Dall’autopubblicazione alla pubblicazione
Amazon ha inventato il self-publishing. Oppure, detto per coloro che non amano Amazon, ha creato l’infrastruttura che ha fatto uscire il self-publishing dall’irrilevanza e dalla pateticità trasformandolo in un fenomeno, anche economico, che lascia a bocca aperta. Oggi le transazioni che avvengono sul Kindle Store (il mercato dei contenuti autopubblicati) costituiscono il 15% dell’intero settore del libro nel paese leader, gli Stati Uniti.
Ma, e non è una sorpresa, Amazon è andato oltre la semplice infrastruttura tecnologica e logistica, lanciandosi nell’agone dei contenuti narrativi, cioè nella pubblicazione di libri, o di quello che continuiamo a chiamare per comodità libri. E lo fa ha fatto a modo suo, cioè creando un nuovo modello editoriale, alternativo sia all’editoria tradizionale sia all’autopubblicazione. Un modello di sintesi.
Con i capitali di cui dispone (in borsa vale oltre 500 miliardi di dollari), il colosso di Seattle avrebbe potuto acquisire una qualsiasi casa editrice importante e iniziare un business di editoria tradizionale. In genere si fa così. Ma non è in questo il modo di lavorare di Amazon, almeno fino ad oggi. Invece di acquisire, diciamo Simon&Schuster (una delle big five), Amazon ha avviato una propria autonoma attività editoriale che fa capo ad Amazon Publishing, una divisione del conglomerato dell’e-commerce che potremmo definire, dilatando molto il termine, casa editrice, o meglio gruppo editoriale perché opera attraverso 14 marchi editoriali, creati dal niente oppure con l’acquisizione di piccole realtà fortemente focalizzate e caratterizzate.
Lasciando da parte le precedenti iniziative, più sperimentali che altro come AmazonEncore (2009) o AmazonCrossing (2010), Amazon Publishing, avviato di fatto del 2011, è stata la prima incursione di Jeff Bezos & co. nel campo della produzione diretta di contenuti. Questa esperienza ha insegnato molto al management di Amazon tanto da divenire il viatico attraverso il quale avviare nuove iniziative nel campo della produzione dei contenuti, come Amazon Studios; una iniziativa che ha riempito di soddisfazione e di gratificazioni (tra cui un Oscar per Manchester on the Sea) i suoi promotori e gli azionisti.
Esclusa ogni acquisizione importante, o semplicemente impossibilitato a farlo per ragioni di antitrust, Amazon ha pensato di percorrere il percorso classico della grande azienda quando avvia un nuovo servizio. Ha messo a capo dell’iniziativa un insider noto e stimato dell’editoria americana, Larry Kirshbaum, con il compito di ingaggiare, a suon di anticipi a svariate cifre (800mila dollari all’ex-attrice Penny Marshall per le sue memorie), scrittori mainstream in grado di realizzare grandi volumi di vendita.
Richiamandoci alla teoria della Coda Lunga di Chris Anderson, Amazon ha deciso di operare nella testa corta della Coda, quella dove sono i Blockbuster. Questo posizionamento però non ha funzionato per una semplice ragione: gli autori di alta e medio-alta classifica non avevano nessuna intenzione di abbandonare i loro editori per passare ad Amazon, che iniziava ad essere visto con sempre minore simpatia e con sempre crescente ostilità e preoccupazione.
Poi la brutale disputa con Hachette sul prezzo degli ebook ha messo la pietra tombale sul progetto avviato da Kirshbaum. Ad aggravare lo scenario è accaduto che le librerie, in testa a tutte Barnes&Noble già dal 2009, avevano deciso di boicottare le pubblicazioni di Amazon Publishing, rifiutandosi di esporle sui loro scaffali e di rifornirle ai lettori. Senza le librerie, gli autori professionisti, si sono sentiti privi di ogni rete di sicurezza e del loro più importante sbocco al mercato, almeno a livello di percezione.
