Martedì 8 giugno si è verificato in tutto il mondo un clamoroso blackout su internet. Sono stati coinvolti decine di siti molto importanti e appartenenti a diverse sfere. La lista comprende istituzioni pubbliche, come il governo britannico, siti di giornali particolarmente noti (tra cui New York Times, Financial Times, Spectator, Corriere della Sera, Le Monde e Guardian), network televisivi (come la Cnn), colossi del web attivi in diversi campi (Reddit, Twitch, Spotify) e perfino sua maestà Amazon.
Ma cosa è successo di preciso? È ancora presto per dirlo: l’unica certezza e che a causare il malfunzionamento non è stato un attacco di pirateria informatica. Si è trattato piuttosto di un guasto tecnico, provocato quasi certamente da Cdn Fastly, una sorta di infrastruttura telematica che serve tutti i siti rimasti fuori servizio per qualche ora.
La società, che ha sede a San Francisco e un giro d’affari di 291 milioni di dollari (dato del 2020), ha subito scritto sul proprio sito di “aver individuato il problema” e di essere al lavoro per trovare un rimedio”. In seguito, la situazione è a poco a poco tornata alla normalità.
Per avere una idea più precisa dell’accaduto occorre sapere cosa siano i Cdn. L’acronimo inglese sta per Content Delivery Network o Content Distribution Network, ossia reti per la distribuzione di contenuti: si tratta di sistemi di computer collegati via web che collaborano in modo trasparente per diffondere contenuti (specialmente quelli multimediali di grandi dimensioni in termini di banda) ed erogare servizi di streaming audio e video.
Questa rete distribuita sui computer dei principali provider permette di mantenere nella memoria cache i contenuti, che in questo modo possono essere visualizzati più rapidamente dagli utenti che navigano sui siti coinvolti nella rete.