Il Fmi prevede per i prossimi anni in Italia una crescita stabile intorno all’1%. Un percorso che consentirebbe di recuperare i valori raggiunti nel periodo precedente la crisi non prima della metà del prossimo decennio. Nel rapporto annuale, l’Istat ha sottolineato la fragilità dell’attuale fase di crescita, conseguenza di una limitata diffusione della ripresa a livello settoriale. Dietro questo scenario non entusiasmante vi sono diversi fattori, come, ad esempio, il maggior peso delle importazioni nell’economia, che sottraggono ricchezza alle produzioni interne.
Negli ultimi venti anni, il grado di apertura internazionale dell’Italia è aumentato: il rapporto tra la somma delle esportazioni e importazioni e il Pil ha raggiunto il 57%, con il peso delle importazioni vicino al 30%. È cresciuta l’importanza degli acquisti dall’estero di beni di consumo, che assorbono oltre il 10% della spesa delle famiglie. Dall’estero compriamo circa un quinto dei prodotti alimentari consumati, prevalentemente carne e pesce, con una spesa complessiva di 30 miliardi di euro. Dall’estero proviene anche un quarto dell’abbigliamento acquistato dagli italiani e più del 40% delle calzature.
Oltre le famiglie, anche le imprese mostrano un crescente interesse per i prodotti realizzati all’estero. Il peso delle importazioni sugli investimenti in macchinari si è avvicinato al 40%, con un aumento di circa 10 punti percentuali rispetto al periodo precedente la crisi. Il maggior ricorso alle importazioni non sembra, però, essere il risultato di una scelta delle famiglie e delle imprese quanto piuttosto la conseguenza di una carenza dell’offerta, frutto di un lungo processo di deindustrializzazione iniziato negli anni precedenti la crisi. Un discorso che interessa diversi comparti del manifatturiero, come il tessile e abbigliamento, l’elettronica, le apparecchiature elettriche e la gomma, plastica e minerali non metalliferi. Nei mezzi di trasporto, le auto straniere sono arrivate a rappresentare il 70% del totale delle immatricolazioni.
Un’ultima considerazione sull’agricoltura. Nel corso degli anni, l’aumento delle importazioni ha compensato la flessione della produzione interna. Gli acquisti dall’estero hanno raggiunto i 14 miliardi di euro, mentre la superficie agricola utilizzata si è ridotta di oltre il 20% rispetto all’inizio degli anni Ottanta. Oggi, compriamo dall’estero più del 20% del fabbisogno nazionale di prodotti agricoli.