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Alfonso Pepe, l’eterno ragazzo che sogna il panettone perfetto

Una vita per il Panettone. Il salernitano Alfonso Pepe ha vinto per quattro volte il Premio Re Panettone, surclassando lombardi e piemontesi

Alfonso Pepe,  l’eterno ragazzo che sogna il panettone perfetto

Una vita per il Panettone. Alfonso Pepe Mastro Dolciere, da Sant’Egidio di Monte Albino, in provincia di Salerno, alle pendici dei monti Lattari, ai record è abituato.  E’ stato il primo Pasticciere a realizzare un panettone d’autore a sud del Rubicone, in Campania, ma soprattutto è stato  l’unico pasticciere a vincere per quattro volte il Premio Re Panettone, il più importante d’Italia,sbaragliando, o meglio sarebbe dire, umiliando, tutti i concorrenti Lombardi (e calcolando che il Panettone è un dolce storico  meneghino, non è poco) ma anche Piemontesi,(che in fatto di dolci hanno da insegnare molto a tutta Italia),  e via di seguito.  E di premi ne ha collezionati tanti come al Palazzo Caracciolo Mg Sofitel di Napoli dove una giuria di mostri sacri della pasticceria del calibro di Igino Massari, Gran maestro riconosciuto di tutti,  Gino Fabbri Presidente dell’Accademia dei Maestri Pasticcieri Italiani, Francesco Boccia Campione del Mondo di Pasticceria gli attribuirono il primo premio per il panettone alle albicocche del Vesuvio e passito Mel di Antonio Caggiano. Ma potremmo proseguire  con un altro prestigioso concorso, “Slowfood, Dolce Natale”. Pepe dovette vedersela con i panettoni di: Pasticceria Loison di Costabissara, in provincia di Vicenza; Sal De Riso di Minori; F.lli Fiasconaro di Castelbuono in provincia di Palermo; Pasticceria Veneto (Brescia)di Iginio Massari. E ancora una volta la sfida fu vinta.

E non si è limitato ai panettoni, perché la sua curiosità lo ha spinto anche sul terreno pasquale della Colomba e anche in questa occasione non è mai rimasto un gradino indietro. In una prova alla cieca dei dieci migliori pasticcieri italiani Paolo Massobrio ha parlato di “sorpresa della sublimazione del lievitato di Alfonso Pepe” e  Pepe si è classificato primo,battendo tutti, con questa motivazione:“Perfetta. Potremmo chiuderla qui, la descrizione, e lasciare al vostro assaggio ogni ulteriore commento. Perfetta fin dall’aspetto, nell’alveolatura fine e ben distribuita. Impeccabile nei profumi, di burro fresco, mandorle,uova. All’assaggio colpisce per la sua fragranza ed equilibrio. Meno“esplosiva” di quella di Iginio Massari, ma di una eleganza unica. Se la colomba è l’arte dell’impasto, eccolo, l’impasto perfetto”. E sempre per rimanere  in fatto di record, non è male ricordare che Alfonso Pepe dal suo laboratorio di Sant’Egidio di Monte Albino sulla strada che da Ravello porta alla costiera amalfitana dove è aiutato dai fratelli Prisco, Giuseppe e Anna  sforna mediamente 50.000 panettoni artigianali l’anno.Ci si può chiedere a questo punto: ma come si nasce Pepe? Guidati da una passione travolgente che ti coglie fin dall’infanzia, come è accaduto per molti chef di successo. Lui a 11 anni come usciva dalla scuola scappava dallo zio che aveva un laboratorio di pasticceria, ma non per golosità, perché gli piacevano i profumi, assistere alle lavorazioni, soffermarsi  a vedere come si disponevano i colori,insomma era come immergersi in un mondo di favola. Incominciò ad apprendere i segreti della Pasticceria, ma non gli bastavano quelli che apprendeva nel suo paese. Cominciò a girare per l’Italia e la Francia e a studiare tecniche di lavorazione e cottura a L’Etoile, Cast Aliment, L’Ecole de Paris. Il mondo dei lieviti gli si è “gonfiato” sotto gli occhi molto più tardi quando era oramai grande. Il lievito madre, questi dolci che si gonfiavano come nuvole, fu un’altra scoperta che lo appassionò e segnò anche la sua vita di pasticciere. Ma non fu un successo facile. Ci lavorò per dieci anni, sembra incredibile, senza essere mai soddisfatto del risultato. Dieci anni di tentativi continui, di dosaggi continuamente variati, di tempi di cottura studiati al secondo, di ingredienti cercati ovunque, perché anche un acino d’uva è in grado di produrre effetti sulla lievitazione.  Alla fine ce l’ha fatta, ma tutta questa ricerca spasmodica di materie prime e questo impegno di lavorazione ha un prezzo. Ancora ricorda che quando sfornò i primi panettoni che lo soddisfecero, mise sul bancone del suo locale un vassoio con alcune fette per invogliare la sua clientela all’acquisto. La gente, fedele alle tradizioni del babà, della delizia al limone, delle sfogliatelle, delle frolle, delle pastiere, delle capresi ovvero del classico straordinario repertorio napoletano,  lo assaggiava incuriosito , lo trovava buono, ma quando si trattava di ordinare si ritraeva perché il prezzo era molto alto. Era accaduto con il panettone quello che pertanto tempo è accaduto ( e accade tuttora ) per il vino o l’olio doversi confrontare con prodotti della grande industria sul piano dei costi bassi e non della qualità del prodotto che ha un costo ma che lo restituisce con gli interessi al consumatore. Ma Alfonso Pepe, al quale il carattere non manca,tenne duro. E alla fine la vinse. Il suo Panettone si fece conoscere dalle grandi pasticcerie,  entro nei menu gourmet, fu richiesto dai grandi Chef e nel 1995 il nostro entrò di diritto nell’Accademia dei Maestri Pasticcieri Italiani.  E qui la sua vita di pasticciere mette a segno un altro punto, l’incontro con Igino Massari al quale si lega con ammirazione e devozione oltre che con amicizia.

