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Ambrosetti, parla Roubini: “Fed, Siria e incertezza politica in Europa: la ripresa è ancora lontana”

“Una crisi politica in Italia avrebbe un impatto molto negativo sulla crescita. C’è poi l’attesa per le elezioni tedesche e per le mosse della Fed e del suo prossimo presidente. E il possibile intervento in Siria”. È un Nouriel Roubini meno frizzante del solito, ma non meno pessimista come da copione, quello che si presenta alla 39esima edizione del workshop Ambrosetti – The European House a Villa d’Este a Cernobbio, sul lago di Como.

Quelle elencate dal professore della New York University sono da lui stesso definite le “incognite note”, ovvero “elementi di cui siamo già a conoscenza ma di cui non possiamo prevedere gli effetti nei prossimi mesi”. In effetti, a parte la crisi italiana scongiurata per primo da Roubini, tutto è già più o meno sul tavolo: riconferma della Merkel con eventuale Grande Coalizione, probabile intervento militare in Siria, tapering della banca centrale americana, che smetterà di comprare bond emettendo nuova moneta, e nomina del nuovo governatore della stessa Fed, a partire dal 2014.

Ma su quale tavolo vanno ad apparecchiarsi queste “incognite note”? Sul tavolo della ripresa o della crisi che continua? La lettura del presidente di Roubini Global Economics è come sempre tendente al pessimista: “Fino a qualche tempo la situazione era che i Paesi emergenti crescevano e le economie avanzate no. Adesso le cose sono cambiate: i Brics rallentano, mentre la ripresa si inizia a vedere in particolare negli Usa, anche se è sopravvalutata”.

Eppure negli States il Pil crescerà nel terzo trimestre, secondo le stime, quasi al 2% e alcuni dati macro sono stati recentemente incoraggianti. “A leggerli bene no – obietta Roubini -:  la disoccupazione pare scesa perché molte persone senza lavoro si scoraggiano, non cercano più e pertanto non vengono neanche più conteggiate nella forza lavoro del Paese. Oltretutto, ci sono altri dati mediocri: i consumi privati sono molto piatti e a luglio l’export è peggiorato”.

C’è poi, per gli Usa e di conseguenza per il pianeta, “l’incognita nota” della Fed: “Il tapering influirà e poi bisogna vedere il prossimo presidente: secondo me sarà Larry Summers, che sarebbe preferibile e nel segno della continuità con Ben Bernanke, sicuramente di più rispetto all’altra papabile, Janet Yellen”.

E la vecchia Eurozona invece? Continua a soffrire: “Il problema, soprattutto in Italia, è quello dell’incertezza politica, con Berlusconi che sta minacciando di togliere la spina al Governo Letta. Potrebbe essere un bluff, ma se non lo è l’Italia rischia di trovarsi senza un Esecutivo prima ancora di aver definito il budget (la Legge di Stabilità, ndr)”. Pronostico di Roubini, habitué del workshop Ambrosetti e conoscitore delle questioni italiane? “La possibilità che il governo cada è comunque molto bassa”. 

Restano però tutte le solite criticità dell’area euro: “Bassa crescita, ripresa mediocre, insostenibilità del debito e perdita di competitività”. E poi la minaccia sempre più incombente della guerra in Siria, di cui si discute in contemporanea al G20 di San Pietroburgo: “Potrebbe avere impatti enormi anche a causa dell’aumento del prezzo del petrolio”. Altra incognita, purtroppo più che nota.

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