Condividi

Albini, la Silicon Valley del tessile è a Bergamo

Il cotonificio fondato nel 1876 ha lanciato, all’interno del polo innovativo del Km Rosso, il think tank ALBINI_next: uno spazio per condividere un nuovo know how sui tessuti del futuro: “Domani le materie prime saranno frutta e rifiuti”, spiega il presidente Stefano Albini.

Albini, la Silicon Valley del tessile è a Bergamo

Quali tessuti indosseremo in futuro? A porsi la domanda è una delle eccellenze dell’industria tessile italiana, la bergamasca Albini: l’azienda familiare giunta alla quinta generazione è specializzata nella produzione di cotone alto di gamma e da tempo fornisce i più prestigiosi brand di moda del mondo, siano essi italiani o internazionali, e vanta una posizione di leadership anche nel mercato della sartoria su misura di alta qualità, soprattutto nella camiceria. La ricerca della materia prima più pregiata ha portato Albini a importare il cotone principalmente dalle Barbados e dall’Egitto, dove ha anche un campo di coltivazione.

Ma domani? Le piantagioni di cotone, come quelle di altre materie prime e gli allevamenti intensivi, sono finiti nell’occhio del ciclone per il consumo di acqua, di territorio e per lo sfruttamento del lavoro. Sebbene Albini sia da sempre attenta ad operare nel rispetto dell’ambiente e delle persone, urge una svolta nella direzione di una sempre maggior sostenibilità.

Per questo, il cotonificio che ha l’head quarter ad Albino, in provincia di Bergamo, ha lanciato ALBINI_next: un think tank, ospitato in uno spazio del polo innovativo del Km Rosso, a due passi dalla città orobica, che nasce con l’obiettivo di sperimentare e condividere un nuovo know-how, che orienti l’industria tessile verso nuovi traguardi nella creatività, nei materiali e nelle tecnologie applicate.

“Il nostro primo obiettivo – ha spiegato Stefano Albini, presidente di Cotonificio Albini – è quello di individuare le tematiche che cambieranno l’industria tessile delle fibre naturali nei prossimi cinque anni. Se fino al secolo scorso i nostri abiti erano realizzati solo con cotone, lino, canapa, lana e seta, oggi ci sono nuove fibre tessili come il lyocell e le fibre derivanti dalla frutta, naturali e sostenibili. Con ALBINI_next vogliamo individuare i tessuti del futuro e nuovi processi produttivi, trovare nuove materie prime che possano derivare dalla natura o dal riciclo di altri materiali, portando le fibre naturali a livelli di performance oggi impensabili. Questo e molto altro”.

L’obiettivo è quello di diventare pionieri della rivoluzione del tessile, dando vita all’interno del Km Rosso ad una sorta di Silicon Valley dei tessuti: “ALBINI_next vuole diventare un vero e proprio centro nevralgico, emblema di un modo di pensare all’avanguardia, punto di partenza per raggiungere le nuove frontiere dell’innovazione. Non solo riflessione, ma idee che si traducono in azione. Un approccio dettato anche dalla necessità di trovare soluzioni reali e tangibili che rispondano alle tematiche legate alla sostenibilità etica e ambientale”.

Così, senza accontentarsi di un glorioso passato, si lancia nel futuro l’azienda fondata nel 1876, che conta oggi su sette stabilimenti (di cui quattro in Italia), per un totale di 1.400 dipendenti, ed è il maggior produttore europeo di tessuti per camicia. Albini ha tra l’altro chiuso, nel 2018, il miglior esercizio dell’ultimo triennio, fatturando 152 milioni e con l’Ebitda salita da 9 a 13,7 milioni.

Commenta