Slow food si rammarica di predicare nel vuoto, ma l’agricoltura mondiale va ripensata. Sulle tavole devono arrivare prodotti di qualità, soprattutto conseguenti a filiere ecosostenibili.
Non basta Slow food? Ecco allora arrivare la Fao che con il suo ultimo Rapporto, pubblicato ieri, non risparmia nessuno.
Il modello attuale di agricoltura, industriale ed estensivo, alla base dei nostri sistemi alimentari è al collasso, con gravi ripercussioni per la nostra salute. È questa la drammatica conclusione dello studio dell’organizzazione dell’Onu. Ci sono esempi e casi di studio preoccupanti rispetto al danno irreversibile e catastrofico sulla biodiversità del nostro pianeta.
La Fao denuncia la riduzione nella diversità delle coltivazioni e delle razze da cui dipende la nostra alimentazione, la distruzione di habitat e terre destinate alle coltivazione e la gestione insostenibile delle risorse naturali. Musica per l’udito di Slow food che in Italia con il suo Presidente Carlo Petrini e la vasta rete territoriale combatte da tempo una battaglia con molte facce.
Industriale, prima di tutto, ma anche di salvaguarda di culture e tradizioni secolari delle nostre produzioni. Siamo ad un bivio e – paradossi della globalizzazione – in molti comparti siamo più avanti degli altri. Ci sono giovani che vogliono tornare nelle campagne ma sono poco assistiti dal punto di vista normativo ed economico.
La sostenibilità dell’agricoltura italiana e della sua filiera è cresciuta, comunque, più che in Francia, Germania, Spagna. Manca quel sostegno di armonizzazione nazionale da parte del governo che superi le visioni agricole regionali, spesso contro l’Europa.
Sono anni che denunciamo i pericoli contenuti nel Rapporto della Fao, ha commentato Slow food dopo aver letto il documento. Ogni tanto abbiamo avuto la sensazione di predicare nel vuoto, ma nonostante tutto ci pare che la gente sia diventata più sensibile. Ma ci si rende conto complessivamente della gravità del problema? Un conto è una perdita, un conto è un collasso catastrofico, rispetto al quale abbiamo bisogno dell’impegno di tutti, dice Piero Sardo presidente Slow Food per la Biodiversità. Sardo ha ragione ma occorre ripensare a fondo, anche ai sistemi di produzione agricola, alla quantità e qualità della manodopera occupata, ai prezzi dei prodotti, ai mercati,
di cui ci stanno ricordando i pastori sardi.
L’Arca del gusto di Slow food, suo fiore all’occhiello , intanto, ha raggiunto il traguardo del 5.000esimo prodotto censito. Nei prossimi 10 anni bisogna cambiare rotta con la capacità di accrescere la conoscenza delle produzioni e delle tecnologie moderne. Le campagne e l’agricoltura sono in grado di saldare saperi tradizionali e modernità alimentare.
Ci sono secoli di lavoro e di mutamento delle catene produttive. Ridefinendo il nostro approccio all’agricoltura e alla produzione di cibo – spiegano gli esperti – ponendo la tutela della biodiversità e l’ecologia al centro delle agende politiche accetteremo la sfida.
E’ l’ottimismo della volontà che può contagiare. Dalle piccole produzioni ai governi, è necessario adottare subito regolamenti che proteggano la biodiversità e la sostenibilità ambientale. Agli sforzi del mondo agricolo, ai centri di specializzazione professionale, ai giovani, alle associazioni dei produttori la rete
la politica deve dare una risposta organica.