Basta buttare i soldi dei contribuenti in quel pozzo senza fondo che è Alitalia e che in 46 anni è costata ai cittadini italiani oltre 13 miliardi di euro. Mario Draghi vuole una svolta e ha preso in mano il dossier all’insegna di una forte discontinuità per la compagnia aerea e per la costosissima politica dei sussidi.
Draghi si muove in sintonia con Bruxelles che, prima di concedere il via libera a nuovi fondi pubblici per l’Alitalia, chiede la cessione di alcuni slot a Linate (dove il 70% delle rotte è attualmente in mano ad Alitalia) o la messa all’asta di altri asset della compagnia italiana.
Il chiarimento con la Ue e con la temibile commissaria Vestager è propedeutico al successivo intervento del Governo sul futuro di Alitalia che prevede in tempi rapidi un accordo con i tedeschi di Lufthansa, inizialmente solo commerciale ma in seguito anche societario ed azionario.
In altre parole, per Draghi, che con i guai della compagnia aerea aveva già avuto a che fare quando era Direttore generale del Tesoro, Alitalia deve stare in piedi con le sue gambe e con quelle di Lufthansa e farsi trovare pronta per la stagione della ripartenza post-pandemia. Ma l’epoca dei salvataggi a piè di lista è finita, anche se questo dovesse comportare un duro confronto con i sindacati perchè la nuova Alitalia sarà inevitabilmente più piccola, avrà meno aerei e meno dipendenti.