Qualche frase celebre e tanti tic – tac. L’orologio del climate clock che il Ministro Roberto Cingolani e il Ceo del Restore Servizi Energetici hanno installato sulla facciata del Ministero della transizione ecologica a Roma, è partito. Un conto alla rovescia verso i traguardi sul clima. Lo strumento rappresenta la volontà del governo di costruire un Paese più sostenibile. La giornata mondiale dell’Ambiente è alle spalle ma Cingolani ha detto di confidare molto sulle nuove tecnologie.
L’orologio dovrebbe battere il tempo fino al 2050, anno in cui le emissioni di Co2 dovrebbero essere completamente azzerate. Ma “se siamo bravi e abbiamo fortuna potremmo addirittura accelerare e fare prima. Spero che la tecnologia ci aiuti”, ha aggiunto il Ministro. Sul display si leggeranno la percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili nel mondo e i pensieri di artisti, scienziati e attivisti noti per il loro impegno ambientale. Occhi e testa, quindi.
L’Italia arriva all’orologio un anno dopo New York e punta a dare maggiore vigore alle campagne green, soprattutto tra i giovani. Deve essere chiaro, però, che i passaggi ecologici previsti per i prossimi anni non saranno indolori. Nessuno pensi che i processi da mettere in campo saranno a costo zero.
Sì, l’Europa sosterrà fortemente i piani al 2026, ma Cingolani al Festival dell’economia di Trento, ha mostrato realismo. Come se il suo intervento avesse lo stesso valore dell’orologio sulla facciata del Ministero. Almeno dal punto di vista del messaggio, pensiamo. Perché? Per diventare sostenibili bisogna ricorrere a nuove installazioni per avere più energie rinnovabili. Ma questo, per cominciare, “ha un prezzo dal punto di vista dei paesaggi”. Bisognerà farsene una ragione, sebbene concertata. E non basteranno i cinque anni scanditi dal Recovery plan per vedere mutati gli scenari.
Bisogna inoltre fare i conti con il progresso, l’industria, i consumi, i comportamenti collettivi ed individuali. Se il Ministro intende “passare da un modello di crescita a spese del pianeta a un modello di crescita per il pianeta” ha bisogno di alleati. Cioè di tutti noi.
La convergenza verso questi obiettivi sarà necessaria, tanto più che l’orizzonte temporale politico di Draghi e Cingolani andrà oltre l’attuale governo. Per questo è importante riportare il quid che agita tante associazioni ambientaliste alla sua dimensione vera, fatta di investimenti, abitudini, vita reale.
Basta demonizzare l’industria si è sentito dire al Festival di Trento, riconoscendo all’attuale governo una responsabilità che non sempre gli italiani afferrano in altri leader. Questi di oggi sono i più bravi ? Non è scontato, hanno solo più capacità e determinazione, oltre ad uno stile meno evanescente.
Inutile, infine, negare le disuguaglianze strutturali e sociali del Paese. I tempi della transizione ecologica non saranno identici dappertutto. Non ci sarà simultaneità nella svolta sostenibile. Come non c’è mai stata in tutte le trasformazioni infrastrutturali o energetiche: dall’elettricità,all’acqua, alla metanizzazione, ai rifiuti. Essenziale che il countdown sulla facciata del Ministero della transizione non si blocchi.