 Il suo panettone oggi racchiude tutta l’esperienza accumulata in anni e anni disacrificio sempre alla ricerca della perfezione. Chi scrive è testimone  oculare di una occasione in cui il tempo eracambiato per l’impasto nel aveva risentito. Pepe non ci  pensò su due volte.  Si buttò tutto rinunciando al guadagno di unagiornata per ricominciare  da capo.Perché Panettone è maestria nella lavorazione del lievito madre e nel suomantenimento, nella preparazione dell’impasto lievitato, nella definizionedella forma, nelle rigorose 36 ore di lievitazione naturale, nella lenta cotturae nell’abilità nel raffreddamento. E nelle materie prime, si fa presto a direma una mandorla siciliana è diversa da una mandorla pugliese, e l’uovo non èmai uguale a quello di un altro allevamento. e solo una continua ricerca tiarriva a dare certe emozioni. Pepe oggi è soddisfatto del risultato ottenuto: “abbiamoselezionato i tuorli, i canditi, l’uvetta, le albicocche del Vesuvio che hocomprato direttamente da un contadino del posto che ho poi fatto candire, ma laricerca continua”. Ha comprato per la verità tutto quello che poteva in Italia.L’uva passa, quella no, dopo aver assaggiato, e sperimentato l’uva spagnola,quella nordafricana, quella mediorientale, è riuscito a trovare quella chevoleva lui per dolcezza, morbidezza, umidità e sapore solo in Australia. Equesto la dice lunga.

Solo un rispetto maniacale nell’osservanza di queste regole d’arte ha permesso ad un salernitano di Sant’Egidio di Monte Albino di salire molto in alto sulla scala dell’eccellenza pasticciera e realizzare il migliore dei preparati della tradizione lombarda, unico per fragranza, profumo e sapore. Lo ha aiutato la sua inflessibile voglia di perfezionismo ma anche l’umiltà con cui si è sempre avvicinato al suo mestiere, mai una parola autoreferenziale che gli sia uscita di bocca, mai un sentirsi arrivato, mai un atteggiamento di sufficienza verso colleghi e dipendenti. Quando ci parli la sua timidezza ti fa anche capire che a bottega diventa un’arma formidabile, per cui nulla è mai dato per scontato e c’è sempre una curiosità da soddisfare dietro l’angolo.

Insomma se oggi Pepe è una delle firme di punta della «scuola del sud» che si è imposta in Italia, e ora anche all’estero,  lo deve a quella sensazione di mondo favolistico che lo catturava quando, a 11 anni, si recava dallo zio  pasticciere, e si sentiva come Alice nel paese delle meraviglie,  lo deve al fatto che nonostante siano passati 40 anni è rimasto sempre, dentro di sé, il bambino che chiude gli occhi e sogna di mangiare un dolce, non quello che gli si presenta dalla vetrina, quello che deve ancora venire.

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