Per di più i titoli pubblicati da Amazon, pur realizzando migliaia di copie e a volte centinaia di migliaia, non comparivano nelle classifiche del New York Times, la più autorevole bestseller list del paese, perché il quotidiano di New York non prende in considerazioni i libri disponibili presso un unico venditore.
Il mondo del libro?—?scrive Brad Stone in The Everything Store, Jeff Bezos and the Age of Amazon?—?respinse in massa il tentativo editoriale di Amazon.
Un nuovo modello di editoria
Nel gennaio 2014 Kirshbaum lascia Amazon Publishing ed è sostituito da Daphne Durham, una executive che ha trascorso la sua intera carriera in Amazon. La sede viene trasferita da New York City a Seattle, anche se rimangono gli uffici di Manhattan sulla Quinta Strada. Impossibile fare gli editori globali senza una presenza fisica nella Grande Mela, la capitale dell’industria del libro. Successivamente è Jeff Belle, in Amazon dal 2002, a prendere in carico Amazon Publishing con la carica di Vice President.
Da quel momento la strategia di Amazon Publishing prende una direzione diversa. Si riposiziona nella parte medio-lunga della Coda, punta sulle nicchie, si focalizza sui generi più popolari tra i clienti del Kindle Store e soprattutto avvia il reclutamento di quegli autori che iniziano a farsi strada con l’esperienza del self-publishing o che, malgrado il loro talento, non riescono a farsi strada nell’editoria tradizionale. Disponendo di informazioni che nessun altro operatore del settore può disporre, Amazon è in grado di individuare da subito le potenzialità di un manoscritto o di un nuovo autore e a quel punto ingaggiarlo nella scuderia di Amazon Publishing.
Anche il modello distributivo cambia e diventa mimetico di quello del self-publishing. I titoli si possono scaricare in ebook dal Kindle Store o acquistarli nel negozio di Amazon che provvede, tramite una sua controllata CreateSpace, a stamparli al momento dell’ordine e recapitarli a domicilio dell’acquirente in tempi non molto dilatati rispetto ai titoli tradizionali. La logistica eccezionale di Amazon lo permette e l’acquirente neanche percepisce che ancora il libro che ha ordinato non esiste materialmente. Molti titoli di Amazon Publishing e dei suoi marchi sono disponibili anche in audiobook attraverso un’altra controllata di Amazon, Audible.
C’è poi un altro aspetto che Amazon publishing mutua dal self-publishing. È la centralità dell’autore e del suo rapporto diretto con il lettore in tutte le fasi della vita del contenuto: dall’editing alle recensioni, dai dati di vendita in tempo reale alla liquidazione mensile delle royalty, dalle statistiche storiche delle vendite alle campagne di marketing, dalle promozioni alle raccomandazioni di acquisto al lettore.
Si può dire che Amazon Publishing metta in atto una sorta di self-publishing assistito; assistito da una organizzazione che forse non ha uguali in tutta la filiera dell’industria globale del libro. Il solo accesso ai dati può veramente costituire un punto di svolta nel riuscire a confezionare un contenuto che arrivi davvero al suo pubblico di riferimento e non disperda inutilmente le risorse in azioni inefficaci. Mutuando un concetto dalla pubblicità, potremmo chiamare questo schema, editoria targetizzata o predittiva. Jeff Bell, parlando di Amazon Publishing, dice che mutua il suo modello più da Procter&Gamble che dall’esperienza dell’editoria, facendo dell’arte di vendere contenuti una scienza. E in effetti qualcosa si vede.
Secondo il report del febbraio 2017 da AuthorEarnings , che traccia le vendite e i ricavi degli autori sul Kindle Store, Amazon Publishing realizza il 15% delle transazioni che avvengono sul Kindle Store negli Stati Uniti, il 10% nel Regno Unito, il 3% in Canada e l’8% in Australia. Si tratta quindi di una realtà di tutto rispetto.
