Altro che zapping frenetico: è la pigrizia del telecomando a fare la fortuna dei canali televisivi. O, per meglio dire, è proprio l’atteggiamento inerte e irrazionale della maggior parte dei telespettatori italiani a fare il gioco dell’audience, in particolare di quella del “programma successivo” a quello di maggiore interesse (tipico esempio: telegiornale dopo la partita di calcio) e di conseguenza a giovare agli ascolti e agli introiti della rete.
La curiosa tendenza (tipicamente italiana) emerge dalla ricerca “In Micro-Costs: Inertia in Television Viewing” condotta da Fabrizio Perretti, del Dipartimento di Management e Tecnologia dell’Università Bocconi e da Constança Esteves-Sorenson, della Yale School of Management.
I due studiosi hanno analizzato a fondo le abitudini dei consumatori di piccolo schermo dello Stivale, giungendo alla conclusione che il loro atteggiamento è molto spesso assolutamente irrazionale: nessuna ragione logica può infatti spiegare l’inerzia dei telespettatori che rimangono sullo stesso canale per molto tempo dopo che è finito il programma al quale erano interessati.
Secondo i criteri di qualche anno (o decennio) fa, tutto questo si sarebbe potuto spiegare con quello che la letteratura chiama i “costi di ricerca”: cioè, tradotto in soldoni, quanto “pesi” cambiare canale. Obiettivamente, ora come ora, pochissimo: non solo il telecomando permette di farlo in qualsiasi momento, ma poi con gli strumenti di ricerca rapidi e intuitivi delle moderne offerte digitali o satellitari, oltre che per via delle abitudini degli utenti, sempre più dipendenti e”drogati” dalla variegatissima offerta, lo zapping è sempre in agguato.
L’analisi dimostra dunque che un aumento del 10% nell’audience di un programma si traduce automaticamente in un aumento del 2-4% dell’ascolto della trasmissione successiva, indipendentemente dall’attrattività dei programmi in onda sugli altri canali. Il fenomeno infatti non risente, secondo la ricerca, del numero di canali concorrenti che propongono trasmissioni dirette allo stesso genere, né tantomeno dell’avvio di programmi inediti nello stesso orario (fattori che dovrebbero aumentare la ricompensa del cambiare canale e dovrebbero diminuire l’inerzia, se lo spettatore si comportasse razionalmente).
Ma se cambiare canale è così facile, allora quale è la causa di tale inopinata pigrizia? La causa più probabile, secondo Perretti e Esteves-Sorenson, dell’inerzia degli spettatori risulta essere la procrastinazione: cambiare canale con il telecomando ha “costi” così esigui che gli spettatori ritengono di poterlo fare in qualsiasi momento. E, dunque, finiscono per non farlo mai, o almeno solo in ritardo. È un meccanismo tipico anche di altri comportamenti dei consumatori, come per esempio il non fare una telefonata per aderire a un piano pensionistico o ancora il non rinunciare all’abbonamento alla palestra neanche quando si smette di frequentarla.
In ogni caso, una cosa è certa: tutto questo non dà affatto fastidio alle reti televisive, che anzi ne traggono un clamoroso vantaggio: la stima degli introiti pubblicitari imputabili all’irrazionale procrastinazione degli spettatori è infatti pari al 20-40% dei profitti dei canali tv.