più grande rimonta della storia (da 1-8 a 9-8!): “New Zealand favorita, ma non ha la garanzia di vincere”.