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Ambiente, ecco i primi (pochi) fondi contro l’abusivismo

Pixabay

Pochi, malgrado tanta propaganda, ma da utilizzare entro due anni al massimo. I 10 milioni di euro del governo per la demolizione delle opere edilizie abusive  sono finalmente a disposizione dei Comuni. Il decreto del 19 agosto del Ministero delle infrastrutture e trasporti (MIT) con le modalità per le domande e l’erogazione dei soldi ha messo in moto (non senza riserve) le amministrazioni locali. In poco tempo  devono presentare progetti ad hoc ed assicurare la copertura del 50% della spesa a proprio carico. Le risorse nazionali, infatti, coprono solo la metà del costo delle demolizioni.

La norma era prevista dalla Legge di Bilancio 2018 e gli  Enti locali si aspettavano risorse in più rispetto ai 10 milioni di euro. La lotta all’abusivismo è un mantra di ogni partito. Negli ultimi anni non sono mancate contraddizioni a destra e sinistra su condoni, sanatorie, moratorie. Con il decreto di agosto il ministero dei Trasporti guidato da Paola De Micheli dice che in ogni Regione deve essere demolito almeno un abuso edilizio. Prospettiva assai modesta, aggravata dalla ricerca di altri soldi da parte dei sindaci.

I progetti finanziabili, in ogni modo, riguardano opere e immobili edificati in assenza o totale difformità dal permesso di costruire. Dovevano già essere abbattuti, ma è noto che in tante località sindaci ed amministratori hanno tollerato la sussistenza di interi parchi abitativi fuori norma accampando mancanza di soldi quando non addirittura complici di saccheggi edilizi. Con il decreto, francamente, non si fanno grandi passi avanti con i bilanci comunali in grande affanno e tante possibili resistenze e ricorsi.  

Nei prossimi mesi i Sindaci come primo intervento dovrebbero abbattere edifici con volumetrie pari o superiori a 450 m³ che si trovano in aree demaniali, a rischio idrogeologico, sismico o sotto tutela ambientale. I progetti ammessi saranno pubblicati entro tre mesi, mentre gli abbattimenti dovranno concludersi entro 24 mesi. 

I due anni passati dalla legge di Bilancio fino alla disponibilità dei soldi trovano un Paese sconvolto dal consumo di suolo al ritmo di 50 km quadrati all’anno. Come se ogni cittadino avesse a carico 355 metri quadrati occupati da cemento o altro, denuncia l’Istituto per la Protezione ambientale. In due Regioni simbolo governate dalla Lega – Veneto e Lombardia – in un anno si sono persi rispettivamente 785 e 642 ettari di territorio. E non convincono nemmeno le ipotesi di delega al governo secondo cui entro il 2040 l’Italia dovrebbe raggiungere l’obiettivo del consumo di suolo a saldo zero.

Le Regioni dovrebbero fissare limiti rigorosi per dare un senso a politiche di tutela del territorio e dell’ambiente abbassando costi che pesano sulla collettività. Il cammino resta difficile, a maggior ragione quando l’esecutivo cerca di caratterizzare le sue politiche ambientali nell’ottica della sostenibilità.

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