I soldi per la ricerca non bastano mai, ma divulgare la scienza è una necessità avvertita da tempo. Per un paese come l’Italia serve per capire dove siamo e cosa ci aspetta. Per la dodicesima volta dal 6 al 13 ottobre torna la Settimana del Pianeta Terra, il Festival nazionale delle Geoscienze con un centinaio di GeoEventi. Il programma è stato reso noto ora, e forse non a caso, dopo un’estate che ci ha messo davanti a tutti i capricci atmosferici. Sappiamo che i fenomeni più intensi e violenti dovuti agli effetti climatici nei paesi del Mediterraneo si stanno accentuando. Cosa si stia facendo per gestirli al meglio è una domanda che non ha risposte compiute.
I fenomeni sono per lo più osservati e studiati grazie agli aiuti di Fondazioni, banche, associazioni, mentre lo Stato spende meno di 30 miliardi di euro all’anno. La conoscenza dei fenomeni dovrebbe far crescere la quantità di risorse finanziarie dello Stato che per sanare i disastri spende quattro, cinque volte di più dei 30 miliardi. D’altra parte non sarebbe nemmeno tempo sprecato per i politici saperne di più, avvicinarsi con interesse agli studi e alle scoperte. Le conseguenze del cambiamento climatico, la gestione del dissesto idro-geologico, la stabilità degli edifici, in base ai terreni sui quali sono costruiti, le attività dei vulcani e i piani di evacuazione rappresentano un campionario di eventi con i quali conviviamo. È la terra che ce li presenta senza che siamo esperti di Geoscienze. Tutt’altro.
“Le Geoscienze in tutti i loro aspetti sono elemento fondamentale per comprendere la storia del nostro pianeta e per analizzare il nostro ruolo di passaggio sulla Terra” spiegano gli organizzatori della settimana del Pianeta Terra, il paleontologo Rodolfo Coccioni e il geologo Silvio Seno. Sono due studiosi appassionati di divulgazione e per la settimana di ottobre hanno organizzato appuntamenti in tutte le regioni d’Italia. Escursioni fra montagne e boschi, discese nelle grotte, visite archeologiche, laboratori per rendersi conto degli effetti devastanti che si accompagnano ai rischi. L’Italia non ha raggiunto ancora il punto di non ritorno. C’è bisogno di una presa di coscienza più forte per stare al passo con la ricerca e gli studi. La primavera-estate 2024 ci ha rivelato mille fragilità, l’inizio dell’autunno è affidato allo spirito divulgativo di due scienziati. Qualcosa non torna.