La sesta delle big five?
Oltre a Seattle e New York, gli uffici di Amazon Publishing sono anche a Londra, Lussemburgo, Parigi, Madrid, Milano e Monaco. In un documento del 2016 inviato da Belle a “Publisher Weekly” (PW), si dichiara che Amazon Publishing come unità vendute occupa il secondo posto nella classifica degli editori bestselling sul Kindle Store negli Stati Uniti e il primo posto per quel che concerne le novità. Nel 2016 ha pubblicato 1000 titoli. La maggior parte delle vendite proviene dagli ebook, ma sono in fortissima cresce gli audiobook e le versioni cartacee in print-on-demand.
“In pochi anni – Ha dichiarato Belle a PW – abbiamo creato un business che è pari a quello delle big five in termini di qualità, servizio e vendite”
Un recente report di PW che ogni anno stila una classifica dei bestseller del semestre considerato, ha mostrato che, dal 1 gennaio 2017 al 31 giugno 2017, 12 dei venti titoli che hanno venduto di più sul Kindle Store sono stati pubblicati dai marchi di Amazon Publishing. Nello stesso periodo del 2016 un solo titolo di Amazon Publishing aveva fatto capolino della lista stilata dal magazine di New York. Una rilevazione che ha lasciato abbastanza perplessi gli addetti ai lavori, tanto da far pensare che Amazon riservi una corsia preferenziale ai propri autori e titoli. Péiù o meno quello che fa Google nelle ricerche naturali con i propri servizi, un comportamento per il quale ha ricevuto una sanzione pesante da parte della Commissione Europea.
Un rappresentante di Amazon ha dichiarato al giornale che, dal 2016 al 2017, non è cambiato niente nelle modalità con cui Amazon stila le classifiche e organizza le promozioni sul Kindle Store. Ed è senz’altro così. Il fatto che i titoli di Amazon Publishing salgano, in numero sempre crescente, nella lista dei bestseller deriva dal fatto che la casa editrice di Seattle riesce ad avvalersi dell’ecosistema di Amazon meglio di qualsiasi altro competitor. Questo ecosistema è molto articolato e fornisce molteplici sbocchi per un titolo e tutti questi contribuiscono al suo posizionamento in classifica. I titoli di Amazon Publishing, a differenza di quelli di molto altri competitor che limitano l’adesione ai programmi del Kindle Store, partecipano intensivamente a questi programmi come Kindle Prime Reading o Kindle Unlimited. Questo li avvantaggia oggettivamente, ma tali programmi sono aperti anche ai competitor.
Per esempio Kindle First è un grande propulsore di vendite. Questo specifico programma permette ai cinque milioni lettori che si sono abbonati di accedere con un mese di anticipo rispetto all’uscita ufficiale alle nuove pubblicazioni a un prezzo agevolato.
Le fonti di Amazon Publishing
Stando a quanto Belle a dichiarato a PW, i titoli di Amazon provengono da tre fonti primarie. Gli aneliti letterari che ogni giorno sottopongono ad Amazon Publishing manoscritti come fanno con tutti gli altri editori. Da uno scouting diretto indirizzato particolarmente a contenuti pubblicati nelle diverse aree linguistiche così da poterli tradurre e portarli attraverso il marchio Amazon Crossing a un pubblico globale. Infine la terza fonte è costituita da autori che hanno pubblicato con KDP così da poterli aiutare a trovare un’utenza più vasta. “Le ultime due aree – ha dichiarato Belle – sono ampiamente mal servite è sono un bacino immenso… C’è spazio per tutti”.
Una chiusa perfettamente in stile Amazon.
View Comments (1)
Vi invito a leggere il mio blog... AUTOPUBBLICARSI? DIPENDE... https://autopubblicarsidipende.blogspot.com/
Autopubblicarsi è possibile e con risultati soddisfacenti, ma evitando errori che proprio con AMAZON possono emergere particolarmente infidi .