ALLARME EURO (E ITALIA) A WALL STREET E IN ASIA
FONSAI DICE A UNIPOL. I LIGRESTI ALL’ULTIMA SPIAGGIA
L’euro, dopo il vivace rimbalzo di ieri mattina, è tornato sotto quota 1,25. Wall Street e le Borse asiatiche, sull’onda dei timori rimbalzato dall’Europa, hanno accusato forti perdite. A Tokyo l’indice Nikkei è in calo dello 0,90%, in ribasso pure Hong Kong -0,76%.
E’ andata peggio a Wall Street: Dow Jones -1,14%, Standard & Poor’s 500 -1,26% e Nasdaq -1,70%.
Così i listini hanno reagito al malessere che viene dall’Europa. Anzi, a giudicare dai numeri, dall’Italia, epicentro della crisi scoppiata nel pomeriggio di ieri. L’indice FtseMib ha perso il 2,8% contro cali molto limitati nel resto d’Europa: Londra invariata, Parigi -0,2%, Francoforte +0,1%. Più modesto anche il calo della Borsa di Madrid (-0,5%). Stamattina i listini europei galleggiano intorno alla parità mentre Piazza Affari, trascinata dalla nuova flessione delle banche, perde circa l’1%. Volano invece i titoli della scuderia Ligresti, dopo il sì ai concambi con Unipol: ma la partita resta aperta.
L’allarme risuona sui titoli della grande stampa internazionale, “Monti combatte la battaglia per dare una nuova forma all’Italia sotto l’ombra della crisi dell’euro”. Suona così, ad esempio, il titolo di apertura del New York Times dopo una giornata drammatica, che anticipa giornate ad alta tensione: da domani a venerdì sono in programma le aste del Tesoro di metà mese, mentre domenica si vota in Grecia.
Ieri, a partire dal primo pomeriggio all’euforia per l’accordo sulle banche spagnole è subentrato il tiro al bersaglio contro Btp e titoli azionari, specie bancari, in Piazza Affari. A favorire la frana della corporate Italia hanno contribuito le tensioni internazionale, il pasticcio degli “esodati” (che minaccia di vanificare gli effetti della riforma previdenziale), il pil negativo nel primo trimestre (-1,4%, il dato peggiore da tre anni a questa parte).
Le note più drammatiche, al solito, vengono dal fronte dei titoli di Stato. Il rendimento del Btp decennale ha “strappato” fino sopra quota 6% dal 5,60% della mattinata. Lo spread si è allargato di quasi 50 punti base dai livelli della mattinata a quota 470.
Il rendimento del Bono spagnolo è salito al 6,46%, lo spread con il Bund a quota 516 (+32 punti base).
Con il Btp in sofferenza, il ribasso si è abbattuto sulle banche di Piazza Affari: Unicredit , su cui pesa la spada di Damocle del fallimento Ligresti (finanziato largamente meno di 18 mesi fa) ha perso l’8,8%, Intesa -5,9%, MontePaschi -5,2%, Banco Popolare -5,9%, Mediobanca -5,6%.
Forti ribassi per tutte le società coinvolte nel maxi-progetto di aggregazione assicurativa: Fondiaria-Sai -10%, Milano Assicurazioni -8,7%, Premafin -8,2%, Unipol -5,4%. Ieri, intanto, il cda di Fonsai ha votato a favore dell’accordo con Unipol con il voto contrario, secondo indiscrezioni, dei membri della famiglia Ligresti in consiglio. Intanto l’ad di Unicredit Federico Ghizzoni, che rappresenta i creditori di Premafin, ha ribadito la linea dura: o l’accordo con Unipol oppure le banche procederanno all’escussione dei titoli Fonsai in garanzia. E’ in questa cornice drammatica che si tiene oggi l’atto cruciale della sfida: l’assemblea di Premafin in cui si deciderà la sopravvivenza stessa della holding. Se i Ligresti, insorti dopo la cancellazione della manleva, voteranno no, salterà l’aumento di capitale necessario per garantire la continuità aziendale. Si farà così tangibile la prospettiva del fallimento. Intanto il fondo Amber, azionista di Fonsai con poco meno 2%, si è fatto vivo con una lettera l cda Fonsai: “Sarebbe inaccettabile ed offensivo che i Ligresti mantenessero una posizione rilevante nel capitale e nella gestione della compagnia”.
Enel ha chiuso in ribasso del 2,8%, Enel Green Power -4,1%.
Il rischio Italia si è abbattuta su quasi tutte le blue chips. Colpita dalle vendite Generali -2,6% (Axa a Parigi ha segnato +2%, indice di settore in ripresa). Telecom Italia -4,5%, Parmalat -4,3%, StM -2,5%.
Fiat è scesa del 3,7% (Volkswagen in rialzo del 2%, settore auto con il segno positivo) Finmeccanica -4%. Positiva Pirelli +0,6%.
Hanno tenuto i titoli del lusso: Ferragamo +0,3% e Luxottica +0,4%.
Il Cda di Impregilo ha cooptato quali nuovi amministratori Roland Berger, Giuseppina Capaldo, Alberto Giussani, Gian Maria Gros-Pietro e Fabrizio Palenzona poi nominato presidente. Escono Massimo Pini, Carlo Buora, Maurizio Maresca, Massimo Ponzellini e Antonio Talarico. Nel corso della riunione consiliare ha altresi’ rassegnato le proprie dimissioni, per ragioni professionali, Alfredo Cavanenghi. Ma la vera novità è che la Igli,al 100% del gruppo Gavio, ha avviato al pari del gruppo Salini una sollecitazione per chiedere ai soci di Impregilo il mandato per votare nell’assemblea del 12 luglio contro la revoca degli amministratori richesta da Salini. Igli ha imitato un’altra mossa di Salini, mandando in Consob un esposto contro l’avversario. Si profila così la prima proxy fight della Borsa italiana.
A2A studia l’allargamento della compagine azionaria di Edipower, rilevata nel contesto del riassetto di Edison e che ha permesso alla multiutility lombarda di diventare la seconda forza energetica del Paese. Il consiglio di amministrazione della ex genco Enel ha ricevuto delega da una recente assemblea straordinaria per un aumento di capitale riservato a un socio finanziario, che entrerebbe comunque con una quota di minoranza.
Gli azionisti di riferimento di Seat, Cvc, Permira e Investitori Associati, chiedono la manleva per il cda, da loro stessi espresso, prima che diventi efficace la ristrutturazione che porterà i private equity a diluire quasi interamente la propria partecipazione. La proposta non faticherà ad ottenere il via libera dell’assemblea visto che i tre private equity al momento detengono ancora il 49,5% del capitale. Le delibere su manleva e azioni di responsabilità riguardano l’operato nel periodo 2009-12 comprese tutte le azioni intraprese nella ristrutturazione finanziaria. Seat, gravata da 2,7 miliardi di euro, ha in corso un processo di ristrutturazione che porterà gli obbligazionisti Lighthouse a detenere l’88% del capitale e l’attuale azionariato ridursi al