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Allarme gas, Franco Bernabè: “L’Europa non può barcamenarsi tra le crisi. Serve una strategia solida. Il price cap non funziona”

L’energia è il cuore dell’economia e, come avverte Franco Bernabè su La Stampa, l’Europa vive una precarietà insostenibile: “Deve, non dovrebbe, trovare un assetto energetico molto più stabile e più competitivo di quanto c’è oggi”

Allarme gas, Franco Bernabè: “L’Europa non può barcamenarsi tra le crisi. Serve una strategia solida. Il price cap non funziona”

Energia e geopolitica: due forze in continuo scontro. Franco Bernabè, manager di lungo corso, ex amministratore delegato di Eni e Tim, e figura scelta da Draghi per affrontare la crisi dell’Ilva, in una intervista a La Stampa lancia un monito chiaro sull’urgenza di ripensare il sistema energetico europeo. Mettendo in fila problemi e soluzioni, evidenzia come il Vecchio Continente stia perdendo competitività, rischiando di compromettere il proprio modello di sviluppo industriale.

La crisi del gas russo e l’ennesima sfida

Con il blocco delle forniture di gas attraverso l’Ucraina, l’Europa si trova ad affrontare un ulteriore ostacolo in un contesto già fragile. Bernabè non si fa illusioni: “L’interruzione delle forniture di gas attraverso l’Ucraina aggiunge un altro elemento negativo ad un quadro energetico complesso per l’Europa. Parliamo di circa 14 miliardi di metri cubi in meno. È un volume rilevante, anche se non è strategico”. La vera questione, però, va oltre il breve periodo: “Il problema non si può analizzare solo con l’impatto di breve periodo”, ammonisce, invitando l’Europa a ragionare con una prospettiva più ampia.

Inverni miti, ma non per sempre

L’assenza di gas russo è stata mitigata, negli ultimi anni, da inverni particolarmente miti, come sottolinea Bernabè: “Negli ultimi due anni si è compensata la mancanza di gas russo grazie a inverni poco rigidi, con temperature decisamente miti rispetto alla media e quindi favorevoli”. El Niño, con il suo impatto climatico, ha giocato un ruolo cruciale: “Quel fenomeno e la crescita delle energie rinnovabili hanno dato un contributo sostanziale alla riduzione della dipendenza dalle forniture della Federazione Russa”.

Tuttavia, le previsioni per il futuro non sono altrettanto ottimistiche. Quest’anno pare che ci sia un inverno più severo, come sottolinea Goldman Sachs. “Le temperature sono previste in discesa, perché c’è il processo inverso a El Niño. Ci sarà una stagione più rigida e più secca. E questo è un altro fattore critico, perché si tradurrà in una minore disponibilità di fonti idroelettriche”. Infatti, nel 2024, il clima umido ha facilitato il riempimento dei bacini idrici, ma “probabilmente non sarà così quest’anno”.

Rinnovabili: una boccata d’aria… ma non risolutiva

Bernabè riconosce l’importanza delle energie rinnovabili, ma non le considera la panacea di tutti i mali: “Coprono circa il 16% del fabbisogno europeo di energia primaria. Si tratta di una cifra notevole, è il doppio del resto del mondo. L’aumento è stato particolarmente rilevante negli ultimi due anni, dopo l’invasione russa dell’Ucraina”. Ma, avverte, non possiamo affidarci solo a queste: “Le rinnovabili aiutano, ma non sono la risposta risolutiva nel lunghissimo termine e quindi la precarietà europea resta troppo marcata”.

L’urgenza di un assetto energetico stabile

Per Bernabè, la priorità è chiara: “L’Europa deve, non dovrebbe, deve trovare un assetto energetico molto più stabile e più competitivo di quanto c’è oggi”. Il problema, però, è l’assenza di una strategia comune e condivisa tra i Paesi membri: “O i Paesi europei si mettono tutti insieme a fare acquisti comuni o altrimenti non vedo come ci possano essere soluzioni gestibili. Il punto è che molti Paesi non sarebbero d’accordo a farlo. Pensiamo alla Germania, che ha introdotto una tassa alle esportazioni di metano. Ognuno fa per sé e nessuno vuole rinunciare alla sua autonomia nazionale. Ed è un errore”.

