Si avvicina la scadenza per il pagamento della prima rata (18 giugno) e finalmente le nubi intorno all’Imu iniziano a diradarsi. A portare ordine nel caos della nuova imposta ci ha pensato il Dipartimento delle finanze del Tesoro, che ha diffuso una circolare in cui si dà risposta a vari dubbi finora irrisolti. Una certezza su tutte: la vera stangata arriverà non tanto sulle prime case, quanto sulle seconde.
COME DISTINGUERE PRIMA E SECONDA CASA
Dal ministero confermano che “rispetto a quanto previsto per l’Ici, la definizione di abitazione principale presenta dei profili di novità”. Nella rivoluzione dei bocconiani, il criterio in base al quale si distingue fra prima e seconda casa è molto più rigido rispetto al passato: la riforma considera “abitazione principale” solo l’immobile in cui il possessore “dimora abitualmente e risiede anagraficamente”. Questo significa che la residenza fiscale non è più un requisito sufficiente: chi è proprietario della casa deve anche abitarci. Si tratta di una novità che porta conseguenze pesanti: in passato, ad esempio, veniva considerata prima casa anche quella concessa in comodato d’uso ai figli. Ora non più e la differenza si farà sentire.
ALIQUOTE E DETRAZIONI
Le aliquote standard (che si applicano su rendite catastali rivalutate del 60%) sono fissate allo 0,4% per la prima casa e allo 0,76% per la seconda, con possibili oscillazioni a discrezione dei sindaci rispettivamente dello 0,2% e dello 0,3%. Sulla seconda abitazione, tuttavia, lo 0,38% andrà comunque allo Stato. E’ quindi ampiamente prevedibile che le amministrazioni locali alzeranno l’aliquota invece di abbassarla, in modo da ricavare un gettito consistente da tenere in cassa. Una stangata tanto più pesante per i contribuenti considerando che sulle seconde abitazioni non è prevista alcuna detrazione. Per quanto riguarda la prima casa, invece, l’Imu è molto più generosa dell’Ici: le detrazioni passano da 103,29 a 200 euro, più altri 50 euro per ogni figlio a carico fino a 26 anni d’età.
I comuni potranno aumentare l’agevolazione di 200 euro, ma non potranno toccare quella sui figli, che comunque non potrà superare complessivamente la soglia dei 400 euro. Aliquote agevolate sono riconosciute sull’ex casa coniugale e, se i Comuni lo prevedono, sull’abitazione non affittata posseduta da anziani o disabili che risiedono in istituti sanitari o di ricovero, così come sulla casa di cittadini italiani residenti all’estero. Infine, per i fabbricati di interesse storico o artistico e per quelli dichiarati inagibili scatta il taglio del 50% della base imponibile.
PRIMA CASA: CHI PAGA E CHI NO
Secondo il governo, non si pagherà l’Imu sul 24% delle prime case (ma non più di due settimane fa l’esecutivo parlava del 30%), vale a dire 4,6 milioni su 19,2 milioni. Manovrando su aliquote e detrazioni, i comuni possono in effetti azzerare l’imposta per le famiglie che abitano in case modeste, quindi con rendite catastali basse. I margini d’azione degli amministratori locali sono però meno ampi di quanto si pensi, visti i diffusi problemi di bilancio e il vincolo imposto dal patto di stabilità interno.
DUE O TRE RATE?
L’acconto del 18 giugno si paga in ogni caso calcolando l’Imu con le aliquote di base e le detrazioni stabilite (entro il 30 settembre i comuni dovranno fissare le aliquote e le detrazioni definitive in funzione del gettito ottenuto dagli acconti). Se il contribuente sceglie la soluzione in due rate, il mese prossimo verserà la metà dell’importo ottenuto applicando questi criteri, mentre la seconda rata dovrà esser pagata entro il 17 dicembre, a saldo dell’imposta sull’intero anno e con tanto di conguaglio.Per chi sceglie di pagare in tre rate, invece, la prima e la seconda (scadenza il 17 settembre) saranno pari ciascuna a un terzo dell’imposta calcolata applicando l’aliquota di base e la detrazione.