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America Latina, nonostante la crisi continua a crescere

Si stima un aumento del Pil complessivo per la regione del 3,1% nel 2012 e del 3,8% nel 2013 – Tutte le attese si riversano sul Messico, il candidato a diventare la potenza economica della regione – Perù, Cile e Colombia i Paesi che crescono di più – Anno più agrodolce per Brasile e Argentina.

America Latina, nonostante la crisi continua a crescere

L’America Latina continua a guardare avanti. La crisi del debito europea, il rallentamento economico degli Stati Uniti e la frenata cinese non sono riusciti a schiacciare il Sudamerica. Secondo i dati della Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi delle Nazioni Unite (Cepal) il continente sudamericano registrerà nel 2012 un aumento del prodotto interno lordo del 3,1%, quasi un punto in più rispetto al +2,2% atteso, ma sempre inferiore al 4,3% del 2010. 

Per il 2013 ci si aspetta che l’America Latina continui il cammino verso il ritorno agli standard di pochi anni fa. Avendo diversificato i propri mercati di esportazione e avendo visto un aumento nei salari reali che permette di continuare a stimolare la domanda interna, la regione mostrerà comunque una crescita del 3,8% nel 2013. Tuttavia, avverte la Cepal, esistono ancora pericoli che mettono a rischio i successi raggiunti: la volatilità degli investimenti esteri e delle valute locali nel mercato cambiario in primis.

Le maggiori aspettative per l’anno prossimo si riversano sul Messico. Il nuovo presidente del PRI, Enrique Peña Nieto, entrato in carica il primo dicembre, ha annunciato l’inizio di un’epoca di riforme che dovrebbero portare il Messico a quella che, secondo Noumura e Goldman Sachs, nel 2020 sarà una delle 10 economie più grandi del mondo. 

Il Brasile dovrà rimettersi in carreggiata per dare il meglio di sé nel 2014 quando ospiterà i Mondiali di calcio. Nel terzo trimestre è arrivato un duro colpo inaspettato: un aumento congiunturale del PIl dello 0,6% che ha portato la Banca centrale a rivedere al ribasso le sue stime e attendersi una crescita complessiva per il 2012 anche inferiore all’1% (per la Cepal +1,2%). La presidente Dilma Rousseff ha rassicurato i brasiliani dichiarando che gli effetti della politica economica si vedranno progressivamente e che il grande balzo in avanti avrà inizio nel 2014. 

Il Paese con le migliori performance rimane il Perù dove si stima un +6% nel 2012 (+6,2% nel 2013). Sul podio delle economie più prospere anche Cile (+5,5%; +4,8%) e Colombia (+4,5% entrambi gli anni). Nel 2013 di tutto il sudamerica solo i cittadini cileni andranno a votare: a sfidare il nuovo candidato del presente governo di centro-destra sarà la socialista Michelle Bachelet, il tutto contornato dalle rivendicazioni degli studenti che da più di un anno si sono mobilitati per chiedere diritti più egualitari. Per Bogotà una buona notizia potrebbe essere la pace definita con i guerriglieri della FARC, che tranquillizzerebbe gli animi di quell’ondata di nuovi investitori che da quest’anno ha messo gli occhi (e non solo) sulla Colombia. A rischio di nuove tensioni invece c’è il Venezuela (+5,3%; +2,0%), dove le precarie condizioni del presidente Hugo Chavez rischiano di far cadere il Paese in un pericoloso vuoto di potere. 

Last but not least, l’Argentina. E’ stato un anno di fuoco per la presidente Cristina Kirchner che con la nazionalizzazione dell’impresa petrolifera spagnola Repsol-Ypf ha suscitato non poche tensioni con la vecchia madrepatria spagnola. I dati offerti dagli enti nazionali continuano ad essere incerti e molti economisti si preoccupano della situazione fiscale del Paese. Per la Banca centrale se nel 2012 il Pil crescerà del 2%, nel 2013 si registrerà un balzo fino al 4,6%. Più cauta la Cepal che prevede comunque un +3,9%. Il tutto escludendo l’ipotesi, per ora remota, di un nuovo default argentino, appeso a un filo di un giudice statunitense. A rafforzare la Kirchner, che  negli ultimi tempi ha ricevuto non poche critiche anche dagli stessi cittadini, potrebbe essere il risultato del referendum degli abitanti delle Malvinas o Isole Falkland (a seconda dei punti di vista) previsto nel marzo 2013. Saranno i cittadini a decidere se rimanere territorio inglese o se fare diventare realtà il grande sogno della Evita del XXI secolo.  

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