Uno dei nodi centrali, secondo Bernabè, è la scarsa consapevolezza del ruolo strategico dell’energia: “In Europa il ruolo dell’energia nel garantire la competitività del nostro sistema industriale non è adeguatamente percepito. Dovrebbe essere al vertice delle agende dei governi”. Ma perché non lo è? “Purtroppo la politica energetica richiede un bilanciamento fra diversi aspetti, dall’impatto ambientale alla disponibilità delle materie prime, passando per la sicurezza. L’Ue di volta in volta ha però affrontato solo uno dei problemi. Un approccio in forma olistica sarebbe decisamente un punto di svolta”.

Price cap: una falsa soluzione

Tra le proposte per contenere i prezzi, il price cap continua a far discutere. Per Bernabè, però, è una strada impraticabile: “Un tetto al prezzo non funzionerebbe. O i Paesi europei si mettono tutti insieme a fare acquisti comuni o altrimenti non vedo come ci possano essere soluzioni gestibili”. Il problema è l’assenza di unità: “Molti Paesi non sarebbero d’accordo a farlo. Pensiamo alla Germania, che ha introdotto una tassa alle esportazioni di metano. Ognuno fa per sé e nessuno vuole rinunciare alla sua autonomia nazionale. Ed è un errore”.

Gas Usa: manna dal cielo o cappio al collo?

Un’altra questione cruciale riguarda le importazioni di gas dagli Stati Uniti, che sono diventati il principale fornitore di gas naturale liquefatto (gnl) per l’Europa. “I produttori americani hanno un grande vantaggio a esportare il loro gas in Europa perché lo vendono a un prezzo molto più alto di quello al quale lo vendono negli Stati Uniti”, afferma Bernabè. E qui arriva il problema: “La differenza di prezzo del gas tra Stati Uniti e Europa è aumentata moltissimo negli ultimi tre anni. Prima della crisi la differenza era del doppio o del triplo, oggi è di cinque o sei volte. E questo si traduce in una sola cosa: un crollo della competitività europea”.

Questa disparità rischia di strozzare l’industria europea e, nel lungo periodo, nemmeno gli Stati Uniti potrebbero trarne beneficio: “Se si esporta al di là dell’Atlantico, come si potranno mantenere i prezzi bassi sul territorio americano? Per Trump sarà un grande problema. Non è detto che il metano statunitense continuerà anche nel lungo periodo a rappresentare la soluzione alla mancanza di gas russo”.

Il declino della sicurezza energetica europea

“In Europa il benessere è stato garantito da due secoli di energia abbondante e a basso prezzo garantita dal carbone, oggi queste condizioni non ci sono più”, afferma Franco Bernabè. Ora, il continente dipende da fonti fossili estere costose e da tecnologie rinnovabili importate dalla Cina.

La criticità è evidente: “Non c’è il senso dell’urgenza con cui si debbono affrontare i temi strutturali dell’energia per garantirci i livelli di benessere di cui abbiamo finora goduto. Non possiamo barcamenarci mese per mese o inverno dopo inverno”.

La mancanza di fonti stabili e convenienti mina il modello industriale europeo: “Questo incide sul nostro modello di sviluppo, che ha una forte base industriale”.

Italia e Mediterraneo: un ruolo da protagonisti?

L’Italia potrebbe giocare un ruolo fondamentale nel nuovo scacchiere energetico europeo: “Lo sviluppo del metano nel Mediterraneo orientale può fare dell’Italia un hub importante. Ma bisogna spingere sulle infrastrutture, che sono cruciali. In tal senso servirebbe un piano europeo ad hoc”.

Non si tratta solo di costruire gasdotti, ma di farlo con una visione strategica che garantisca al nostro Paese una posizione chiave nelle rotte energetiche.

Disaccoppiamento e futuro energetico

Infine, Bernabè evidenzia l’importanza di una riforma strutturale del mercato energetico: “La priorità è arrivare al disaccoppiamento completo” del prezzo dell’energia elettrica da quello del gas. “Come fatto dalla Spagna con successo”. Questo consentirebbe di ridurre i costi per i consumatori e aumentare la competitività europea, senza dipendere dalle fluttuazioni dei prezzi del gas.

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