Il futuro di Alitalia è una questione di percentuali. Il dossier dovrà essere chiuso entro lunedì 15 luglio, giorno in cui scadrà il termine per presentare le manifestazioni d’interesse. Stavolta, ha fatto sapere il Mise martedì 9 luglio, “non ci saranno rinvii”.
Partiamo dalle certezze: Ferrovie dello Stato e Mef avranno la maggioranza della newco che controllerà l’ex compagnia di bandiera, superando complessivamente il 50% del capitale: indicativamente il 35% a Fs, 15% al Tesoro. Chi prenderà quell’azione in più in grado di assicurare il controllo pubblico ormai sembra una formalità. Delta Airlines, colosso Usa dei cieli, dovrebbe prendere circa il 10% del capitale, anche se secondo le indiscrezioni il Governo avrebbe chiesto alla compagnia americana di “sforzarsi ancora di più”, arrivando oltre il 15%. In totale siamo dunque intorno al 60-65% del capitale già impegnato.
Il problema è che sul piatto c’è ancora una quota pari al 35-40% , valutabile circa 300 milioni di euro, che non si sa a chi assegnare. O meglio si sa, ma la ragione politica potrebbe prevalere su quella economica facendo saltare tutto.
L’interesse del gruppo Toto, così come quello dell’imprenditore colombiano German Efromovich, azionista di maggioranza di Avianca, non convincono totalmente né le società coinvolte (soprattutto Delta, che fa parte di un’alleanza concorrente a quella a cui appartiene Avianca) né il Mise. Ci si fida ancora meno delle intenzioni e delle parole manifestate da Claudio Lotito. Tra le varie aziende che negli ultimi mesi sono state indicate come papabili partecipanti alla cordata che salverà Alitalia rimane dunque solo Atlantia, con la quale il Governo è però impegnato in un braccio di ferro sulle concessioni autostradali. Ed è proprio questo il principale impedimento alla riuscita dell’operazione.
Il vicepremier Luigi Di Maio vorrebbe tenere separate le due questioni, non essendo disposto a rinunciare a “punire” Atlantia – controllante di Autostrade – per le responsabilità (non ancora provate o stabilite) sul crollo del Ponte Morandi. Il M5S ne ha fatto uno dei baluardi della sua politica e cedere sulla questione potrebbe diventare un vero e proprio boomerang elettorale.
Atlantia, da parte sua, starebbe valutando i pro e i contro di un’eventuale manifestazione d’interesse da presentare in extremis entro lunedì, a condizione però che venga proposto un piano di rilancio credibile con numeri certi. Secondo il Sole 24 Ore, che cita fonti vicine al Gruppo, il dossier potrebbe essere esaminato giovedì 11 nel corso del cda già in programma, nonostante il tema non sia all’ordine del giorno.
Al centro dell’interesse non c’è solo il possibile ingresso di Atlantia nella partita, ma anche l’eventuale quota da “acquistare”. La società guidata da Giovanni Castellucci potrebbe rilevare l’intera partecipazione mancante (35-40%, lo ricordiamo) o, secondo quanto scrive Repubblica, fermarsi intorno al 10-15% entrando nella partita insieme a Toto, con le azioni rimanenti in mano al fondo QuattroR. Opzioni, entrambe, da analizzare in pochissimi giorni.
Il tempo stringe, le ipotesi, compresa quella relativa a un passo indietro di Atlantia, sono ancora tutte in campo e il Governo in ogni caso potrebbe ritrovarsi schiacciato tra la volontà di salvare Alitalia “whatever it takes”, la necessità (politica) di non cedere sul caso Atlantia, e quella (economica stavolta) di far quadrare i conti per tutti, investitori pubblici e privati.