Alphabet, la società madre di Google, entra nell’Olimpo della Borsa americana superando i mille miliardi di capitalizzazione. Il record era atteso da giorni, ma solo il 16 gennaio, in un finale di seduta al cardiopalma, la holding guidata da Sundar Pichai è riuscita a tagliare il traguardo dei mille miliardi trainata dalla corsa dei listini americani: Dow Jones (+0,93% a 29.298 punti), Nasdaq (+1,06% a 9.357 punti) e S&P 500 (+0,84% a 3.316 punti) hanno toccato tutti e tre nuovi massimi storici grazie all’accordo tra Usa e Cina che ha posto fine a 18 mesi di guerra commerciale.
Le azioni di Classe A di Alphabet (simbolo Googl) hanno chiuso la seduta del 16 gennaio in rialzo dello 0,8% oltre i 1.450 dollari per azione e nel pre-borsa del 17 gennaio non arrestano la corsa, salendo dello 0,5%. Nelle ultime 52 settimane il valore dei titoli è aumentato da 1.027,03 a 1.450,70. Un rally realizzato proprio mentre la società andava incontro ad una svolta storica. Il mese scorso infatti Larry Page (ex Ceo) e Sergey Brin (Ex Dg), cervelli e anime del motore di ricerca nato 21 anni fa, hanno lasciato le loro cariche operative all’interno della holding, mettendo il colosso di Mountain View nelle mani di Sundar Pichai, che ricopriva già il ruolo di amministratore delegato di Google. Un passaggio di consegne descritto dal New York Times come “la fine di un’era”.
Page e Brin avevano fondato Google nel 1998, dando vita al motore di ricerca e determinando una rivoluzione epocale nel mondo della tecnologia e della comunicazione. La loro “invenzione” ha dato i suoi frutti anche dal punto di vista economico, rendendoli rispettivamente la sesta e la settima persona più ricca al mondo con patrimoni pari a 58,9 (Page) e 56,8 miliardi di dollari (Brin).
Da ieri Alphabet è nell’esclusivissimo club delle “trillion dollar Company”, un gruppetto di quattro società che domina l’Hi-Tech globale, guardando dall’alto (molto alto) in basso tutte le altre società quotate negli Stati Uniti. Apple, Microsoft, Amazon e adesso anche Alphabet: sono queste le quattro mega cap – perché a Wall Street il concetto di “big cap” è già stato ampiamente superato – che hanno in mano lo S&P 500, il paniere formato dalle 500 aziende statunitensi a maggiore capitalizzazione. Se aggiungiamo anche Facebook, con i suoi 632 milioni di dollari di capitalizzazione, queste aziende rappresentano il 19 per cento in termini di peso sull’indice e presentano un valore di mercato superiore a quello dell’intero Russell 2000, il listino delle small cap. Dopo di loro un abisso: nessun’altra società di Wall Street supera infatti i 500 miliardi di capitalizzazione.
Ma guardiamo un po’ i numeri. Apple è riuscita a raggiungere i mille miliardi di capitalizzazione nell’agosto del 2018 e da allora non si è più fermata. Una singola azione vale oltre 315 dollari, per una capitalizzazione di 1.382 miliardi di dollari, la più alta in assoluto. Microsoft è entrata nel club del trilione nell’aprile 2019: oggi il suo market cap è di 1.291 miliardi di dollari. Il turno di Amazon è arrivato il 4 settembre del 2018. L’abbiamo lasciata per ultima perché rispetto alle prime due ha una particolarità. Non è riuscita a mantenere a lungo il livello e ad oggi registra una capitalizzazione di 931 miliardi di dollari.
La domanda che in molti si pongono dunque è se Alphabet seguirà l’esempio di Amazon, scendendo sotto la soglia dei mille miliardi, o se continuerà a mantenerla, come Apple e Microsoft. A Mountain View predomina l’ottimismo anche perché il prossimo 3 febbraio la società presenterà i conti del quarto trimestre e gli analisti stimano ricavi pari a 46,9 miliardi di dollari su base annua, in aumento del 20% all’anno precedente.
Chiudiamo con una curiosità: c’è una sola società al mondo che riuscita a polverizzare i record delle big Hi-Tech Usa: è Saudi Aramco che si è quotata sulla Borsa di Riad lo scorso 11 dicembre, realizzando l’Ipo più grande della storia. Il colosso petrolifero saudita ha superato i 2mila miliardi di capitalizzazione, spinta senza troppa gentilezza dal principe ereditario Mohammed Bin Salman che ha fatto fortissime pressioni su fondi, investitori e uomini d’affari sauditi affinché acquistassero a mani basse i titoli della compagnia. Ad oggi il market cap di Saudi Aramco ammonta a 1.800 miliardi di dollari.